La possibilità di commercializzare prodotti esteticamente meno perfetti può ridurre la perdita di frutta e verdura di parecchi punti percentuali. Scopriamo come.
Secondo l’esperienza condotta da NaturaSì – il marchio dei negozi biologici – in collaborazione con Legambiente, il recupero dei prodotti imperfetti con il progetto CosìperNatura ha fatto sì che in campo rimanesse solo un 4% circa dei prodotti.
Il progetto CosìperNatura
NaturaSì aveva già lanciato l’anno scorso, insieme a Legambiente, il progetto CosìperNatura destinato ridurre lo spreco di cibo nei campi proponendo un’ortofrutta non standardizzata ma ugualmente buona mettendo a disposizione dei clienti i CosìperNatura, ossia i prodotti imperfetti, più grandi o più piccoli o dalla forma insolita.
Nella fase di prova del progetto, da gennaio a maggio 2020, i prodotti Messi a disposizione nei negozi sono arrivati a 795 tonnellate. L’obiettivo è quello di recuperare 2500-3000 tonnellate di frutta e verdura “imperfetta” in più all’anno.
Lo spreco zero arriva in Parlamento
È, quindi, il momento giusto per fare un passaggio importante nelle consuetudini di consumo e di vendita dell’ortofrutta per eliminare lo spreco di prodotti alimentari sui campi, uno spreco che secondo i calcoli della Fao arriva al 20% dell’ortofrutta.
Su questo tema si è svolta, la settimana scorsa, l’audizione in Commissione Agricoltura della Camera che apre la discussione delle risoluzioni presentate da Susanna Cenni (PD) e Susanna Ciaburro (FdI), concernenti sugli interventi per contrastare lo spreco alimentare con specifico riguardo alla filiera ortofrutticola, alla quale hanno partecipato tra gli altri Fausto Jori, amministratore delegato di NaturaSì; Maria Grazia Mammuccini, presidente di FederBio; Fabio Ciconte di Terra! onlus.
La risoluzione chiede al Governo di impegnarsi per trovare una soluzione al tema dello spreco nei campi permettendo la commercializzazione di frutta e verdura buoni ma di calibro non aderente agli standard o con imperfezioni estetiche, a partire dal mercato del biologico, per sua natura più esposto a essere ‘diverso’ rispetto ai prodotti standardizzati tipici di un approccio industriale all’agricoltura.
Che cosa si è detto
“Abbiamo lanciato già lo scorso anno assieme a Legambiente il progetto CosìperNatura che punta a recuperare prodotti con una forma insolita ma sempre sani e buoni”, ha spiegato l’Ad di NaturaSì in audizione.
“Abbiamo voluto dare un segnale importante per il superamento del concetto di omogeneità anche in tavola. Lo abbiamo fatto soprattutto per offrire un prodotto biologico a prezzi ridotti, per non sprecare alimenti sani che hanno richiesto energia e lavoro nella produzione, per offrire un vantaggio economico agli agricoltori che da questa situazione subiscono una perdita importante. Il nostro ecosistema (fatto di 300 aziende agricole con 10.000 ettari coltivati, 400 trasformatori e 500 negozi) ha reagito positivamente alla proposta, a partire dall’interesse dei consumatori. Auspichiamo un impegno delle istituzioni perché sia permesso all’agricoltura biologica di fruire di questi prodotti esteticamente meno perfetti, intervenendo sul quadro normativo europeo. Nel frattempo chiediamo che sia applicabile la deroga già prevista come facoltà degli stati membri nel regolamento unionale sulla commercializzazione dei prodotti ortofrutticoli, deroga che permetterebbe la vendita al dettaglio al consumatore di prodotti etichettati con la dicitura ‘prodotti destinati alla trasformazione”, ha concluso Jori.
È d’accordo la presidente di FederBio Maria Grazia Mammuccini, che ha ricordato come “soprattutto oggi il settore ortofrutticolo richieda interventi strategici: la riduzione dello spreco nei campi attraverso la possibilità di commercializzare prodotti meno perfetti ma buoni può sembrare marginale, ma è invece un impegno immediato e concreto che va nella direzione della Strategia europea Farm to Fork che individua nella riduzione dello spreco alimentare uno dei cardini della sostenibilità. E per quanto riguarda specificamente i prodotti bio, non sono certo gli aspetti esterni come calibro, colore e forma a fare la sostanza, bensì ad essere centrali sono l’assenza di pesticidi e la capacità dell’agricoltura biologica di rispettare clima, ecosistemi e suolo”.
“Solo il 57% della produzione agrumicola finisce direttamente sullo scaffale, il resto va alla trasformazione”, ha raccontato Fabio Ciconte di Terra! “Ma gli agricoltori vendono al settore della trasformazione a un decimo del prezzo del prodotto commercializzato direttamente. Bisogna cambiare le regole: occorre abolire la regolamentazione europea sul calibro, perché stiamo andando incontro a un periodo in cui i cambiamenti climatici sempre più modificheranno l’aspetto della nostra ortofrutta”.