La stampa 3D è il futuro: dalle cucine di ristoranti e casa fino a quelle delle future missioni spaziali. Nell’ambito della stampa tridimensionale esistono però delle frontiere non molto esplorate e assolutamente sorprendenti, una tra queste è la possibilità di stampare vero e proprio cibo! Vediamo come funziona la stampa 3D per alimenti e quali sono i suoi principali vantaggi.
La stampa 3D è una tecnologia di cui si sente molto parlare e che sta entrando sempre di più in uso per la produzione di oggetti di vario tipo. Nell’ambito della stampa tridimensionale esistono però delle frontiere non molto esplorate e assolutamente sorprendenti, una tra queste è la possibilità di stampare vero e proprio cibo! Vediamo come funziona la stampa 3D per alimenti e quali sono i suoi principali vantaggi.
Detto così sembra fantascienza, eppure è già realtà: è possibile creare piatti a base di prodotti freschi e fedeli al sapore della ricetta originale senza sporcare neppure un cucchiaio, grazie a una stampante tridimensionale che, invece di inchiostri o polimeri, utilizza ingredienti commestibili per comporre preparazioni e impiattamenti impeccabili sulla base di istruzioni ricevute per via informatica.
Nata come tecnologia per la plastica, la stampa tridimensionale si è pian piano estesa all’utilizzo di metalli, ceramica, vetro, materiali da costruzione e molto altro, fino ad arrivare perfino nel settore culinario.
Stampa 3D in cucina
Strato dopo strato, una stampante 3D può ricreare un piatto estremamente raffinato, dal design elegante e complesso, oltre che dalle equilibrate proprietà nutritive. La tecnologia di queste macchine si è evoluta negli ultimi anni, entrando nel settore alimentare e promettendo di riscrivere il nostro modo di cucinare e di mangiare.
Usando la stampa 3D per il cibo e come materia prima composti viscosi, che però richiedono una pre-lavorazione particolare, gli chef potranno progettare al computer i propri piatti per vederli poi estrusi e pronti da servire in tavola, magari previa cottura in forno.
Finora sono stati stampati pasta, patate, legumi, caramello, miele, marmellata, biscotti, formaggio e addirittura una pizza! Esistono anche dei prodotti realizzati in questo modo e già commercializzati (come la Fake Meal di cui vi parlerò approfonditamente nel mio prossimo articolo) un alimento che simula una fetta di carne ma in realtà è ricavata dalle cellule di proteine vegetali stampate in 3D.
Le stampanti che permettono di lavorare con materiali commestibili sono già in commercio e sono utilizzate soprattutto per cioccolato, zucchero, pasta e mousse.
Tecniche di Stampa 3D
La tecnica più utilizzata per stampare gli alimenti è la parallela dell’FDM per la plastica. FDM sta per “Fused Deposition Modeling”, un processo di deposizione di strati di materiale aggiunti l’uno sull’altro.
Questa tecnologia si basa sull’estrusione: il materiale in forma semisolida viene forzato a passare attraverso un foro e a creare un prodotto a sezione costante che assume la forma del foro stesso. Nel caso della stampa 3D per alimenti l’impasto è contenuto in una specie di siringa e viene spinto a passare attraverso un piccolo foro circolare, diventando così un filamento.
Il filamento è poi disposto sul piatto di stampa in modo da creare la forma impostata a computer e il cibo si compone man mano che gli strati si sovrappongono tra di loro. È esattamente quello che facciamo quando decoriamo una torta con la sac à poche, solo che in questo caso il movimento non è controllato dalla nostra mano ma dalla macchina.
Vantaggi e Svantaggi
Uno dei grandi vantaggi che questa tecnologia offre è la possibilità di operare una personalizzazione dei cibi che risponda alle esigenze del destinatario finale, sia in termini di forma che di nutrienti. Se quindi da un lato troviamo il mondo della cucina gourmet o molecolare, dall’altra c’è la creazione di menu adatti anche allo stato di salute dell’utente, come ad esempio nel caso di allergie, problemi di deglutizione e ancora esigenze alimentari dettate da alcune patologie.
La stampa 3D per il cibo apre così a scenari futuri che vanno dalla cucina di un ristorante e della nostra casa, fino a quelle degli ospedali e ancora quelle delle navi spaziali, per consentire agli astronauti di seguire un’alimentazione sana e corretta nei lunghi viaggi verso altri pianeti lontani.
In cucina, in particolare, l’obiettivo della stampa 3D è duplice: da un lato limitare errori e sprechi di cibo, dall’altro incoraggiare le persone a mangiare ricette fatte in casa, permettendo a tutti, anche a chi non sa cucinare, di preparare rapidamente piatti elaborati a base di ingredienti sani e con un aspetto originale e accattivante . La riproducibilità e la precisione nello stampare il cibo, offre così anche la certezza di evitare sprechi alimentari, utilizzando solo le giuste dosi e con scarti pari a zero.
Infine, va considerato l’aspetto della sicurezza alimentare: durante la stampa 3D del cibo non avviane alcuna manipolazione da parte dell’uomo, quindi si riduce drasticamente il pericolo di contaminazione del cibo.
Come ogni nuova tecnologia, anche la stampa 3D del cibo presenta degli svantaggi. In primis, c’è il costo delle attrezzature e della materia prima, che può essere proibitivo. Utilizzare la stampante 3D richiede poi anche investimenti, sia di tempo che di denaro, nella formazione di chi dovrà utilizzarla.
