Villa Paola, ex monastero del XVI secolo, arroccato su una scogliera con panorama mozzafiato sulla Costa degli Dei, ospita un ristorante gourmet “de’ Minimi”. Ci siamo stati e vi raccontiamo la nostra esperienza.
Villa Paola è l’unico hotel cinque stelle a Tropea in Calabria, antica dimora ricca di fascino e storia, arroccata su una scogliera a picco sul Mar Tirreno. Siamo in un ex monastero del XVI secolo, abitato dai frati Minimi dell’ordine fondato da San Francesco da Paola, un luogo magico che le parole e le immagini non riescono a raccontare a pieno per la bellezza e l’atmosfera che si respira. Boutique hotel di 12 camere, un esempio di quiet luxury, dove potersi rilassare. Il giardino a sette terrazzamenti pieno di piante mediterranee e varietà esotiche, nasconde aree relax e una piscina a sfioro con un panorama mozzafiato sul mare della Costa degli Dei. Un luogo incantato, dove perdersi tra la vegetazione lussureggiante e ammirare dalla giusta distanza il borgo di Tropea vecchia.
Villa Paola e il ristorante de’ Minimi
La villa si anima all’ora del tramonto con l’aperitivo aperto anche agli esterni, locali e turisti, che possono approfittarne per godere sia della vista panoramica sia dell’originale proposta gastronomica della cucina.
La proposta del ristorante punta su ingredienti umili e dalla provenienza genuina: le verdure e la frutta che arrivano a tavola sono di produzione propria, in quanto giungono direttamente dagli orti della tenuta che circondano la villa e il 96% degli ingredienti impiegati nel ristorante è di origine regionale. Il giovane Chef Emanuele Pucci è impegnato in prima persona nella ricerca e selezione di piccole imprese agricole, fattorie, allevatori calabresi che promuovono una produzione sostenibile.
Il ristorante de’ Minimi è stato già inserito nella Guida Michelin ed è il primo ristorante ad aver ricevuto questo prestigioso riconoscimento a Tropea. Il ristorante fine dining de’ Minimi propone una cucina ispirata e sincera, legata al territorio, che combina felicemente la regola spartana dei frati minimi di strettissimo magro* e la tradizione calabrese, che nasce come una cucina povera, di origine contadina, con numerosi piatti fortemente legati alle ricorrenze religiose: piatti fieri delle proprie origini calabresi, che nella cucina “de’ Minimi” si esaltano in vere e proprie scoperte sensoriali e gustative.Noi di radio food siamo stati al ristorante De’ Minimi e vi raccontiamo come è andata.
La nostra degustazione al de’ Minimi
La nostra esperienza inizia con un grazioso aperitivo al tramonto nel bellissimo giardino, un ottimo spritz al bergamotto ha accompagnato degli amuse bouche. Bocconi che sono proseguiti al tavolo e che parlavano di Calabria con il compito di preparare al meglio al pasto, come la mini “lesto pitta”, tipica “pitta” fritta grecanica servita con pomodori marinati, o una cialda alla olive con mela verde.
Quattro i menu disponibili tra cui scegliere: San Tommaso 4 portate a scelta (85 euro), Miseria e nobiltà percorso di 5 portate (95 euro), Di necessità virtù percorso di 7 portate (115 euro), La Novena 9 portate a scelta dello chef (130 euro).
La nostra scelta cade sul percorso “Di necessità virtù”. Arriva il “cestino del pane” arricchito da un burro aromatizzato al fieno: grissini alla cipolla rossa e un pane caldo ai fichi in uno storico canovaccio dell’azienda tessile Bossio. Il primo antipasto è Trota marinata, gel di limone salato, aneto e rapa rossa, uno starter fresco leggero e salutare che da indizio di come sarà tutto il viaggio gustativo. Segue Bieta ripiena di fichi, sogliola in crosta e garum di sardine, tre elementi che assaggiati singolarmente non danno particolari emozioni, ma che combinati insieme danno vita a una vera e propria festa per le papille gustative, per consistenza gusto e equilibrio. Gli antipasti si sono conclusi con l’Assoluto di melanzane, piatto in cui l’ortaggio viene, pressato e cotto sotto sale, ricoperto di polvere di buccia e servito con una maionese di melanzana e il suo fondo. Un tripudio di calabresità dalla spiccata acidità ma dalla grande matrice storica. Il piatto più riuscito di tutto il menù è stato lo Spaghettone del pastificio Sorelle Salerno, peperone sardine e eucalipto. La pasta viene cotta nell’acqua di peperone e cosparsa di polvere di peperone e un estratto di eucalipto, il tutto accompagnato da una sardina salata all’nduja. Anche qui tanta Calabria, ma in una veste fresca e leggera. Convincente il Riso carnaroli di Sibari con erbe di mare, robiola del caseificio Sant’Anna, ginepro e bergamotto. Un altro piatto che non fa rimpiangere l’assenza di carni, ma che mette in evidenza la forza della cucina vegetariana.
La parte salata del percorso si conclude con la Crepinette di polpetta di agnello con mandorle e aglio, servita con una carota cotta al BBQ e una salsa di prugna cipolla rossa di Tropea IGP e vermuth, vero fulcro del piatto che ha armonizzato i gusti semplici della carne e della carota.
Il pre-dessert da mangiare con le mani è una Spugna di farine di carrube, crema pasticcera e basilico viola che ci fa arrivare al gran finaleconun dolce di tradizione italica Spuma di mascarpone, spuma al caffe e zabaione al moscato di saracena.
A cena conclusa siamo convinti che il giovane chef Emanuele Pucci, classe 95, è il nuovo che avanza e noi di Radio Food ci sentiamo di scommettere su di lui, per tecnica gusto e ricerca. A nostro avviso i riconoscimenti importanti non tarderanno ad arrivare.