Roberto Mirandola ci racconta di questa ricetta, in vista della Giornata Nazionale delle Uova alla Benedict, il 16 aprile.
Confesso di non essere particolarmente avvezzo alle prime colazioni anglosassoni, soprattutto a quella britannica e, in questo caso, americana. Questa volta ho dovuto fare di necessità virtù: il mese scorso sono stato invitato a Phoenix in Arizona da un amico di lunga data. Considerato il giorno dell’incontro – una domenica – abbiamo concordato di vederci per quello che in Nord America chiamano ‘brunch’, il ricco pasto da consumare nel fine settimana tra le 11:00 e le 15:00. Per dirla in due parole, una via di mezzo tra un BReakfast (prima colazione) e un lUNCH (pranzo), ovviamente nel luogo più tipico della tradizione americana, ossia in una luncheonette.
Tra le pietanze che compongono il brunch ci sono le uova alla Benedict o Eggs Benedict, forse la maniera più raffinata per proporre le uova. Per Marilyn Monroe e Agatha Christie rappresentavano la quintessenza della prima colazione. Non a caso, sono così diffuse che negli Stati Uniti hanno dedicato a questa preparazione la National Eggs Benedict Day, la Giornata Nazionale delle Uova alla Benedict, celebrata il 16 aprile di ogni anno.
Le uova alla Benedict sono una pietanza unica e sostanziosa, la cui origine, come succede per gran parte delle preparazioni più famose, è ancora oggi incerta e altrettanto contesa. Si tratta di uova in camicia servite sopra una fetta di pane tostato sopra la quale è adagiata una fetta di pancetta tonda canadese abbrustolita (che, a dispetto del nome, somiglia più a del prosciutto cotto). Infine è completata da due cucchiai di salsa olandese (una via di mezzo tra uno zabaione salato e una maionese tiepida, con il burro chiarificato al posto dell’olio) e un po’ di erba cipollina tritata. L’ho accompagnata con un’insalata di patate e una tazza di caffè lungo insolitamente buono. Nonostante tutto è stato un pasto che ho gradito – anche se non lo mangerei ogni settimana – completato da un French toast con mirtilli freschi, sciroppo d’acero e una leggera spolverata di cannella.
L’inventore più accreditato è Lemuel Benedict, un agente di cambio di Wall Street che, nel 1894, per smaltire la sbornia in seguito a una notte brava chiese alla cucina del Waldorf Hotel a New York delle uova in camicia con bacon croccante sopra a pane tostato imburrato, il tutto cosparso di salsa hollandaise. L’insolita combinazione di ingredienti piacque così tanto a Oscar Tschirky, l’allora maître dell’hotel, che decise di inserirlo nel menù.
Secondo un’altra versione, sembra che una coppia scozzese – il signore e la signora Benedict di Edimburgo – si affidarono a uno studio legale londinese per tutelare la paternità della ricetta di famiglia Egg Benedict risalente addirittura al 1794 da eventuali utilizzi commerciali, pubblicitari e letterari non autorizzati. Un resoconto storico narra, invece, che le uova alla Benedict siano state inventate al Delmonico’s Restaurant di New York nel 1860. I coniugi LeGrand Benedict – clienti abituali del locale – stanchi delle solite proposte, suggerirono allo chef Charles Ranhofer una loro ricetta. Questi preparò delle uova in camicia su dei muffin tostati ricoprendo le uova con una sottile fetta di prosciutto, della salsa olandese e qualche fettina di tartufo. Alcuni anni più tardi, nel 1894, Ranhofer definì nel suo libro di ricette ‘The Epicurean’ questa preparazione Eggs a la Benedick.
Una volta lasciata Phoenix, ho preso un volo alla volta di New York per una breve sosta professionale. Lì sono ritornato alle consuete abitudini mattutine americane: colazione da DUNKIN’® con un caffè fatto con il percolator. Servito fumante con un Original Glazed doughnut, la tipica ciambella glassata, si beve quasi come fosse acqua. Oggettivamente non è così male anche se un paragonato al nostro espresso non c’è storia. L’unico inconveniente – per fortuna non per me – è che può fare venire le palpitazioni perché una tazza contiene più caffeina di quattro espressi!
Compagnia e risate a parte, del brunch in Arizona mi rimane solo il ricordo di un senso di pesantezza protratto per tutto il giorno, mitigato – grazie al Cielo – da una compressa di digestivo quantomai provvidenziale.
…Benedette uova alla Benedict!