Ospedali pieni, alberghi e ristoranti vuoti ed economia impietosa, sono gli effetti del #Coronavirus e di un po’ di incoscienza. Siamo di fronte a un periodo epocale, di quelli che verranno studiati a scuola e mentre l’economia scalpita con slogan legati al fatturato, gli ospedali implodono al disperato quanto grave appello sul chi scegliere di aiutare a vivere.
Tutto ha il diritto di vivere, tanto un’azienda quanto una persona, ma la scala di valori qual è? Quindici giorni di attenzione, forse un mese, per alcune realtà sono tanti ma è anche vero che per altrettante no. Rinunciare a un viaggio alle Maldive, alla casa in montagna o al mare, a fronte di veder sopravvivere e superare agilmente questo periodo tanto le fasce più deboli di persone, quanto le aziende più fragili, si può.
Chi deve lavorare per sopravvivere che lo faccia. Chi può permettersi di chiudere chiuda rinunciando a un po’ di lusso, magari indirizzando i suoi clienti verso chi rimane aperto, per ora. Sarebbe una campagna di solidarietà sincera e tra un mese ne usciremo tutti più forti e con il cuore più grande. Senza iniziare una gara al mettere i conti sul tavolino per capire chi ne ha bisogno e chi no, ché forse il rischio di scoprirci come i parlamentari attaccati al vitalizio, piuttosto che umili scalatori di fatture nel mediatico jet set enogastronomico, non lo vuole nessuno e magari è giusto così. Ognuno di noi però sa a cosa può rinunciare e farlo senza un tavolo economico di verifica, è possibile.
Tipo, “orgogliosi di chiudere per aiutare gli altri!” Questo mi piacerebbe leggere sui cartelli appesi.
Pensiamo davvero sia così impossibile, per quest’anno, spostare le ferie a oggi e lavorare d’estate? Se dura più di quindici giorni magari ci alterniamo. No?!
I cinesi, sotto dittatura, fanno rientrare l’allarme. L’Italia avrà per forza bisogno della forza per farcela di nuovo? Io mi auguro di no e spero davvero che vinca il buon senso, declinato alla responsabilità civile e collettiva. Sono convinto che tutto questo ci permetterà di rivedere in maniera sana un intero segmento, con un occhio più essenziale, pulito e magari umilmente vero. Perché può essere successo che abbiamo dimenticato per troppo tempo quanto andare a cena fuori sia un lusso, adagiandoci su un benessere finto e pronto a crollare, puntando troppo su un ego che costa caro e che offusca la semplicità di un gesto.
C’è chi deve restare aperto e lavorare per sopravvivere e chi per continuare a vivere bene. Forse in questo momento ci si potrebbe aiutare.
Partendo dal presupposto che stiamo parlando del mestiere più faticoso del mondo, fatto di fatica, passione, studio ed esperienza, fossi un ristoratore oggi farei una sana riflessione. Avessi un cucina, venti tavoli e dei dipendenti, mi chiederei perché in questo periodo di scelta chi esce dovrebbe venire da me. Mi darei anche solo un semplice motivo di scelta e poi lo confronterei con quello che si darebbero i miei colleghi. Scommetto che otto su dieci si assomiglierebbero così tanto da perdere di significato e lo dimostrano gli ultimi anni di informazione, sviluppati in buona parte da articoli tutti uguali comprati a peso. Il senso della riflessione ci porterebbe a capire che più che chiedere alle persone di entrare nel nostro locale, forse, dovremmo dare loro motivo per farlo.
Oggi più che mai. Con responsabilità, consapevolezza e grande attenzione.
Aiutiamo chi ne ha davvero bisogno rinunciando a qualcosa, se siamo altruisti, alcuni lo hanno già fatto e provo profondamente stima per loro. Altrimenti possiamo tranquillamente far finta di niente, ma facciamolo senza chiedere aiuto a nessuno. In silenzio, con coerenza e rispettando le regole imposte. Almeno quelle, ché l’impressione è che se non ci adattiamo non lavoriamo, piuttosto che se non ci adattiamo la gente muore.
Questo cannibalismo, dove ognuno mangia qualcuno per la propria pancia piena senza saziare il fabbisogno collettivo, è iniziata e segue le regole di un’economia spietata. Dobbiamo fermarla se siamo davvero mossi da valori e se davvero capiamo che qualcuno ha bisogno di sopravvivere, Se non ci riusciamo poco male però, alla fine confermeremo la storia con un simbolico ossimoro, quello di lavarsi le mani, e con un motto che ha distrutto un impero: “mors tua, vita mea”.
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