Esiste la bistecca con la cottura perfetta? Pare di sì e la tecnica in questione si chiama Reverse Searng, arriva dagli Stati Uniti, dove le Steack House pullulano e vi spieghiamo in cosa consiste.
Avete mai visto il film Il diavolo veste Prada? Vi ricordate la scena in cui Anne Hathaway per entrare nelle grazie di Meryl Streep corre come una matta per farle le commissioni più assurde? Vi ricordate quando, carica di pacchi, passa direttamente nelle cucine di Smith & Wollensky (famosa Steakhouse di New York) per prendere una bistecca “da asporto” per il suo capo, poi arrivata in ufficio, scopre che senza nemmeno dirglielo è uscita a pranzo e con rabbia lo getta nel bidone della spazzatura? Se notate, poco prima di essere messa nel piatto dallo chef del ristorante, la bistecca viene sfornata.
Alcuni chiamano quel metodo “newyorker” ma francamente non credo che abbia un vero nome. È semplicemente il sistema più comune per cucinare e servire la bistecca da quelle parti. Questo almeno fino alla nascita del Reverse Searing.
Dalla cottura classica al reverse searing
Ormai tutti sanno cos’è la frollatura lunga (è arrivata addirittura al supermercato!) e sempre più persone non scappano inorridite di fronte a una bistecca molto marezzata, anzi la apprezzano e la cercano. E così stanno arrivando anche le tecniche più evolute per cuocere la carne, e termini come dry brining o reverse searing stanno facendo capolino anche nei siti italiani che parlano di carne, o di cibo in generale.
Quando cuociamo la carne alla griglia, tuttavia, la temperatura internamente non è mai uniforme, ma varia dal centro (dove la carne è meno cotta) alla parte appena sotto la superficie (più cotta), che ovviamente deve essere perfettamente grigliata. L’ideale sarebbe avere una superficie correttamente grigliata, e all’interno la stessa temperatura in ogni punto della bistecca. Questo non lo si può ottenere con la normale cottura alla griglia, perché il calore che proviene dall’esterno, essendo così intenso, inevitabilmente cuocerà molto le parti subito sotto la superficie, e quando il calore finalmente arriverà al cuore, queste saranno inevitabilmente troppo cotte.
Il metodo newyorkese (o come lo si voglia chiamare), per diminuire il tempo di servizio, prevede di procedere alla cauterizzazione e poi al mantenimento a temperatura controllata in forno.
Ad un certo Christopher Finney venne in mente che forse era più conveniente invertire le fasi: prima la manutenzione e poi la cauterizzazione al momento della comanda, offrendo un prodotto più fresco e profumato. La sorpresa è stata scoprire che quella sosta a temperatura controllata partendo dalla carne cruda, attiva alcuni degli infiniti enzimi esistenti (catepsine) che provvedono ad una parziale demolizione delle fibre. In sostanza il prodotto finale era più morbido, tenero, cedevole rispetto alla stessa materia prima trattata con il newyorkese. Nasce così il metodo Finney o Reverse Searing, come è più comunemente noto, ovvero la cauterizzazione inversa, ovvero l’inverso di quanto avveniva prima con il newyorkese.
Reverse Searing come funziona
Il reverse searing ha dei notevoli vantaggi rispetto alla cottura tradizionale. Grazie all’applicazione di alcune nozioni scientifiche nell’ambito delle cotture è stato possibile dimostrarne i motivi.
Innanzitutto questa tecnica permette di aumentare la succosità della carne. Gli esponenti della vecchia guardia delle scuole di cucina applicano il searing tradizionale, convinti del fatto che la cauterizzazione esterna della superficie permetta di sigillare i succhi presenti all’interno delle fibre della carne. In realtà diversi studi sull’argomento hanno sfatato questa leggenda, confermando i vantaggi del nuovo metodo. Questo infatti prevede un riscaldamento più dolce iniziale che permette una minore contrazione del tessuto connettivo che riveste le fibre. Tutto ciò si traduce in un miglioramento della ritenzione idrica.
La tecnica viene spesso confusa con la cottura a bassa temperatura o sous vide, con la quale presenta qualche analogia, come ad esempio appunto la cottura eseguita ad una temperatura molto inferiore di quella tradizionale.
L’esposizione prolungata della bistecca ad una temperatura di cottura abbastanza bassa (sotto i 100°C) in un ambiente con bassa umidità, come ad esempio il forno ventilato o barbecue, consente una preventiva asciugatura della superficie. Perché questo rappresenta un vantaggio? Perché la reazione di Maillard che cerchiamo di innescare avviene in presenza di scarsa umidità. Quindi partendo da una superficie già asciutta possiamo diminuire drasticamente il tempo di cauterizzazione. Il risultato è una cottura più omogenea e una minore perdita di liquidi, di conseguenza più succosità.
Il metodo Finney, dopo numerose modifiche di temperature, prevede un primo assaggio di cottura in indiretta a 34 gradi una temperatura che sembra essere molto favorevole all’azione di un particolare enzima, chiamato Calpaina fino al raggiungimento di una temperatura target di 3°C gradi inferiori a quella desiderata. Ad esempio se voglio una temperatura finale di 27°C al cuore, mi fermo a 24°C. Quindi estrarre la carne dal forno e lasciar riposare la carne in un foglio di alluminio coperta. Lo step finale è la cauterizzazione a temperatura alta fino ad ottenere una bella Maillard, In America è molto diffusa la cottura con la Lodge, una padella di ghisa spessa, ottima per ottenere una Millard perfetta; la ghisa raggiunge alte temperature e trasmette velocemente il calore alle pietanze. Per ottenere l’effetto di Maillard o come la chiamiamo noi, la crosticina superficiale, abbiamo bisogno che la carne raggiunga i 300 °F, tradotto in °C 148,89 °C… insomma tra i 145 e i 150 °C.
Prima la superfice della nostra steak raggiungerà questa temperatura, migliore sarà sia la croccantezza che l’aroma della nostra crosticina. In questo senso avere un taglio che parte da una temperatura più alta rispetto a quella del frigo o a quella ambiente presenterà una Maillard migliore rispetto allo stesso taglio con una temperatura più bassa.
Si può affermare che il metodo tradizionale è il metodo più veloce e pratico ma che sfrutta in maniera minima l’azione di intenerimento della carne. Il reverse searing invece è frutto di una ricerca più scientifica della scelta delle temperature, il cui scopo è sfruttare l’azione di determinati enzimi e reazioni per agevolare la degradazione delle proteine ed ottenere effetti simili alla frolllatura.
Cosa serve per adottare la reverse Searing
In conclusione per adottare la Reverse Searing si deve mettere in conto una cottura che va da 2 a 3/4 ore a seconda delle dimensioni del taglio di carne, per cui per padroneggiare bene questa tecnica la pratica è fondamentale.
Un termometro da cucina vi aiuterà notevolmente, ma i tempi di cottura restano nettamente più lunghi rispetto alle altre tecniche più tradizionali. È però anche vero che l’esposizione graduale al calore, come nelle migliori ricette Low&Slow, non può far altro che ammorbidire il taglio di carne e in fase di masticazione la differenza si sentirà tutta.
Ci possiamo sempre permettere un così grande dispendio di tempo ed energie per avere la “bistecca perfetta”? Oppure dobbiamo imparare anche a raggiungere un buon compromesso? Tu cosa ne pensi? Come cuocerai la tua prossima bistecca?