Nel cuore di Roma, lontano dal caos cittadino e dalla frenesia del Giubileo 2025, lo chef Koji Nakai ha dato vita a un’esperienza gastronomica esclusiva. All’interno del suo ristorante Nakai, ha recentemente inaugurato Kiwami, una saletta intima con un unico tavolo sociale da 14 posti, pensata per chi desidera vivere un momento speciale tra degustazioni e cene private. “Kiwami” in giapponese richiama l’idea di qualcosa di superiore e speciale, rappresenta perfettamente la filosofia dello chef.
L’idea e lo chef
Nato a Kobe e con un passato da pizzaiolo, Nakai è arrivato in Italia nel 2008, spinto da una passione travolgente per la cucina italiana. Dopo anni di viaggi e sperimentazioni, ha trovato in Roma la sua casa e il luogo perfetto per esprimere la sua idea di fusione tra la tradizione nipponica e quella romana. Kiwami rappresenta il punto più alto di questo percorso: un luogo dove ogni piatto prende vita davanti ai commensali, in un equilibrio raffinato tra le sue radici giapponesi e il suo amore per l’Italia. Qui tutto è simbolico, persino la scelta del logo: si ispira allo stemma di famiglia, un simbolo che i samurai portavano sulla schiena per riconoscere alleati e avversari. Al suo interno, foglie di magnolia, pianta sacra nello Shintoismo e ingrediente ricorrente nella cucina tradizionale, si intrecciano con spade, emblema di protezione contro le presenze maligne.

Cosa si mangia da Nakai
Prima di partire da cosa si mangia, è importante sottolineare in che modo. Lo chef infatti nella secret room Kiwami ha un bancone a disposizione per cucinare dal vivo, riservando ai suoi ospiti un trattamento esclusivo, raccontando la storia dei piatti e delle materie prime che utilizza. Osservare i gesti fluidi e apparentemente semplici dello chef mentre prepara, taglia e sfiletta è un’esperienza coinvolgente ed immersiva.
Si parte con il menù degustazione (80 euro a persona) di sette portate in abbinamento con vini e sakè. la carta ne conta circa 20, tutte etichette selezionate dal Giappone che variano a seconda delle portate, arricchendo l’esperienza con una dimensione sensoriale unica.


L’entrée è “Open Your Mind”, ovvero polpette di ragù di polpo e crema di latte di cocco, salsa otafuku e maionese giapponese. L’idea è quella di ricordare il sapore del caciucco ed è, come si evince dal nome, una frecciatina ai romani troppo attaccati alle proprie tradizioni culinarie ed un invito ad “aprire la mente”. Un’ esplosione di sapori che si legano perfettamente tra loro. Andando avanti nella degustazione: Il Japanese Tacos. Una nuvoletta di gamberi con all’interno gamberi in tempura conditi con maionese e avocado. Qui il gioco di consistenze e diverse temperature supera ogni aspettativa creando in bocca un mix perfetto di morbidezza e croccantezza.
Successivamente, ci arriva sul tavolo una carinissima box con su scritto Nakai, il compito è semplice (se non si prova a fare il video ed aprire la box contemporaneamente), aprirlo e mangiare ciò che c’è dentro: Fiore di zucca in tempura. Nella frittura si usa il ghiaccio per creare uno shock termico e far sì che aumenti la croccantezza, il ripieno (molto ripieno) è con crema di cacio e pepe. Continuiamo con Fusione: tonno marinato 3 giorni con salse giapponesi, sakè e soia. Il sapore è leggermente affumicato e viene accompagnato da cipolla rossa in agrodolce e una salsa in stile puttanesca. Anche qui ritroviamo il forte legame dello chef tra Giappone e Roma, le sue due anime. Ogni piatto del menù, dall’inizio alla fine, è abbinato ad un vino o appunto, un sakè. In questo caso il sakè è senza aggiunta di alcol, la sua fermentazione infatti avviene tramite i lieviti, il riso e alla presenza di un fungo, il Koji, che trasforma i lieviti in zuccheri.


Arriviamo al piatto che più di ogni altro incarna lo stile dello Chef: Japanese carbonara, con uova di merluzzo e guanciale croccante. Dopo il salto romanesco, si ritorna in Giappone con un po’ di sushi: Nigiri di Otoro e Nigiri con Ricciola. L’ultima portata prima del dessert è probabilmente il regalo che lo Chef ci ha voluto lasciare per ultimo, per lasciarci il miglior ricordo: Robata, che deve il suo nome a un’antica tecnica di cottura giapponese molto diffusa. Un metodo affine è il Tataki, nato nella prefettura di Kochi, in cui il pesce viene esposto direttamente alla fiamma: l’esterno si cuoce rapidamente, mentre l’interno resta crudo. Il pesce in questione è la ricciola giapponese, servita su un cremoso hummus di melanzane affumicate, accompagnata da puntarelle e una spolverata di bottarga. A completare il tutto, un filo di olio al basilico.


Importante è sapere che se si vuol assaggiare questi piatti, non è detto che saranno sempre disponibili, poiché l’offerta segue la stagionalità e il menù viene cambiato mensilmente. Certi del fatto che ogni piatto dello Chef Koji è una buona ragione per tornare in ogni stagione.
Nakai e Kiwami – Via di Santa Maria alle Fornaci, 14, Roma