Avete mai visto una cantina completamente immersa nell’acqua? Affinare il vino nelle acque del mare sta diventando un trend sempre più diffuso sia in Italia che all’estero. Oggi vi parliamo proprio dei vini affinati sott’acqua.
Nel mondo della sperimentazione e della ricerca in campo enologico, non ci si ferma davanti a nulla, nemmeno gli abissi sono da considerarsi barriera. Ogni possibilità diventa opportunità, e ogni idea apparentemente folle si trasforma in progetto visionario, così nascono gli UnderWater Wine, ossia i vini affinati sott’acqua.
Perciò la parola d’ordine è: “Non solo in cantina”, in effetti il vino può essere affinato anche negli abissi marini. Sono sempre di più i produttori, sia in Italia che all’estero, che si affidano all’acqua del mare per la maturazione delle loro bottiglie. Si tratta di vere e proprie cantine sottomarine create nei fondali, incastonate tra gli scogli o addirittura nascoste all’interno di relitti di navi affondate. Sì proprio così, tutto ciò ha del surreale, invece è pura realtà e il tutto ha un fascino inaudito. Il nuovo trend che sta prendendo piede è quello di conservare le bottiglie sul fondo marino. Parliamo di una tecnica che si utilizza dal 2015, ma negli ultimi anni il vino che invecchia in mare è diventata una vera tendenza nei paesi europei. La domanda che ci poniamo è: Il trend influenzerà interamente mondo del vino?
Come nasce l’affinamento in acqua
Veniamo innanzitutto alle origini del processo dei vini affinati sott’acqua, che si ispira alla storia greco-romana. Con questo sistema venivano sfruttate le caratteristiche fisico-chimiche del mare per accelerare il processo di vinificazione. Vediamo in cosa consiste il sistema del vino che invecchia in mare.
Le radici di questo approccio innovativo, come accennato, sono in realtà molto antiche. Come spesso accade, le migliori intuizioni del presente non sono che l’evoluzione di un approccio lontano ed embrionale.
Furono i Greci i primi a rendersi conto del potere del mare sul vino. Il loro approccio non riguardava l’affinamento ma comunque vanno citati perché nessuno prima di loro aveva girato la testa verso il mare immaginando un mondo che unisse acqua e vino. 2.500 anni fa per l’appunto, gli isolani di Chio, un’isola greca dell’Egeo orientale, avevano un ingrediente segreto nel loro modo di fare il vino: lasciavano infatti per qualche giorno gli acini raccolti a mollo in mare, così da eliminare quel velo sottile che ricopre la buccia detto Pruina, così da rendere il successivo appassimento delle uve più veloce. Inoltre si riteneva che questa tecnica aiutasse l’uva a esaltare le proprie caratteristiche aromatiche.
Nel 2010 invece furono ritrovate più di 100 bottiglie di Champagne all’interno di un relitto sul fondo del mare, nelle profondità del Mar Baltico. Era una nave diretta alla corte zarista di San Pietroburgo dell’800, ed era carica di preziose bottiglie. Coloro che assaggiarono questi vini ne rimasero colpiti ed esterrefatti. I sapori che avevano sviluppato erano unici tanto che alcune di queste bottiglie furono vendute all’asta. Il record fu una Veuve Cliquot venduta alla modica cifra di 15.000€.
Questo episodio, unito alla sperimentazione costante dei produttori più audaci, ha permesso di sviluppare il fenomeno degli Underwater wine, i vini affinati sott’acqua. I promotori di questo metodo di affinamento ritengono che il particolare microclima che si viene a creare con temperatura costante, assenza totale di luce e di ossigeno, a cui si aggiungono il movimento delle correnti e delle onde che cullano le bottiglie e il completo riparo dalle fasi lunari, fa sì che si creino le condizioni ottimali per la maturazione del vino.
Il Consorzio Undersea Wines e i produttori
L’affinamento sott’acqua viene utilizzato per creare vini speciali, eccelsi, vini da collezione, pezzi unici. Se inizialmente si trattava per lo più di un’operazione di marketing territoriale, col passare degli anni, l’interesse crescente verso questo metodo di affinamento ha portato alcuni produttori italiani a creare l’Undersea Wines, un consorzio per la tutela del metodo di affinamento subacqueo del vino per approfondire scientificamente l’effetto che l’immersione provoca sui vini.
