Ramen, la zuppa leggendaria

ramen

In giapponese ramen si scriveラーメン un piatto che si diffuse a partire dal 1868 e che oggi ha conquistato tutti. Confortevole, ricco e a tratti terapeutico. Dopo un viaggio in Giappone, assaggi e scuole di cucina vi raccontiamo qualcosa in più di questa zuppa magica.

Un po’ di storia del ramen

In giapponese ramen si scriveラーメン. L’alfabeto sillabico con il quale è scritta la parola ramen è il katakana, quello che serve per traslitterare in giapponese le parole straniere. Si intuisce, dunque, già nel nome, l’origine esotica di questo piatto. Il ramen, infatti, arrivò in Giappone dalla Cina, dove esiste tutt’ora anche se è piuttosto diverso da quello giapponese. Secondo una leggenda il primo giapponese ad assaggiare il ramen a rimanere folgorato dalla sua squisitezza fu, nel lontano 1665, Mitsukuni Mito, nipote dello shōgun Tokugawa Ieyasu. Mitsukuni Mito, noto anche con il nome di Mito Kōmon, è una figura molto importante nella storia del Giappone perché si dice che sia stato dei primi gourmand nipponici. Uomo raffinato, amante dell’arte e della letteratura, fu anche un estimatore del buon cibo. Nonostante Mito Kōmon ci vollero però ancora due secoli prima che il ramen diventasse una delle pietanze più apprezzate a livello popolare.

La diffusione del ramen si ebbe infatti dopo la Restaurazione Meiji del 1868 quando il Giappone, dopo due secoli di isolamento, aprì nuovamente i suoi porti al mondo. Tra i primi ad entrare in Giappone ci furono gli interpreti provenienti dalla Cina e dall’Occidente che influenzarono il Giappone anche in ambito culinario. Nei porti delle grandi città si formarono i primi quartieri “cinesi”, quelli che esistono ancora oggi. Nei piccoli ristoranti improvvisati che sfamavano viandanti e viaggiatori, si cucinavano le zuppe cinesi le quali, molto apprezzate dai giapponesi, si trasformarono col tempo nel ramen che conosciamo oggi.

Fino al 1900 le zuppe servite nei ristoranti di cucina cinese erano molto semplici, composte da un piatto di tagliatelle calate in un brodo di ossa di maiale insaporito con sale a cui venivano aggiunte alla fine alcune guarnizioni.

ramen

Grazie alla diffusione degli yatai, i chioschetti ambulanti che vendevano zuppe per strada insieme ai gyōza, il ramen divenne un piatto popolare da mangiare fuori casa. Dopo la Seconda guerra mondiale ad aiutarne la diffusione contribuì anche il particolare periodo storico che rese la pasta di grano una risorsa importante per la sopravvivenza della popolazione. La penuria di riso dette, infatti, un impulso alla diffusione di farina economica importata dagli Stati Uniti. I soldati rimpatriati riproposero nel loro Paese i gusti assaporati in Cina e dato che molti di loro erano diventato ormai esperti nella cucina cinese, finirono con l’aprire ristoranti che proponevano questa tipologia di piatti in tutto il Giappone.

Fu così che il ramen si diffuse in ogni regione, portando anche alla nascita di varianti regionali come il miso ramen in Hokkaidō, il tonkotsu ramen nel Kyūshū.

Nel 1985 il film Tampopo rese ancora più iconico il Ramen: il film contiene numerose scene su come mangiare il Ramen e racconta di quanto amore sia necessario per preparare un brodo fatto come si deve.

Nel 1994 apre a Yokohama il Museo del Ramen, un parco divertimenti del cibo dedicato al Ramen, dall’atmosfera vagamente vintage, nel quale tutte le più importanti insegne di Ramen hanno il loro shop.

Nel 2008 il film Ramen Girl riuscì a trasmettere in Occidente tutto l’amore del Giappone per il Ramen. Nel film, una ragazza americana che vive in Giappone decide di cambiare vita e di imparare a cucinare il Ramen. Si tratta di una grande celebrazione dell’arte di preparare il Ramen e di un grande omaggio alla capacità di confortare e dare speranza che una ciotola può dare a chi lo mangia.

Nel 2016 il ramen-ya Tsuta, nel centro di Tokyo, è stato il primo Ramen Bar a ricevere la Stella Michelin, per aver trasformato il Ramen in un piatto di altissima gastronomia. Questo riconoscimento ha generato un’ondata di interesse di tutta la gastronomia occidentale verso il Ramen.

Nella cultura giapponese, il 5 è un numero magico.

Secondo la tradizione giapponese, il cibo va gustato con tutti e cinque i sensi: se il gusto e l’olfatto sono evidenti, per la cucina giapponese è altrettanto importante la vista. Cibo ottimo ma impiattato male o su stoviglie brutte o non consone, rovina irrimediabilmente il piatto, anche se buonissimo. Ma non finisce qui. Il Ramen rispetta anche la legge dei 5 colori che deriva dal Buddhismo giapponese. I giapponesi credono che sia meglio includere tutti i cinque colori (bianco, nero, rosso, verde e giallo) in ogni piatto. Seguendo questa semplice regola il godimento visivo del piatto è garantito.

