Quante parole pronunciamo durante una giornata? Quante ne pensiamo? Quante parole usiamo e leggiamo in rete, quante sarebbe meglio tacere?
Le parole sono importanti, sono loro a formare le storie che ci piace tanto raccontare e ascoltare. Con le parole facciamo innamorare, diamo forma ai nostri pensieri, ai desideri, ci raccontiamo, costruiamo visioni, trasmettiamo conoscenza e a volte, ultimamente troppo spesso, offendiamo, calunniamo, addirittura uccidiamo. Sono le cosiddette “parole ostili”, quelle parole che fanno male e che sono additate come altamente dannose.
Parole O_stili è anche un progetto, nato nel 2017, che corre l’obbligo di raccontare e farvi conoscere. Uno di quei progetti sociali – necessari aggiungiamo – di sensibilizzazione contro la violenza nelle parole.
Dietro Parole O_stili c’è la mente di Rosy Russo, esperta di comunicazione, formatrice, abitante e professionista della rete che ci fa notare subito: “ciò che pensiamo sia un mondo virtuale è diventato reale, la rete è vita reale e non può essere pensata come qualcosa di parallelo. Lo predica il primo punto del nostro manifesto: “virtuale è reale, dico e scrivo in rete solo cose che ho il coraggio di dire di persona.” Non si può pensare di essere liberi sui social di sputare odio e ostilità sulle persone, di offendere per imporre il proprio pensiero. Ecco perché dobbiamo usare bene e consapevolmente le parole, sia nel mondo reale sia in Rete”.
Questo è ciò che accade oggi con maggiore frequenza. Bisogna capire, infatti, che i social non sono dei “non luoghi”, ma veri e propri punti di incontro che viviamo quotidianamente e come ogni luogo condiviso ha bisogno di regole di comportamento. Sono dei mezzi di connessione e condivisione, che hanno un grande potere e che regalano opportunità di crescita, di lavoro, di relazione. Se guardiamo con più attenzione a quanto accade sulle nostre bacheche di Facebook vedremo un exploit di opinioni e teorie, di dissensi, di imposizioni delle visioni altrui fatte con forza e cattiveria, come se fosse un atto dovuto. Da quest’analisi prende forma il progetto Parole O_stili, che nasce dall’esigenza chiara di un ordine e di un’educazione all’utilizzo e allo stile delle parole.
Ma veramente dobbiamo per forza dire tutto ciò che pensiamo, dobbiamo per forza prendere posizione? Alle volte il silenzio sarebbe più efficace e sicuramente più educato. Ci risponde Rosy Russo: “dovremmo responsabilizzarci, scegliere con cura le parole, capire quanto sono importanti e a quali conseguenze drammatiche possono portare. Proprio per questo motivo abbiamo voluto far arrivare il progetto all’interno delle scuole o della politica, ambiti questi nei quali si assiste a guerre verbali, dove le parole servono per distruggere l’avversario”.
Dal semplice commento alla recensione, dall’intervento nei forum ai post sui social ovunque si percepisce assenza di rispetto. E invece il rispetto va preteso, evitando di cadere e scadere in casi estremi come per esempio il cyber bullismo, emblematico per capire a cosa le “cattive parole” possono portare.
All’origine di Parole O_Stili c’è il contributo di circa 300 professionisti della comunicazione d’impresa e della comunicazione politica, insegnanti, imprenditori, influencer, blogger: persone diverse e appassionate, che condividono la volontà di rendere la Rete un luogo migliore, meno violento, più rispettoso e civile. Queste hanno contribuito alla stesura del manifesto, il manifesto della comunicazione non ostile, tradotto in 20 lingue e composto da dieci punti, che viene proposto su quattro ambiti di azione come la scuola, le aziende, la politica e la pubblica amministrazione. Un decalogo che dovrebbe essere come il vangelo per chi fa comunicazione, chi lavora in rete, chi lavora con le parole.