Per uno chef che viene da Torino, aprire un ristorante in una grande stazione rimane davvero di un fascino romantico. Davide Scabin è straripante e la sua nuova sfida fa scalo a Roma, all’interno di Mercato Centrale, in quell’ala della Stazione Termini che da qualche anno rivaluta un quartiere complicato a colpi di eccellenze enogastronomiche. Scabeat, al mezzanino dell’ala Mazzoniana, affaccia su Mercato Centrale dall’interno in maniera elegante, con un gioco di parole intelligente e un’offerta irriverente.
“Voglio che i romani vengono qui, soprattutto i veri custodi della tradizione gastronomica romana, a dirmi – A Scabin sei un fijo de na bonadonna! – questo mi premierebbe, questo mi farebbe sentire davvero di aver vinto questa sfida”.
Il ristorante Scabeat
Che nessuno si aspetti un ristorante da piani troppo alti, ma che tutti sappiano che grazie a un servizio davvero attento e a una cucina a vista spettacolare, targata col suo nome, siamo in un posto da cena interessante e business lunch. Qui si stringono mani e cuori, a colpi di piatti che viaggiano in equilibrio tra la tradizione romana e quella piemontese. Qui è l’irriverenza. Scendere puntuale a Roma Termini e prendere di petto la cucina romana, giocare con le materie prime e mettersi al desk dei reclami con quell’incredibile dote di intrattenitore sociale, non solo gastronomico.
L’importanza delle nonne
Da lunedì 11 novembre la carta è al tavolo (potete sbirciare qui), mentre lui è in finestra al pass. Sabato 9 invece c’è stato un pranzo di presentazione che finalmente, dopo anni di eventi standard, ha rotto gli schemi dettando una regola meravigliosa: essere accompagnati da un over ’80. “La nonna è la spada di Damocle di ogni cuoco, mi butterò nell’arena, in pasto alle belve, affrontando i leoni a viso aperto, sfoderando tutto il mio carisma e professionalità, come un vero gladiatore”.
La bellezza di vedere i tavoli di Scabeat abitati a posti alterni da giornalisti e anziani signori, a volte confondendosi, è stata tanta, ma la cosa che davvero mi ha divertito almeno quanto i colpi di sapori decisi nei piatti assaggiati, è stato raccogliere la provocazione dell’invito registrando le impressioni dei nonni commensali.
I piatti di Scabeat
Superato il trionfo plenario dell’insalata russa con trota salmonata, il dibattito è partito subito, non tanto sul Vitello tonnato la cui ricetta è del Giovanni Valardi Capo cuoco alla corte dei Savoia, ma sulle puntarelle servite a guarnire a una tartare di Fassona tagliata al coltello. Nonno Gino se le aspettava più amalgamate e Nonna Giuse ha provato a dirgli che “noi” le facciamo molto tempo prima e che quindi, forse, con le acciughe e l’aglio battuti vengono condite diversamente. Poi giù a parlare dell’aglio, forse poco presente per un romano, che poi aglio in camicia? Nonna Giuse si scopre e confessa di non metterlo perché non le piace e l’intera curva romana borbotta.
Il risotto col porro fritto, la salsiccia e una riduzione di vino rosso, colpisce per complessità e grassezza. Si presenta dritto ed esplosivo, spigoloso nei colpi di sapore molto forti e nonno Giovanni, prendendolo più volte, ha rotto subito le disquisizioni degli addetti chiedendo alla moglie Maria Grazia “Lo sapresti rifare questo a casa? È Buono!”. Ovviamente la sua signora ha detto sì, ma conservandosi l’ipotesi di realizzarlo in maniera meno saporita.
La vera sfida a tavola si è presentata con la guancia di maiale alla Picchiapò, che nella sua leggendaria origine tra personaggi fiabeschi o romaneschi di Trilussa e il rimando a una tecnica di sfilaccio per rendere la carne più lavorabile, ha lanciato un curioso dibattito sul piccante. Nonno Gino dice che fa bene al cuore.
Insomma, la notizia vera non è solo che la tecnica moderna e l’estro di Davide Scabin arrivano a Roma, ma che la contaminazione moderna delle tradizioni italiane costituiscono carattere di sfida e di crescita, per tutti.
Scabeat
Mercato Centrale Roma
Via G. Giolitti, 36