Il passaggio dalla Fase 1 alla Fase 2 porta sé un cambiamento comportamentale importante: dal timore e dalle regole restrittive imposte si va verso la “riapertura” in tutti i sensi, in primis psicologica, che ci porta a fare di nuovo piccole cose quotidiane tanto desiderate e prima negate. Questa fase rappresenterà un arco temporale su cui si gioca la sicurezza del paese, sia da un punto di vista della salute che da quello economico, ecco perché le raccomandazioni alla cautela non sono mai troppe e arrivano da ogni dove. Arrivano anche e soprattutto dai media, che hanno continuato senza sosta a informare e comunicare, anche attraverso la pubblicità. Tra chi non ha mai smesso di dare un proprio messaggio e di confermare la propria presenza sono le aziende, in modo particolare le grandi aziende dell’agroalimentare e i marchi della GDO, realtà sempre attive e che hanno affrontato degli aumenti di domanda importanti e anche fuori misura.
La nuova partita del marketing
Sicuramente in questo periodo abbiamo trascorso più tempo davanti alla tv o sui social, e proprio qui si è giocata la nuova partita del marketing, che con la pandemia è cambiato completamente, quasi stravolto, considerando sia lo stop produttivo che la mancanza di liquidità per investimenti pubblicitari di vario tipo. E facendo il solito zapping è facile intuirlo. Non si vedono più spot di moda, make up, profumi, ma ampio spazio a quelli legati alla tecnologia, ai gestori di telefonia, al food ovviamente con presenze importanti dei marchi noti e dei prodotti essenziali. Ma ancora di più sono i supermercati a testimoniare la loro presenza nel piccolo schermo, per garantire e rassicurare i cittadini, corsi quasi all’assalto di questi posti.
Vediamo cosa, e come, certi marchi che tutti conosciamo hanno deciso di raccontare e quali invece hanno preferito investire i budget destinati alla pubblicità in attività solidali.
La solidarietà
Se Coca Cola ha sospeso le attività pubblicitarie, donando 120 milioni di dollari nel mondo, l’Acqua Levissima blocca per il momento gli investimenti tv per devolvere gli stessi importi all’Agenzia Nazionale di tutela della salute della montagna e all’Azienda Sanitaria della Valtellina. Anche la famiglia Ferrero segue la scia delle donazioni per l’emergenza coronavirus e dà dei bonus ai propri dipendenti. A questi primi esempi, si aggiungono poi nomi di aziende più piccole che hanno premiato i loro dipendenti sempre a lavoro e di liquorifici e distillerie come Caffo, Saronno, Nardini, Campari e Ramazzotti che hanno deciso di convertire una parte delle linee di produzione per produrre gel e spray sanificanti donati agli ospedali o messi sul mercato per sopperire alla mancanza di prodotti similari andati praticamente a ruba già da prima del lockdown.
Orgoglio italiano e nuovi storytelling
C’è anche chi non rinuncia agli spot televisivi, forte anche di un aumento naturale dell’audience, adottando un altro tone of voice e una strategia motivazionale. La pandemia pare abbia tirato fuori l’orgoglio italiano, sentito e manifestato in diversi modi dalla gente comune, impaurita ma anche ottimista con il suo #andràtuttobene. È questo il messaggio che le reti e la rete ci consegnano, ci invitano a rimanere a casa perché solo così, rispettando le regole, ce la possiamo fare.
Cambia totalmente lo storytelling. Gli ingredienti sono la voglia di farcela, la tenacia, l’ottimismo, necessari per questo sacrificio che è stato chiesto al Paese. E poi ci sono i ringraziamenti, la riconoscenza, verso chi fa, chi ha combattuto e ancora combatte in prima linea. Gli spot di Barilla, La Molisana e Lavazza sono emblematici in questo, casse di risonanza di desideri forti e di un monito istituzionale che ora si arricchisce di poesia e di musica.
Barilla con la voce di Sophia Loren ringrazia “l’Italia che resiste” e sulle pagine dei quotidiani ringrazia con nome e cognome tutti i dipendenti che hanno continuato a lavorare; La Molisana racconta lo “spirito tenace” degli italiani e della sua pasta; il Consorzio del Parmigiano Reggiano rassicura sulle forniture e sulla produzione, così come fanno molti altri gruppi e in particolare la Gdo, con un messaggio molto chiaro: non vi lasciamo soli, ci prendiamo cura di voi. Ancora una volta troviamo la bandiera italiana e il “grazie” agli italiani nel nuovo spot di Ferrarelle, condito da un po’ di nostalgia ma sempre con tono positivo, che ripesca alcune immagini delle sue campagne storiche mettendole in parallelo all’oggi e riadattando lo storico slogan in “Lisci, gassati o italiani”.
Ringraziamenti necessari, che ci danno anche la misura dell’impegno dell’intera filiera, orgogliosa anche di avere in questo momento un ruolo non proprio secondario e che ha saputo rispondere con velocità, prontezza e quantità ai nuovi consumi degli italiani, che hanno stravolto abitudini e carrello della spesa.
