Ogni anno lo spreco alimentare in Europa arriva a 100 tonnellate. Ciò provoca conseguenze negative per l’impatto economico, ambientale e sociale.
Non c’è dubbio, anche il settore agroalimentare necessita di un approccio diverso da quello tradizionale. Serve modificare i principi attualmente utilizzati nei convenzionali modelli economici e produttivi. Occorre passare dal principio dell’economia lineare che consiste nel “prendere-produrre-consumare-scartare” a quello di economia circolare. Solo in tal modo diventa possibile ridurre le perdite alimentari lungo le catene di approvvigionamento e produzione, migliorare la conservazione dei cibi sugli scaffali grazie a un packaging intelligente e monitorare gli sprechi.
Inoltre grazie all’attuazione dei principi dell’economia circolare, “ridurre-riciclare-riusare”, il sistema alimentare beneficerebbe della riduzione della quantità di rifiuti generati nel sistema stesso, del riutilizzo degli alimenti, dell’utilizzo di sottoprodotti e rifiuti alimentari, del riciclo dei nutrienti e dei cambiamenti negli stili alimentari verso modelli più efficienti.
Il ruolo del sistema agroalimentare
Quindi è quanto mai necessario, affinché tutto ciò possa realizzarsi, che tutti gli attori del sistema agroalimentare, dai produttori ai consumatori, svolgano un ruolo attivo iniziando ad abbandonare l’idea che la crescita economica possa essere basata sull’abbondanza di risorse e sullo smaltimento illimitato dei rifiuti.
Per rendere attuabile il concetto dell’economia circolare è fondamentale dunque che si facciano passi in avanti nell’uso delle tecnologie e delle infrastrutture e che si sensibilizzino e guidino i consumatori verso scelte alimentari più sostenibili.
Serve una rivoluzione culturale…e non solo.
Maggiore consapevolezza da parte dei consumatori e sistemi produttivi tecnologicamente migliori sono indispensabili per porre in essere i principi dell’economia circolare nel settore agro-alimentare.
I consumatori devono comprendere che lo spreco alimentare non è accettabile, soprattutto in una società che ha bisogno di aumentare nei prossimi anni la produzione di cibo per sfamare la crescente popolazione.
Anche i produttori devono fare la loro parte. Gli sprechi e le perdite di cibo, infatti, avvengono durante tutte le fasi della catena di approvvigionamento del cibo, nella fase produttiva, in quella distributiva e soprattutto nella fase del consumo.
Lo spreco di cibo
Diretta conseguenza dello spreco di cibo è, infatti, oltre allo spreco anche della terra, dell’acqua, dei fertilizzanti che sono stati necessari per la sua produzione, ed alle emissioni di gas serra prodotte, anche l’inquinamento e lo sfruttamento dell’ambiente.
In Europa si sprecano, in media, circa 180 kg di cibo pro-capite all’anno mentre in Italia se ne sprecano circa 149 kg pro-capite l’anno. E’ evidente che lo spreco alimentare rappresenta il paradosso più drammatico che la trasformazione del cibo in una vera e propria merce, forse la più globalizzata di tutte, ha comportato.
E per quanto risulti ancora complicato giungere ad una completa misurazione del fenomeno, è quanto prima necessario agire in maniera concreta affinché si eviti o quantomeno si riduca significativamente la quantità di cibo che invece di arrivare al consumo umano viene sprecato e perso nel corso della filiera alimentare dal campo allo smaltimento.
Si tratta di una quantità spaventosa – circa 1,3 miliardi di tonnellate – che se equamente redistribuita sarebbe in grado di soddisfare il fabbisogno di una popolazione quattro volte superiore a quella che oggi soffre di malnutrizione.
Trasformare la catena alimentare seguendo i criteri dell’economia circolare e avendo una visione olistica del sistema agroalimentare, anche grazie all’utilizzo di innovazioni tecnologiche, consentirebbe di evitare questi sprechi e perdite di cibo e favorirebbe la sostenibilità del sistema stesso.