Vini dealcolati e nuovi trend di mercato.

Il 2024 rimarrà nella storia italiana per aver segnato un cambio di rotta sulla produzione enologica, nello specifico si è affrontato il tema della realizzazione di vini dealcolati. Con la bozza di decreto presentata dal ministro Lollobrigida il 26 novembre 2024, dopo un primo no, a dicembre il governo ha aperto alla produzione di questa categoria di prodotti, considerando la forte crescita del mercato globale, che non può cogliere il nostro Paese impreparato per innovazione e opportunità economiche.

Il consumo di bevande no alcol

Il consumo delle bevande a basso contenuto alcolico e senza alcol è sensibilmente cresciuto negli ultimi anni e le aziende hanno optato per un adeguamento al consumo che garantisca una bassa gradazione, per poter essere accettati dai moderni consumatori che ricercano, generalmente, vini più leggeri, meno strutturati e di facile beva. Adeguamento necessario, nonostante in Italia il mercato del vino senza alcol sia ancora molto piccolo, ma le prospettive sembrano promettenti, poiché, guardando ad altri paesi come Francia, Germania e Spagna, dove la produzione e il consumo di vini dealcolati è più diffusa, mentre l’Italia sta iniziando solo ora ad aumentarne la conoscenza, la produzione e l’utilizzo.

Il decreto è un via libera figlio di una decisione commerciale e di opportunità che va incontro alle richieste crescenti degli stessi produttori che, salvo qualche resistenza, hanno chiesto a più riprese al governo di porre il sigillo sulla nuova norma. Il consumo di vino vive infatti una fase di contrazione e, grazie alla nuova norma, le cantine potranno sfruttare una fetta di mercato finora non utilizzata, a causa del divieto di dealcolare in vigore fino a dicembre, o solo parzialmente usata da quelle aziende italiane che per questo processo si appoggiavano a imprese estere. Il primo mercato appetibile sono gli Stati Uniti e in Italia, come emerge da una ricerca Uiv, un italiano su tre è interessato a consumarli.

Vini dealcolati, cosa sono

Il vino dealcolato può essere totalmente o parzialmente analcolico, si ottiene a partire da un vino reale e non è da confondere con bevande, spesso fermentate, che cercano di ricordare alcuni sapori del vino, ma sono prodotte a partire da materie prime completamente diverse. In questo caso la gradazione alcolica, seppur minima, è comunque presente per via della fermentazione degli zuccheri. Il gusto del vino dealcolato può essere più o meno simile a quello del vino normale, anche in base al processo produttivo e alla percezione sensoriale dei diversi soggetti che si troveranno ad assaggiarlo.

Da non confondere i vini dealcolati con i vini alcol free. Nel primo caso, come abbiamo visto, un vino già “pronto” viene sottoposto a un processo chimico di dealcolazione, quindi l’alcol viene sottratto attraverso le varie tecniche descritte e messo da parte. Il liquido rimanente viene definito vino dealcolato. Diverso il discorso per vini senza alcol in partenza. Si tratta in questo caso di basi mosto in cui la fermentazione alcolica viene bloccata sul nascere oppure quando è già avviata ma all’inizio, a seconda del risultato che si vuole realizzare. In questo caso, non c’è bisogno di dealcolare in quanto l’alcol non si è ancora formato. Il risultato è un vino che avrà un grado zuccherino superiore a quelli dealcolati. Questo perché la fermentazione è il processo mediante il quale i lieviti trasformano gli zuccheri presenti nel mosto in alcol. Se l’alcol non si forma, la presenza di zuccheri sarà maggiore.

