Quando il cibo diventa sgradevole
Un po’ come Umberto Eco a un certo punto si è messo in testa di scrivere La Storia della Bruttezza (ok, dopo quella della bellezza ma comunque l’ha fatto), il trend per il 2019 (non nell’arte, ma nel cibo che poi è la stessa cosa ma anzi no) sarà incentrato sui cibi brutti. Brutti e Amari. Già, sembra l’insulto di un bimbo all’adulto cattivo che gli ha tolto il giocattolo: «sei brutto e amaro». Ma è così, punto. Perché Secondo la BBC la scena culinaria targata Nuovo Anno si impernierà su 15 fattori, tra i quali ci sono il cibo dello Sri Lanka, niente alcolici o quasi, il rum che pare adorino i millennials e, ecco, frutta e verdura dall’aspetto ripugnante (Ugly Fruit & Veg).
A confermarlo anche Uber Eats, servizio di Food Delivery che ha registrato le richieste più popolari di diverse città europee e si è così fatta una idea delle tendenze alimentari per questo 2019. Tofu e hummus, riso integrale e zuppe. Ristoranti come Harpers a Londra sono il condensato di questo diverso modo di pensare al piatto (il sito del ristorante è bellissimo). Meglio, ci dicono poi, se mangiamo nello stesso posto dove facciamo la spesa. Una roba tipo Eataly o Hill & Szrok.
L’importante è che siano prodotti con materie prime brutte e sane (se ne era già parlato nel 2015 in realtà, ma poi non se n’è fatto più nulla. Pare che il 2019 sia l’anno giusto).
Insomma, nell’epoca di Masterchef e di quel verbo da orticaria («impiattare»), nel presupposto teoretico che la forma veicolerebbe l’essenza della cosa (o almeno una sua parte, siamo buoni), accadrebbe il rovesciamento concettuale (un po’ reazionario, un po’ metafisica, ma tant’è): basta che sia sano e buono, non importa se brutto. Anzi, meglio brutto perché con più probabilità sano.
Staremo a vedere, anzi no. Meglio non guardarli troppo. Perché quello che conta sarà (solo) mangiare.