Il tempo di preparazione, però, è a sua volta uno svantaggio: una singola pietanza stampata 3D può richiedere da pochi minuti a oltre un’ora per essere completata. Una eventualità che nel caso di una produzione su vasta scala con pochi macchinari a disposizione si rivela un limite.
I tempi di preparazione poi si allungano se si considera che le materie prime edibili richiedono la precottura o comunque una pre-lavorazione per ottenere la consistenza adatta all’estrusione dalla macchina. Tutti fattori necessari per rispettare il vantaggio della precisione, che altrimenti non potrebbe essere garantito.
Foodini, prima stampante 3D in cucina
Un primo tentativo di stampa 3D del cibo arriva nel 2015, con una macchina per la pizza che dopo aver preparato l’impasto, lo estrudeva, condiva e inviava al forno. Oggi il funzionamento si è evoluto ed esistono dozzine di dispositivi per stampa alimentare sul mercato, che consentono di ottenere cibi dalle forme originali, liberando la creatività, e risparmiando sugli scarti della materia prima.
Foodini, ad esempio, il primo macchinario in grado di ‘stampare’ tridimensionalmente il cibo, messo a punto nel 2012 da Natural Machines, una start-up spagnola con sede a Barcellona, che sta incentivando questo approccio hi-tech in diversi settori, per consentire alle aziende di offrire soluzioni personalizzate in base alle richieste dei propri clienti, ma anche di replicare in serie i risultati raggiunti, dando vita a prodotti omogenei.
Anche se in molti, soprattutto tra i cultori delle tecniche di cucina più tradizionali, potrebbero storcere il naso, l’approccio tecnologico alla cucina è un fenomeno sempre più diffuso, come dimostra il fatto che, dalla sua messa in commercio nel 2014, Foodini è già un successo globale.
La stampante si presenta come un comune elettrodomestico, con un ingombro paragonabile a quello di un forno a microonde e un peso complessivo di 20 kg, un display touch screen da 10 pollici e un sistema operativo Android che consente il controllo a distanza grazie a un collegamento wi-fi ad altri dispositivi (come smartphone e tablet). Il costo varia, ma è comunque ancora troppo elevato per renderla accessibile a un largo pubblico. Se però questo nuovo robot prenderà piede, l’importo è destinato a scendere, come è già accaduto con il forno a microonde. Il funzionamento è semplice: una volta scelta online la ricetta dal sito dell’azienda, basta riempire le capsule della stampante con gli ingredienti previsti per la sua preparazione e lasciare che il macchinario faccia il resto. Attualmente è possibile caricare fino a cinque capsule, in cui occorre inserire ingredienti freschi, crudi o cotti, naturalmente molli o dopo averli frullati. In futuro è prevista la vendita di capsule pre-riempite e suddivise per ricetta, anche se questo comporterà lo svantaggio di non utilizzare più cibo fresco e di non poter personalizzare le ricette.
Al momento della preparazione, la stampante trasferisce sul piatto, uno alla volta, tutti gli ingredienti, rilasciandoli, attraverso un estrusore simile a una siringa, secondo una sequenza predeterminata. In questo modo il piatto si compone grazie alla sovrapposizione dei diversi strati, dall’altezza minima di un cracker fino a 11 cm, per un diametro massimo di 26 cm. Una volta ‘stampato’, il piatto può essere già pronto per la tavola o richiedere una cottura che deve essere effettuata separatamente. Il sapore finale non sarà diverso da quello ottenuto preparando i medesimi ingredienti in modo tradizionale.
La velocità di stampa non è regolabile e il tempo necessario alla realizzazione di un piatto dipende principalmente da tre fattori: dal tipo di ingredienti, dalla complessità della ricetta e dalla quantità di porzioni da preparare. Cibi sottili (come biscotti, sfoglie e crackers) o decorazioni semplici prendono forma in pochi minuti, mentre per le lavorazioni più complesse (come le sculture di cioccolato) il macchinario può restare in funzione anche per due ore. In ogni caso l’idea alla base di stampanti sul modello di Foodini è quella di rendere più facile e veloce l’esecuzione di alcune attività di cucina noiose e ripetitive. Anche per questo la stampante è pensata per essere facile da pulire, dal momento che solo poche componenti entrano in contatto diretto con gli alimenti.
Si possono perciò ‘stampare’ ravioli, gnocchi, pizze, polpette, burger, quiche, crackers e formaggi, senza contare le applicazioni in pasticceria, dove la precisione può trasformare ogni dolce in un’opera d’arte.
Attualmente focalizzata su una clientela di professionisti, l’obiettivo di Natural Machines da qui a 10-15 anni è quello di rendere la stampa 3D disponibile in tutte le cucine. Nella visione aziendale c’è infatti l’idea di aiutare i professionisti a far conoscere le loro creazioni gastronomiche e favorire l’esportazione di ricette tradizionali (italiane e non solo) al di là dei confini nazionali, mettendole al riparo dalle eccessive rivisitazioni locali. È ancora presto per dire se la stampante 3D del cibo rappresenterà un accessorio efficace per convertire in aspiranti cuochi anche i fedeli della delivery o i fan del surgelato o se resterà un bel giocattolo nelle mani di pochi appassionati degli impiattamenti gourmet.