Vino e nuove tendenze. Questione di mercato o di moda? Esigenze di consumo o provocazione? Quale di queste è la risposta giusta per definire il vino in lattina, che a quanto pare prende sempre più piede nel mercato internazionale contagiando anche l’Italia, terra di vini intoccabili e di una visione “nobile” del consumo del vino.
Le nuove tendenze
Nel mercato qualcosa si muove ed è innegabile, che piaccia o no anche il vino si piega ad una formula di consumo veloce, leggera e anche ecologica come la lattina. C’è richiesta, seppure ancora piccola nei numeri, da parte di una generazione giovane, che ama consumare il vino anche in situazioni non standard, magari in spiaggia o durante un pic-nic e in quantità limitate. Una generazione anche attenta alla natura, che trova nella lattina l’elemento importante della sostenibilità. L’alluminio, infatti, è riciclabile all’infinito. Non solo: la lattina regala una sensazione di freschezza immediata e il suo contenuto equivale a due bicchieri di vino, per cui si esaurisce senza che la bevanda avanzi. Una soluzione che non altera il vino ed è molto apprezzata, soprattutto dai più giovani, che possono soddisfare il desiderio di un calice senza essere costretti ad aprire una bottiglia.
Il “fascino” della lattina
La lattina rimane però un tema che fa venire l’orticaria a molti produttori, ai sommelier, agli appassionati e ai cultori del nettare di bacco, ma che ci dice tanto su come cambia l’approccio al vino e anche alla sua produzione. Diverse sono le aziende che hanno deciso di sperimentare questa versione più “hip-pop” del vino, dissacrando lo stereotipo della bottiglia, del cavatappi e del calice roteante.
Una vera questione di mercato, una scelta nata da un’analisi che ha stilato il quadro di un nuovo tipo di consumatore che spesso chiede un prodotto salutare, ecologico ma anche semplice, informale, poco impegnativo. Cambia il consumatore con le sue necessità e di conseguenza il mercato dà ciò che egli cerca, è questa da sempre la logica di mercato. Un prodotto, dunque, fatto su misura di chi cerca il vino non come momento di meditazione, ma di convivialità, socialità, spensieratezza, che vuole un vino poco impegnativo, per l’appunto, senza necessità di analisi sensoriali o di ritualità obbligate.
Un vino per ogni palato
C’è, dunque, un vino per tutti i palati e per tutti i momenti e anche il vino in lattina trova le sue coordinate, per cui possiamo dire che se il contenitore fa il contenuto in questo caso i grandi vini, quelli intoccabili, non potranno mai finire in lattina. Questo non significa, però, che la lattina implica bassa qualità, ma un prodotto differente
Se poi dobbiamo dirla tutta il vino in lattina nasce proprio in Italia alle fine degli anni ’70 e il permesso, da parte del Ministero, di usare contenitori alternativi è del 1982. Innovazione che colpisce subito i continenti americani e australiani dove c’è un mercato fiorente e proprio qui, negli ultimi anni, il canned wine è cresciuto del ben 47% a discapito del classico vino in bottiglia. Evoluzione dettata anche da ragion logistiche e ambientali.
Il vino in lattina di cantina Zai
Ed è proprio cavalcando questi nuovi trend di mercato, intercettati soprattutto nel Nord America e in alcuni Paesi dell’Europa continentale, che la neonata cantina veronese Zai lancia il suo vino in lattina biologico e vegano. Zai – acronimo che sta per “Zona Altamente Innovativa” – ha lanciato sul mercato una linea di sei vini biologici e vegani in lattina a basso contenuto calorico e una ridotta gradazione alcolica.
Sei referenze, ciascuna legata ad un personaggio e una storia ambientati nel futuro non troppo lontano, per l’esattezza nel 2150, anno che vede l’estinzione del 99% delle specie animali e vegetali, uva compresa, a causa del cambiamento climatico. Tutti i personaggi delle lattine sono protagonisti di un viaggio per risolvere il mistero dell’antica profezia sul vino e salvare il mondo.