Salvo eccezioni, quello dealcolato è ancora un business da cantine medio-grandi, abituate a stare su tutti i segmenti del mercato vinicolo. Ad oggi in Italia non ci sono impianti di dealcolazione e la previsione è che, visti gli elevati costi degli impianti, molte cantine medio-piccole si rivolgano ad aziende che svolgeranno il compito conto terzi, per più produttori. Ad esempio Schenk Italia, tra le più significative realtà vitivinicole a livello nazionale e che possiede cantine anche in Francia e in Spagna, ha annunciato il primo milione di bottiglie made in Italy entro il 2026, dopo aver iniziato 4 anni fa con la cantina Bodegas Murviedro, che si trova vicino a Valencia e che dealcola sia i rossi locali, sia i vini che gli arrivano dall’Italia. Argea e Mionetto producono in Germania, tra gli interessati c’è la cantina pugliese Varvaglione e c’è l’altoatesina Hofstatter, e tra queste, a breve, ci sarà anche Italian wine brands che nel Nordeuropa ha guadagnato una fetta di mercato, se i vini dealcolati prenderanno piede anche in Italia procederanno a investire direttamente nel nostro Paese, dal momento che l’investimento per dotare la cantina dell’impianto di dealcolazione è di 3-400 mila euro peer impianti piccoli, fino ai 2 milioni di euro per aziende con progetti di produzione su larga scala.

In etichetta

In etichetta si potrà usare il termine “dealcolato” se il titolo alcolometrico effettivo del prodotto non è superiore a 0,5% vol; “parzialmente dealcolato” se il titolo alcolometrico effettivo del prodotto è superiore a 0,5% vol. ed è inferiore al titolo alcolometrico effettivo minimo della categoria che precede la dealcolazione 8,5/9%”. Quindi questi vini avranno un tasso alcolico inferiore a 0,5% e comunque non superiore a 8,5%.  La produzione dovrà avvenire esclusivamente con metodi riconosciuti dall’Unione Europea, secondo tre macro metodi previsti dal regolamento comunitario: evaporazione sottovuoto: abbassando la temperatura di evaporazione, si riesce a eliminare l’alcol senza rimuovere l’acqua.

Ci sono poi le tecniche che prevedono l’uso di membrane tra cui l’osmosi inversa, la nanofiltrazione, la dialisi, la pervaporazione ed i contattori a membrana. Di queste, molto diffuse sono le membrane cosiddette separative in quanto dividono il liquido alcolico dal resto; infine, si può utilizzare la distillazione tra cui lo spinning cone column (SCC) e la distillazione sottovuoto. Nel primo caso si usa la colonna a cono rotante, cioè una sorta di centrifuga in cui il vapore separa i composti volatili da liquidi sotto vuoto. Nonostante l’apertura, il decreto italiano impone alcune restrizioni: non sarà possibile produrre vini Dop e Igp completamente dealcolati; è vietato aggiungere zucchero, aromi esogeni e acqua, ma è consentito recuperare e riutilizzare gli aromi naturali persi durante il processo, purché in un circuito chiuso. Un aspetto positivo che riguarda la dealcolizzazione del vino è legata al fatto che la componente fenolica, ovvero i composti che sono associati a benefici per la salute sono conservati, mentre a perdersi è la composizione volatile, molto labile, che conferisce il tipico aroma e la palatabilità al prodotto. L’alcol gioca un ruolo importante per fornire il gusto e creare in bocca quella piacevole sensazione, pertanto la sua rimozione può influenzare il profilo sensoriale complessivo del vino. Per compensare la perdita di alcol e avvicinarsi al gusto del vino normale c’è il rischio che i produttori di vino dealcolato possano aggiungere zuccheri, aromi artificiali, stabilizzanti o altri additivi che potrebbero essere dannosi per la salute. Per questo è sempre bene leggere attentamente l’etichetta del prodotto e, per mantenere uno stile di vita sano, è importante non abusare di queste bevande anche se non contengono etanolo o poco. La vera sfida è riuscire a dealcolare i vini mantenendo il più possibile intatte le caratteristiche dell’uva, e quindi la piacevolezza del prodotto.

Avere alternative è sempre positivo, tuttavia, anche i vini dealcolati, come tutti i prodotti alimentari, richiedono un approccio critico. È fondamentale leggere attentamente le etichette e valutare se tali prodotti possano effettivamente integrarsi in un regime alimentare sano, in base alle diverse età e necessità. Chi sceglie il vino senza alcol non è un consumatore di vino tradizionale è un consumatore di soft drinks, e lo dobbiamo convincere che i vini dealcolati sono più naturali dei soft drinks perché non hanno coloranti, conservanti e zuccheri aggiunti; soprattutto rendere consapevoli i giovani che una percentuale di alcol è comunque presente, quindi informarli sul rischio di approcciare precocemente ai vini dealcolati, pensando siano semplici soft drink.

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