Non solo: seguendo questa pratica si ottiene anche un piatto equilibrato dal punto di vista nutrizionale: carboidrati, proteine, vitamine e i minerali. Non c’è bisogno di calcolare calorie o analizzare i singoli ingredienti: basta includere 5 colori, la natura ha già pensato a tutto. Anche il tatto è importante, non solo per la consistenza del cibo stesso, che dovrebbe averne sempre diverse, ma anche per le stoviglie, dato che è consuetudine tenere in mano ciotole e utensili e sentirne l’energia.

Il Ramen, da questo punto di vista è perfetto: al suo interno contiene tante diverse consistenze: la tenerezza dei noodles appena cotti, la liquidità del brodo profumato, la croccantezza delle verdure, la solidità della carne (o del pesce), la delicatezza dell’uovo. Non esiste altro piatto al mondo che misceli tutte queste consistenze diverse. E poi le bacchette di bambù, la ciotole, il mestolo. Per sentire fino in fondo un Ramen, devi accarezzare anche tutti gli utensili. Infine l’udito. Pur essendo un po’ più filosofico, anche l’udito fa parte dell’esperienza. Il rumore delle bacchette di bambù, il vociare dei commensali, il suono dei mestoli che sbattono sulla porcellana delle ciotole, il piccolo risucchio di che beve il brodo con gusto.

ramen_Mikachan

In Giappone ci sono 80.000 ramen bar. Solo a Tokyo, ogni giorno apre un nuovo Ramen Bar. Ed ognuno di questi ha uno stile differente, una propria idea di Ramen. Ognuno di questi, ripetendo ogni giorno gli stessi gesti (cuocere brodi per lunghe ore, preparare noodles a mano, scolarli e comporre la ciotola) ricerca la perfezione e la realizzazione spirituale.

Il Ramen è un cibo molto sensibile. Nato dalla necessità di insaporire con maestria e lunghissime preparazioni materie prime povere (maiale, pollo, bamboo, cipollotto, uova, pasta di grano), il Ramen richiede due elementi fondamentali per renderlo un’incredibile esplosione di gusto umami: il tempo e l’amore.

Quando mangi Ramen, l’umami indugia nella tua bocca portandoti in una dimensione in cui dimentichi spazio e tempo. Per, poi, arrivare al cuore accarezzandoti l’anima. Per questo, quando mangi Ramen per la prima volta, accade una cosa unica. Ti sembra di conoscerlo già, di essere arrivato in un mondo completamente nuovo, ma che in qualche modo sa di casa.

In Giappone il Ramen è un perfetto esempio del concetto Kowadari: il ramen elevato a livello di cucina molto elevato, con grande attenzione al dettaglio ed alle ricerca delle materie prime. C’è una poetica ed un’estetica estremamente unica nel Ramen, molto romantica e nello stesso tempo punk. Tantissimi ingredienti, tante cotture, tante consistenze, tanti colori, tanti sapori, tanti odori. Un universo infinito di combinazioni, ma che devono sempre rimanere in equilibrio.

I brodi si dividono in 2 macrocategorie:

  • Gli Assari, sono quei brodi più leggeri, dai colori più trasparenti e dai sapori più profondi e sofisticati
  • I Kotteri, sono brodi più densi, decisi e ricchi di tanti profumi e gusto

All’interno di queste 2 macrocategorie, troviamo 4 tipi di brodo:

Assari:

  • Shoyu, a base di soia, unito a un brodo animale e uno vegetale, ha un colore tendente allo scuro
  • Shio a base di shio (sale), tendenzialmente unito a un brodo di pollo brodo animale e ad uno vegetale, è il più delicato ed ha un colore pallido e giallognolo

Kotteri:

  • Miso, a base di miso (soia fermentata) e brodo di maiale e/o di pollo, ha un sapore deciso ed è tipico dell’Hokkaido
  • Tonkotsu preparato con ossa di maiale bollite molto a lungo, è tipico della zona di Fukuoka/Hakata, ha un colore biancastro e opaco.

La Tare, l’ingrediente segreto di un ramen.

Se il brodo è l’elemento principale, la tare è ciò che dà il carattere ad un brodo, che lo rende unico. In pratica si tratta di un’aggiunta di extra sapore. La particolarità della tare è che durante la preparazione delle ciotola viene aggiunta prima del brodo, pertanto rimane sul fondo: in questo modo il culmine massimo di sapore si ottiene sul finale del Ramen. Ciascun Ramen Bar ha la propria ricetta segreta nella preparazione del brodo e spesso questo risiede nella tare. Il mondo delle tare è praticamente infinito e ciascun chef sceglie che sapore aggiungere al proprio brodo: può servire un tocco di affumicatura, di acidità, di sale o di piccantezza. Le tare più classiche sono a base di soia, miso o sale, ma ce ne sono di tanti altri tipi: aceto, grasso di maiale, agrumi, spezie ecc.

