Trippa di baccalà, lingua di merluzzo, foie gras di rana pescatrice, sono alcune delle preparazioni che stanno facendo impazzire i food blogger italiani e non solo. Oggi parliamo di frattaglie di pesce o quinto quarto di pesce.
Scarti da buttare per molti, ma ingredienti preziosi nelle mani dei cuochi più creativi, da cui estrarre i gusti più pregiati, intensi e veri di mare e di lago. Precisamente come si fa con il quinto quarto di carne, oggi così di moda da essere protagonista nei piatti di tanti ristoranti gourmet allo stesso modo sul recupero delle interiora del pesce si sta lavorando nelle cucine di tutta Italia. Dopotutto la domanda che più attanaglia chi si diletta a cucinare il pesce è: “cosa farne delle lische di pesce e di altri scarti?”
Alcuni pesci stanno al mare come il maiale sta alla terra.
Se infatti, del suino non si butta via nulla, lo stesso principio vale per merluzzo, tonno, pescatrice e tante altre varietà di cui la cucina marinara più genuina utilizza scarti e frattaglie. Spesso il pesce fresco arriva al mercato già eviscerato sulle barche, la pulizia a bordo avviene per una questione igienica ma sotto sotto, come è facile immaginare, i pescatori sono ben lieti di tenere per sé le prelibatezze migliori.
Fegato di pesce, che bontà
Possono capitare eccezioni come la rana pescatrice che conserva ancora il fegato, rosato per via dell’alimentazione di questa specie che si nutre principalmente di crostacei, ribattezzato foie gras di mare, pregiato, denso di sapore, spalmato sui crostini è una tentazione che non conosce resistenza. Purtroppo non è facile scovarlo fresco ma, se avete questa fortuna, basta scottarlo rapidamente come fosse quello di bovino e servirlo con un intingolo di olio, sale, pepe e limone. Allo stesso modo si trova e si gusta il fegato di merluzzo con cui si producono anche ottimi paté con l’aggiunta delle uova, altra leccornia da intenditori.
Leggi anche: Quinto quarto, la scommessa vinta di Barred sull’eleganza del gusto
Uova di pesce
Il consumo appunto delle uova di pesce non è certo una stranezza, dal pregiato caviale alla più comune, ma altrettanto deliziosa bottarga. In Italia questo prodotto, ricavato dalla sacca ovarica salata ed essiccata si ottiene, in Sardegna e Toscana dal muggine (una varietà di cefalo), in Sicilia dal tonno dove nella zona di Scopello nel trapanese ne sono maestri, ma si preparano allo stesso modo le uova di altre specie come le aringhe e ancora una volta il merluzzo.
I giapponesi hanno da moltissimo tempo introdotto nella loro cucina le uova di salmone, di aringa, di riccio di mare, i danesi, invece, mettono le uova di lompo sulle uova bollite e sui gamberetti, mentre in Grecia le uova di carpa, salate e affumicate sono chiamate tarama e rappresentano l’ingrediente principale della taramosalata, piatto completato da succo di limone, briciole di pane, olio e cipolla; in India invece friggono le uova di hilsa oppure le pestano con olio, cipolla e pepe.
Del pesce non si butta via niente
Come detto in precedenza, ribadiamo il concetto che nel pesce non si butta via nulla, basti pensare che dall’apparato riproduttivo dei tonni maschi arriva il lattume, soffice e delicato, si utilizza in mille maniere, dalla pasta ai fritti. Del resto il tonno è sempre stato il grande protagonista della cucina di recupero, fra le specialità più particolari il cuore, salato ed essiccato, i polmoni, lavorati con sale marino ed essiccati con ventilazione naturale, la sasizzella o ficazza, una sorta di sanguinaccio, un salame sapido e intenso da provare assolutamente su una versione di carbonara reinterpretata.
Quando parliamo di quinto quarto di pesce non si può non citare la buzzonaglia, carne raschiata dalla lisca e conservata sott’olio da gustare in una semplice insalata di pomodori e cipolla rossa dolce. Ci sono poi le trippe, simili a larghe pelli bianche, ricavate dallo stomaco e, una volta private della sottile pellicina che li ricopre, disposte intere tra due fogli di carta forno fatte essiccare, sminuzzate al coltello e fritte in abbondante olio, ottime come aperitivo.
Lingua e guance, insolite ma delicate
Decisamente più insolite sono le lingue del baccalà, prelibatezza ricercata sopratutto in Spagna dove vengono cotte in umido e prendono il nome di cococha oppure pastellate e fritte.
Sono invece delicate, quasi vellutate le guance di pesce: in Cina sono considerate i bocconi più pregiati, in Spagna quelle di merluzzo e nasello si servono con il pil-pil, una salsa verde a base di olio d’oliva, aglio, peperoncino e liquido di cottura dei pesci stessi. In Islanda sempre le guance di merluzzo sono messe sotto sale insieme alle lingue e successivamente affumicate.