Il progetto Zai
“Crediamo fermamente che si debba guardare oltre – afferma uno dei soci di Zai, Benoit Frécon – cercando di preservare il mondo che ci ospita. Abbiamo elaborato quindi un nuovo modo di offrire vino restando concentrati su sicurezza, benessere, efficienza, gestione delle risorse e innovazione, valori che sono la spina dorsale della nostra strategia produttiva legata alla sostenibilità”. Ogni storia, dunque, come un fumetto: “Dr. Corvinus” (100% Corvina Verona Igt), ultimo di una dinastia di sommelier che cerca un modo per produrre il vino senza usare le uve, ormai estinte, ma con esiti poco soddisfacenti. C’è poi “Gamea” (100% Garganega Verona Igt), avventurosa e indipendente, laureata in scienze biologiche che ama la natura e dedica la sua vita alla salvaguardia del Pianeta, “Mr. Bubble” (100% Glera Veneto Igt), un viveur che, usando il suo razzo a forma di lattina, ha battuto ogni record di velocità, guadagnando il nickname di “pilota del millennio”. Poi c’è “Lady Blendy” (Merlot e Cabernet Veneto Igt), gatta dalla doppia anima specializzata in meccanica e riparazioni che si prende cura degli altri e la notte si trasforma in uno spietato cacciatore di taglie, “PJ White” (100% Pinot Grigio Terre Siciliane Igt), l’anarchico del gruppo, pigro per natura, che passa le sue giornate ascoltando musica, suonando la chitarra e giocando ai videogame, e “Cock Borg” (100% Moscato Veneto Igt), un robot a forma di cavatappi, costruito da un antenato di Dr. Corvinus, il cui mestiere è di assistere i più famosi sommelier della terra.
Mad Bubbles di Mad Wine in Ungheria
Ma questa sfida ambiziosa per il settore enologico è stata colta anche da altri. In Ungheria, Paese in cui la viticoltura sta attraversando un momento di estrema vivacità, il vino in lattina è protagonista già dallo scorso anno sui volantini dei supermercati, per di più miscelato con l’acqua frizzante, come una tipica bevanda tradizionale del luogo chiamata fröccs. Si tratta dei Mad Bubbles di Mad Wine Borászat (6,8% vol.), due prodotti, distinti dal residuo zuccherino: “Dry bubbles” e “Semi-sweet bubbles”. Il brand ambassador dell’azienda le descrive così: “Le Mad Bubbles, nate dall’assemblaggio delle uve Furmint, Hárslevelű e Sárga muskotály (Moscato Giallo), hanno un contenuto di alcol moderato e vengono prodotte senza additivi o zuccheri aggiunti. Risultano quindi molto più naturali e più sane della maggior parte dei prodotti in lattina che i MIllennials sono abituati a consumare. In sintesi sono bevande estive con le “bollicine”, estremamente rinfrescanti e fruttate, perfette per feste in giardino, picnic, eventi sportivi e concerti”.
La Spettinata de la Cattiva dalla Puglia
In Italia prima di Zai e dei suoi eroi salva vino aveva già fatto capolino due anni fa La Spettinata de La Cattiva (100% trebbiano rifermentato con il suo mosto). Non un esperimento, ma una scelta di mercato ben precisa, studiata sulle dinamiche di un nuovo consumo, già previsto ante-Covid. La stessa cantina, progetto nuovo dal carattere innovativo e irriverente, nato dalla testa di ex birrai nel 2019, lavora con l’obiettivo di ridisegnare un approccio diverso tra il vino e il consumatore, senza perdere di vista il piacere del buon bere e la convivialità che ne deriva, ma con l’intento di trovare una nuova chiave di lettura (o di bevuta), uscendo dai soliti schemi. Filosofia confermata da tutte le etichette nate dalla mano dell’illustratrice Orsola Damiani, che ha trasformato ogni vino in un personaggio dai lineamenti cattivi ovviamente. Anche in questo caso ci troviamo difronte a una lavorazione biologica delle uve e in modo totalmente naturale in cantina: nessun lievito aggiunto, solo fermentazioni spontanee, zero chimica, zero solfiti e nessuna filtrazione. Vini, dunque, puliti che ripropongono in bottiglia e in lattina il risultato di una lavorazione semplice su un frutto gestito in modo sano. Nessun estremismo, ma innovazione e qualità.
Ora bisognerà aspettare e stare a vedere se questa tendenza, sempre più diffusa all’estero riuscirà ad attecchire anche in un Paese “tradizionalista” come l’Italia. Magari ci vorrà tempo, meno preconcetti e una visione in prospettiva sul mercato del futuro o sul futuro del mercato.