Noodles, un mix di farine e l’unicità del kansui.

Preparare i noodles è una scienza. In Giappone ci sono corsi che durano fino a 3 anni per imparare a fare i noodles alla perfezione. I noodles per il Ramen, rigorosamente senza uova, sono a base di farine, acqua e kansui. Il kansui è un agente alcalino che, a contatto con le farine e l’acqua, grazie ad una piccola reazione chimica, estrae il glutine dalle farine, rendendo il noodle più elastico e leggermente gommoso. Ed è sempre grazie al kansui che il colore dei noodles è leggermente giallognolo, pur non contenendo l’uovo. Ottenere il kansui è tutt’altro che semplice. Alcuni ramen bar ottengono il Kansui attraverso l’acqua Kangen con cui preparano i noodles. L’acqua Kangen ha infatti un indice di alcalinità molto elevato, che consente di ottenere le stesse proprietà del kansui. Anche dei noodles esistono diverse varietà: in funzione del tipo di brodo con cui si devono sposare, ce ne sono di diverse forme e dimensioni. In genere, più il brodo è corposo (kotteri), più i noodles sono fini. Al contrario, più il brodo è delicato (assari) e più è spesso.

Toppings, differenti consistenze, colori e sapori, tutti in perfetto equilibrio.

La meraviglia di un Ramen viene anche dalla bellezza della sua presentazione. La composizione di un Ramen è unica: in questo senso ogni Ramen è diverso, ogni Ramen Bar ha il proprio modo di comporlo e ogni Chef ha il proprio gusto personale. Come un pittore, uno chef di Ramen ha a sua disposizione una miriade di colori: il verde scuro dell’alga nori, il giallo acceso del mais, il bianco-rosa del narutomaki, il marrone della chashu, l’arancione del tuorlo dell’uovo, il verde acceso del cipollotto. I topping hanno pertanto il duplice ruolo di creare un perfetto equilibrio visivo oltre che quello, ovviamente, di equilibrare consistenze e sapori. Si perchè i toppings devono essere diversi nel colore ma anche nella forma, nella consistenza e nei sapori.

ramen

Varietà di Ramen in Giappone.

Un po’ come in Italia ci sono vari tipologie regionali di pasta, allo stesso modo regioni diverse del Giappone offrono varietà di Ramen diverse. Nel freddissimo nord ci sono varietà, ingredienti, tipologie di brodi completamente diversi rispetto al caldo sud. Elencare tutte le varietà regionali sarebbe impossibile, mi limiterò ad elencarne solo alcune, le più popolari.

Hakata (Fukuoka) / Tonkotsu Ramen. E’ qui che è nato il Ramen Tonkotsu, il cui brodo viene preparato con ossa di maiale bollite ad alta temperatura per molte ore, fino al rilascio del collagene. Il risultato è un brodo ricco e lattiginoso che viene tagliato con brodo di pesce.

Fukushima / Kitakata Ramen. Fukushima ha la più alta percentuale di Ramen Shop pro capite di tutto il Giappone ed ha dato vita al proprio Ramen. Il brodo viene preparato con Niboshi (sardine), Tonkotsu (ossa di maiale) e talvolta pollo e verdure. I noodles sono più grossi ed il piatto viene servito con chashu, cipollotti, germogli di bambù fermentati e naruto.

Tokyo / Shoyu Ramen. Si tratta del Ramen più diffuso nella capitale, l’archetipo del Ramen aromatizzato con Shoyu (salsa di soia), brodo di maiale, pollo e dashi. Il risultato è un brodo non troppo pesante, sofisticato e profondo. Viene servito con chashu di maiale, cipollotto, alga nori, bamboo e naruto

Tokyo / Tsukemen Ramen. Si tratta di un Ramen “scomposto”, dove i noodles sono serviti separatamente rispetto alla zuppa. Inventato nel 1961 da Kazuo Yamagishi, a Tokyo, ora è diventato un piatto molto popolare in tutto il Giappone e super trendy in California. Il brodo è molto più denso e cremoso rispetto a quello del Ramen tradizionale ed i noodles sono più spessi.

Sapporo (Hokkaido) / Miso Ramen. Sapporo, capitale della fredda regione del Nord dell’Hokkaido, è famosa per essere la città che ha dato vita al Miso Ramen. Vigoroso, ricco e super intenso, il Miso Ramen riempie cuore e stomaco durante le fredde giornate con il suo brodo di maiale, miso rosso e bianco, cipollotto e burro.

Wagyu: la “Rolls-Royce” delle carni giapponesi raccontata nel dettaglio