Tra i paesi che stanno sempre più sperimentando questa tecnica si annovera al primo posto la Spagna. Al suo seguito, però, ci siamo noi. L’Italia è infatti un paese che del mare fa la sua firma in molte zone, e perciò alcuni produttori hanno abbracciato questo nuovo approccio all’affinamento di un vino.
Tra i pionieri dell’affinamento negli abissi marini vi è l’azienda vinicola Bisson che, grazie alla mente visionaria del titolare Piero Lugano, nel 2009 ha creato una cantina nei fondali marini a largo delle coste di Porto Fino.
All’interno di una gabbia metallica, in quel lontano 2009 vennero immerse 6500 bottiglie di spumante Metodo Classico dal carattere Brillante a una profondità di 60 metri (e una temperatura costante di 15°) lasciate lì per 26 mesi. L’esperimento riuscì benissimo: vino giallo paglierino di colore, con un bouquet complesso, con note saline e ricco di minerali. Oggi possiamo dire che lo spumante ʺAbissiʺ è diventato il fiore all’occhiello dell´intera produzione dei vini dell’azienda Bisson e vanto dell’enologia ligure e italiana.
La Tenuta del Paguro di Brisighella dal 2010 adotta un metodo di affinamento davvero speciale. Le bottiglie Merlot, Sangiovese, Albana e Cabernet vengono inabissate nel relitto di una piattaforma petrolifera al largo di Ravenna che affondò nel lontano 1965 a seguito di un incidente. Le bottiglie rimangono sommerse in gabbie di acciaio inox, dai 6 ai 12 mesi ad una profondità di 30 metri, maturando senza alterazioni il loro gusto armonico e rotondo.
Ci spostiamo sulle Isola precisamente in Sardegna dove la Cantina Santa Maria La Palma nei pressi di Alghero produce l’Akènta Sub, un vino speciale dal carattere spiritoso prodotto con uve di Vermentino di Sardegna sapientemente raccolte a mano e realizzato con metodo ‘Charmat’, affinato nei fondali delle acque del Parco di Porto Conte.
All’estero tra le più note aziende che adottando questo tipo di affinamento è la greca Gaia Wines che ha creato la sua cantina speciale nelle bellissime acque di Santorini. A un profondità di 25 metri vengono posizionate le bottiglie di vino Thalassitis dal carattere intenso, prodotto con la nobile uva Assyrtico, all’interno di gabbie metalliche.
In Croazia invece Edivino utilizza le anfore di terracotta, all’interno delle quali vengono posizione le bottiglie che verranno poi calate nei fondali a una profondità che va dai 18 ai 25 metri per 1-2 anni. Questo metodo viene utilizzato in primis per i vini spumanti, il cui periodo di affinamento è essenziale per la riuscita di un perlage fine ed elegante. Le caratteristiche sono dunque: longevità, eleganza, aromi, mineralità e freschezza.
Curiosità sui vini affinati sott’acqua
Le domande che vengono in mente riguardo a questa modalità di conservazione del vino sono tante. Del tipo: come si fa a monitorare delle bottiglie immerse nelle profondità marine? Come si possono preservarle dall’azione dell’acqua del mare? Come si può risalire alla storia di ogni bottiglia al momento del recupero?
Le risposte ce le fornisce la tecnologia: ogni bottiglia immersa è dotata di uno speciale microchip inserito nella capsula che protegge il tappo.
Il microchip contiene tutte le informazioni necessarie a ricostruire la storia della bottiglia e del suo contenuto nel momento in cui verrà recuperata. E’ anche un’attenta sentinella: nel momento in cui non dovesse funzionare questo sarebbe indice di infiltrazione di acqua e, conseguentemente, di deterioramento del contenuto della bottiglia.
Il metodo UnderWaterWines oltre a regalare mineralità, sapidità e unicità ai vini, fa bene anche all’ambiente: cantinare in mare infatti riduce lo spazio utilizzato come cantina o magazzino. La temperatura sottomarina poi è più bassa di quella in superficie, creando un ambiente naturalmente refrigerato. Non c’è bisogno quindi di regolare temperatura e umidità con climatizzatori, con un notevole risparmio energetico e minore impatto ambientale.