Dall’ottava Giornata Nazionale di Prevenzione dello spreco alimentare nasce una proposta precisa sui temi del cibo, della salute e della sostenibilità, il Recovery Food
“Nell’anno del covid e delle nuove povertà, nell’anno che ci ricorda l’urgenza di una svolta concreta per la sostenibilità in rapporto alla salute dell’uomo e dell’ambiente, il Recovery Food, si pone come un ‘laboratorio permanente’ di educazione alimentare e ambientale per la formazione dei cittadini e per la sensibilizzazione da parte degli enti pubblici e delle imprese”.
Lo ha affermato l’economista Andrea Segrè, fondatore della campagna Spreco Zero e della Giornata nazionale di Prevenzione dello spreco alimentare. “Questo è il nostro “dono” per il Governo che verrà con l’auspicio che il Recovery Food possa trovare spazio nel PNRR come un capitolo speciale del Recovery Fund, dove i temi legati al cibo e alla prevenzione degli sprechi dovrebbero essere trattati con attenzione specifica”.
La necessità di una rivoluzione culturale
Il Recovery Food focalizzato su cibo, salute e sostenibilità, dovrebbe includere una previsione organica delle risorse destinate alla formazione dei cittadini in tema di educazione alimentare e ambientale. A partire dalle scuole, quindi con risorse destinate a docenti sul campo sin dal primo ciclo della Scuola Primaria, e con una rete capillare e nazionale collegata ai Comuni per iniziative concrete, destinate alla sensibilizzazione dei cittadini intorno al binomio cibo e salute, per l’uomo e per l’ambiente.
Tali temi sono ancora più imprescindibili dopo l’irruzione della pandemia covid-19 per avviare nel sistema-Italia quella rivoluzione culturale che ci dovrebbe permettere di progredire nel complesso ma ineludibile cammino verso lo sviluppo sostenibile e il raggiungimento degli obiettivi dell’Agenda 2030 dell’ONU.
La lotta allo spreco per favorire la solidarietà
È quanto mai necessario concentrarsi – secondo Segre’ – anche sulla filiera dello spreco. E’ ciò non solo per aumentare la sostenibilità del sistema, ma anche per favorire la solidarietà essendo la povertà alimentare in forte crescita causa l’effetto pandemico sull’economia.
Serviranno quindi accordi di filiera ben strutturati che mettano in rete potenziali donatori di eccedenze e beneficiari con obiettivi e procedure ben definite e cogenti; l’attivazione di un sistema logistico e di conservazione sicuro, sostenibile e solidale.
Ma anche il coordinamento nazionale affidato a un Food Waste Manager capace di alimentare sinergie fra i tanti portatori di interesse da coinvolgere, tra i quali i Ministeri (Salute, Welfare, Agricoltura, Ambiente, Sviluppo economico), le Città metropolitane e i Comuni, la miriade di associazioni ed enti caritativi, e le imprese della filiera agroalimentare.
Cosa dicono i dati del Rapporto 2021 di Waste Watcher International
Sono stati inoltre riepilogati i dati del Rapporto 2021 di Waste Watcher International, che evidenziano la “fotografia” dell’Italia pandemica. Ebbene si è rilevata la tendenza a una netta diminuzione dello spreco alimentare domestico, con “solo” 27 kg di cibo sprecati a testa nel 2020 (529 grammi a settimana). Quindi, con i differenti stili di vita dovuti al lockdown per via del Covid, è aumentata la consapevolezza del valore del cibo e c’è stato un calo, rispetto al 2019, di quasi il 12% (3,6 kg) per ciò che riguardo lo spreco domestico.
Nel 2020 sono andate sprecate, in Italia, 1.661.107 tonnellate di cibo in casa e 3.624.973 tonnellate se si includono le perdite e gli sprechi di filiera.
Per questo c’è ancora molto da fare per evitare che si continui a sprecare cibo ed il Recovery Food può essere uno strumento utile nell’educazione alimentare e ambientale dei cittadini.