Va in scena la “vita da covid”
C’è anche chi ha deciso di andare in onda in modo tradizionale, ovvero promuovendo i propri prodotti puntando sulla bontà, la materia prima, la tavola e la famiglia. Lo fa però utilizzando un altro scenario, ovvero raccontando la vita di questi giorni di quarantena: famiglie in cucina, bambini alle prese con impasti, decidere colazioni, pranzi e cene, single alle prese con videochiamate collettive di amici e parenti lontani. Perché in questi due mesi siamo stati questo e la farina, la salsa, il brodo o i biscotti rimangono punti di riferimento delle nostre dispense. Tra questi non dimentichiamo Bauli che ha dedicato gli spot ad una Pasqua diversa coinvolgendo lo stesso pubblico, che si è ritrovato protagonista degli spot tv e social.
Come comunicano i supermercati
E poi ci sono i supermercati che dalla fase 1 alla fase 2 hanno già cambiato tipologia di messaggio. Presi letteralmente d’assalto man mano che le zone da gialle diventavano rosse e da quel 9 marzo, quando il premier Giuseppe Conte ha emesso il verdetto sul lockdown, sono stati sempre caratterizzati da file interminabili ad ogni ora del giorno. Il supermercato e la spesa hanno rappresentato la necessità reale e psicologica di questi giorni di quarantena e caricati di un ruolo differente. E’ sorta subito la necessità di raccontarsi in questa veste di “luogo di servizio”, rassicurando i clienti, piuttosto che come luogo di spesa quotidiana dove trovare i migliori.
Si sposta l’attenzione completamente, nessun messaggio commerciale, ma solo di sicurezza e garanzia. In poche parole i supermercati, al primo posto Esselunga con il suo slogan “aiutateci ad aiutarvi”, hanno cercato di dare risposte ai clienti, spiegando le ordinanze diverse per regione, dando priorità agli over 65, proponendo app per fare la spesa con consegna a domicilio e soprattutto spiegando e garantendo gli assortimenti dei prodotti.
Con il passare del tempo i messaggi cambiano e più ci avvicinavamo al 4 maggio più si parla di desideri. È quello che fa Coop che stila una lista ideale di desideri come fosse una lista della spesa, quasi a voler rappresentare il supermercato come luogo dell’attesa e della richiesta di normalità, e chiude con il pay off “Una buona spesa può cambiare il mondo”.
Sulla medesima scia i Supermercati U2 che arrivano in tv con uno spot dedicato al prossimo futuro e alla “nuova normalità” degli italiani, un’iniezione di speranza per il post Coronavirus. U2 Supermercato si augura, infatti, di vedere gli italiani tornare a fare la coda davanti ai cinema, e non davanti ai supermercati, fino ad allora continuerà a garantire ai propri clienti la qualità e la convenienza di sempre.
E poi c’è il re degli spot di questi giorni, quello di Lavazza, amato e criticato al tempo stesso, che si discosta totalmente dal caffè e dalla paura del Covid, abbracciando un tema universale e internazionale attraverso le parole di Charlie Chaplin dal celebre discorso all’umanità tratto dal film “Il grande dittatore”, in cui si invoca un mondo giusto per tutti, senza confini e barriere, sicuro e dove uniti e solidali vivere insieme. Un mondo desiderato da sempre e che oggi l’ennesima difficoltà storica che ha unito i popoli riporta di nuovo come un mondo possibile.
E chi guarda la pubblicità cosa ne pensa?
L’adattamento del marketing e della comunicazione al momento particolare per molti è stata un’esigenza, anche dettata dal timore di raccontare cose e situazioni non adeguate al momento. Un ripiegare alla difficoltà attuale per non evocare desideri ed evasioni al momento improponibili. Il target under 35 non ha gradito eccessivamente questa scelta, per esempio. Una prima ricerca di marzo condotta da Conic-Hokuto conferma che chi guarda la pubblicità generalmente si vuole intrattenere, divertirsi distrarsi, e anzi non ha affatto considerato l’effetto negativo che uno spot standard avrebbe potuto produrre. Dai sondaggi emergono due risultati diversi su fasce di età diversa: il pubblico adulto ha apprezzato l’adeguamento al momento e ad una comunicazione pubblica, contrariamente gli under 35, affermano che “c’è troppa pubblicità a sfondo coronavirus” e per il 50% del campione complessivo “la pubblicità ha esagerato ad adeguare i contenuti alla emergenza sanitaria”.
Da entrambe le ricerche fatte tra marzo e maggio è emerso che le persone si aspettano sempre che gli spot raccontino storie, ambientate in un mondo ideale che è quello che in fondo caratterizza da sempre la pubblicità. Tutto quello che rappresenta esperienze e cose che in questo momento non è possibile vivere sono apprezzate lo stesso, non generano rifiuto, ma stimolano la speranza ad un tempo migliore in cui tutto sarà di nuovo possibile.
Di sicuro il fil rouge di ciò che vediamo e ascoltiamo in tv è la nostalgia, dei tempi passati, di quella vissuta nel presente per qualcosa che abbiamo sospeso e anche nostalgia di un domani che vorremmo fosse uguale a ieri e che ci auguriamo arrivi al più presto.