Il lockdown e la pandemia in corso hanno cambiato il nostro comportamento, le nostre abitudini, ma ancora di più il nostro modo di approcciarci alle cose e alle opportunità. E’ cambiato in poche parole il modo di guardare la vita e di conseguenza viverla. Il tema dello sguardo è il filo conduttore dell’ultimo libro di Paolo Massobrio, giornalista enogastronomico da 30 anni per numerose e importanti testate nazionali, fondatore della guida Il Golosario guida alle cose buone d’Italia e Golosario Ristoranti, e organizzatore di Golosaria, rassegna di cultura e gusto che si svolge el Monferrato, a Bassano del Grappa, a Padova e a Milano.
Il progetto editoriale
Questa la presentazione molto sintetica di un amante del vino e del buon cibo ma anche di un talent scout delle eccellenze italiane, che ha saputo trasformare la sua grande passione nel suo lavoro e ha saputo raccontare negli anni l’Italia, i suoi prodotti e soprattutto i suoi produttori.
Il suo ultimo lavoro editoriale ha come titolo “Del bicchiere mezzo pieno” (Comunica Edizioni) una raccolta di storie di persone o meglio dire di sguardi, come recita il sottotitolo “quando nella vita conta lo sguardo”.
I protagonisti
Una collezione di nomi, che sono personaggi del mondo del vino, del giornalismo, del food, persone di cui tutti abbiamo sentito parlare, forse conosciuto, o assaggiato i loro prodotti: da Gualtiero Marchesi a Simone Padoan, da Emidio Pepe ad Angelo Gaja, da Bruno Lauzi al sindaco di San Vito Romano, da Mario Calbresi e Veronelli fino ad arrivare agli amici o alle persone del cuore. Un libro che mette insieme esperienze, apre l’album personale dei ricordi di Paolo Massobrio, che racconta il lato intimo, l’incontro fortuito, il momento speciale.
Ma soprattutto ci regala una versione nuova, Paolo Massobrio infatti non ci racconta il personaggio, ma la persona, non racconta l’azienda o il prodotto ma il produttore nella sua essenza, nella sua quotidinaità, con le loro passioni, i problemi, i pregi e i difetti. Tutti narrati non per quello che hanno fatto, ma per il modo in cui hanno saputo guardare la vita (anche prima della pandemia), il loro lavoro o le opportunità di certi momenti.
Dopo aver letto il libro abbiamo fatto qualche domanda all’autore, che in questi incontri svela anche un po’ di se stesso e del suo mondo.
Qual è il tuo sguardo sulla tua vita Paolo? E com’è cambiato dopo l’esperienza lockdown e le restrizioni vissute nella vita quotidiana e in quella lavorativa?
“Lo sguardo è proprio il tema attorno al quale ho costruito il mio libro, che è l’incontro con 60 persone che hanno vissuto il limite come un’occasione. Del Bicchiere Mezzo Pieno evoca infatti un desiderio che ti fa andare avanti, nonostante tutto, perché la propria storia personale è sempre costellata di fatti e segni che sono stati il motivo di un cammino. Il mio sguardo sulla vita è questo: grato per ciò che ho vissuto, ma sempre pronto, anche grazie a questo periodo limitante, a mettermi in discussione, a imparare, soprattutto dai più giovani, che in certo casi racconto in questo libro come il punto di fuga da seguire per cambiare una mentalità che spesso ci mette in una prigione”.
Sei un giornalista, un talent scout del buon cibo e del vino, ma anche un uomo di fede, quest’ultima cosa ti ha dato nel corso degli anni e come ha contribuito nella tua professione?
“La fede è un incontro, che si è alimentato negli anni con una catena di tanti altri incontri. E poi diventa uno sguardo, perché una persona la puoi guardare dalla sua biografia e dai suoi successi, ma anche dalla sua umanità. In questo libro non ho fatto la biografia dei personaggi, ma ho raccontato come ho vissuto con loro un rapporto trovando i germi della genialità che avevano, in particolari magari insignificanti, secondari, ma sempre rivelatori”.
L’incontro che avresti voluto fare e non sei riuscito a fare. E quello che vorresti fare prossimamente.
“L’incontro che avrei voluto fare è quello con tanti uomini del vino, che non sono riuscito a raggiungere prima che se ne andassero. E qui sta la sofferenza e il limite di un giornalista che immagina di esaurire tutto nell’assaggio del vino, ma in realtà gli manca una parte fondamentale: la persona, per cui conoscendola capisci perché fa quel vino lì che è un raccordo fra la terra e l’uomo. L’incontro che vorrei fare non l’ho mai programmato. Come leggerete nel libro è sempre stato un caso, che forse caso non è”.
Golosaria è un luogo di incontri tra persone che lavorano e producono eccellenze con passione, qual è il tuo sguardo sul mondo del vino e del food oggi e cosa consigli a tutti gli imprenditori di questo settore, tuoi amici e non, che contribuiscono a fare grande il nostro paese?
“Golosaria è programmata quest’anno dal 6 all’8 novembre a Milano ed è la sua 16^ edizione. Ed avrà come titolo “il Gusto della Colleganza” ovvero l’alleanza fra colleghi che lavorano nel medesimo settore. Quello che consiglio è di vivere la Colleganza sotto due dimensioni: un’alleanza intergenerazionale, perché dai giovani si impara, non foss’altro perché loro hanno sempre il bicchiere mezzo pieno, che è la speranza e la destinazione a un futuro. La seconda dimensione è poi quella della comunicazione, materia ostica per molti che non leggono neppure una mail, ma fondamentale per ingaggiare relazioni e immaginare con chi fare pezzi di strada. Ecco Golosaria sarà un grande esercizio di tutto questo che è già cominciato: ogni primo giovedi di ogni mese facciamo un webinar per tutti gli operatori di settore, dove parliamo di questi temi. Questo perché Golosaria è un cammino, che ha una centralità in un appuntamento. Per fare grande il nostro Paese ci vuole il coraggio di mettersi insieme, anche attraverso uno strumento come quello che offriamo”.
Il concetto della Colleganza non è casuale, Paolo Massobrio lo riprende dal suo libro nel capitolo dal titolo “Nella vita ci vuole colleganza” in cui mette nero su bianco alcuni esempi di aziende e produttori cresciuti e diventati grandi attraverso la collaborazone e lo scambio di idee, come Fiasconaro o l’agriturismo Ferdy. Un concetto che va ben oltre a quello di sinergia e collaborazione, ma abbraccia come lo stesso massobrio ha sottolineato l’idea di “alleanza fra colleghi”. Non più competitor, ma colleghi, persone da cui imparare, da cui ispirarsi, persone con cui fare. Sarà forse questo il nuovo sguardo che devono avere le imprese italiane per crescere e andare lontano?