Girando tra gli scaffali al supermercato per la consueta spesa quotidiana o settimanale, vi siete mai chiesti l’origine del nome di alcuni tra i più comuni o storici prodotti che mettiamo nel carrello? Ecco allora questa guida a puntate, che spiega la provenienza, il significato e qualche aneddoto legato ad alcuni marchi o agli stessi prodotti. In questo nuovo appuntamento scopriamo le curiosità legate al prosciutto crudo e tre delle varietà più diffuse.
PROSCIUTTO CRUDO (1): sembra che l’origine della parola ‘prosciutto’ derivi da ‘prosciugato’. Secondo alcuni etimologi, la parola è composta dalla preposizione ‘pro’ che indica anteriorità e dal verbo latino ‘exsuctus’, participio passato di exsugere, in italiano spremere o inaridire.
PROSCIUTTO CRUDO (2): i prosciutti crudi che si prestano meglio all’abbinamento con il melone o con i fichi sono: il Parma, il San Daniele e il Veneto Berico Euganeo. Vengono detti ‘dolci’ perché contengono una minore quantità di sale rispetto ad altri tipi di prosciutto.
PROSCIUTTO CRUDO (3): la cosiddetta stuccatura serve a proteggere la coscia e a mantenere intatta la morbidezza durante il periodo di stagionatura. Viene eseguita sulla porzione di prosciutto non coperta dalla cotenna applicando uno speciale stucco composto da un impasto di grasso suino e farina di cereali (di colore avorio per il Prosciutto Veneto Berico-EuganeoDOP), di farina di riso, sugna e grasso (di colore grigiastro per il Prosciutto di San Daniele DOP) o di farina di riso, sugna, sale e pepe (di colore grigiastro per il Prosciutto di Parma DOP).
PROSCIUTTO CRUDO (4): per verificare la corretta stagionatura di un prosciutto crudo, occorre effettuare delle verifiche olfattive in vari punti della coscia. Per compiere questa operazione si utilizza la fibula, un particolare attrezzo realizzato con l’osso di cavallo. Questo particolare materiale assorbe gli aromi del prosciutto, ma al contempo li perde con molta facilità così da non contaminare le altre cosce e rendere più efficaci le verifiche da parte degli ispettori preposti.
PROSCIUTTO CRUDO (5): nonostante vengano classificati e riconosciuti come tali, nella denominazione ufficiale dei prosciutti DOP cosiddetti crudi, non compare mai la parola ‘crudo’. Tecnicamente è classificato come ‘preparazione a base di carne’.
PROSCIUTTO DI PARMA: rappresenta il prosciutto italiano in assoluto più conosciuto in Italia e all’estero dalla caratteristica forma a ‘coscia di pollo’. Viene prodotto all’interno di uno specifico territorio a sud di Parma anche se la maggior parte della produzione proviene dalla zona del comune di Langhirano (dove ha sede un museo dedicato e dove ogni anno si celebra il Festival del Prosciutto di Parma) e Lesignano de’ Bagni. Il marchio a fuoco impresso su ciascuna coscia è caratterizzato dalla corona ducale a cinque punte con base ovale entro cui è presente la scritta PARMA e, sottostante, la sigla che identifica una delle 131 aziende produttrici dei circa 7,5 milioni di prosciutti prodotti ogni anno. Curiosamente la presenza di acqua nel ‘Parma’, a stagionatura completata, è abbastanza elevata: il 50,3% del peso totale, ma in altri prosciutti arriva anche al 60%.
PROSCIUTTO SAN DANIELE: prodotto da 31 aziende all’interno del comune di San Daniele del Friuli in provincia di Udine e al centro della regione. Il tratto distintivo di questo prosciutto dalla forma ‘a chitarra’, quantomeno a livello visivo, lo ‘stinchetto’ che oltre a rappresentare un omaggio alla tradizione, permette di mantenere l’integrità biologica della coscia e agevola il drenaggio dell’umidità. Il marchio presente su ogni prosciutto è formato dalla scritta di forma circolare PROSCIUTTO SAN DANIELE all’interno della quale è presente il numero identificativo del produttore e la forma stilizzata del salume con la sigla ‘SD’. Curiosamente, accanto al celebre prosciutto DOP, è presente un’altra eccellenza gastronomica del territorio: la trota, conosciuta come la ‘Regina di San Daniele’.
PROSCIUTTO VENETO BERICO-EUGANEO: prosciutto crudo prodotto in un’area di 15 comuni compresi tra le province di Padova (4), Vicenza (9) e Verona (2). A stagionatura completata ha un peso compreso di circa 8 kg e la caratteristica forma ‘a pera’ semipressata. Ciascun prosciutto è caratterizzato dalla presenza del simbolo del Consorzio di Tutela – il Leone di San Marco, la scritta VENETO in basso e un numero personalizzato che identifica il produttore – impresso a fuoco sulla cotenna. Nel Padovano viene ancora chiamato ‘prosciutto crudo di Montagnana’. Prende il nome dall’omonimo borgo murato sede del Consorzio e da alcuni prosciuttifici che rendono inevitabile questa errata identificazione, favorita anche dalla denominazione ufficiale così lunga è sempre risultata poco facile da ricordare e altrettanto da utilizzare. Il compromesso che da tempo si sta cercando di promuovere è: Prosciutto Veneto DOP. Curiosamente il prezzo di vendita nelle gastronomie e nei punti vendita della GDO si aggira intorno a €30,00/kg.
CURIOSITÀ: I maiali sono creature abitudinarie e dormono sempre sullo stesso lato, ovvero appoggiati sulle coscia sinistra. Questa pratica fa sì che la coscia destra resti più morbida e che la qualità del risultato finale sia migliore. In ogni caso risulta impossibile saperlo se non macellate a livello domestico perché al momento della lavorazione le parti sono selezionate e divise, diventando impossibili da distinguere. Anche al palato le differenze sensoriali si possono percepire solo se si assaggia in successione una fetta ricavata dalla coscia destra e poi una dalla coscia sinistra.