La trasformazione del sistema alimentare è la leva principale a nostra disposizione per mantenere il riscaldamento globale entro il limite di 1,5°C
Quello dell’agroalimentare è un settore strategico nell’attività di Quantis, uno dei più impattanti sul nostro pianeta. Per supportare le aziende del food nell’affrontare gli impatti di tutta la supply chain, Quantis ha elaborato il report, “Dig in: un panorama di azioni per i business che intendano coltivare un sistema alimentare sostenibile + resiliente”, i cui dati sono stati il punto di partenza della discussione della tavola rotonda “Present and future of the food supply chain: from Fork to Farm to Regeneration”.
Quantis e Regenerative Society Foundation hanno condiviso le prassi virtuose e sostenibili nelle diverse fasi della filiera agroalimentare, interrogandosi sulla rotta che le aziende dovranno tracciare per garantire a tutti dei prodotti sani e sostenibili, sia per le persone che per l’ambiente.
Simone Pedrazzini, Direttore Quantis Italia, ha dichiarato: “La nostra mission è perfettamente in linea con la pubblicazione della nostra ricerca sul settore food: misurare gli impatti, identificare azioni concrete di miglioramento, monitorare i progress” e dare forma ad una comunicazione credibile. Ispirare un cambiamento sostenibile e permettere alle aziende di avere i mezzi necessari a raggiungerlo sono gli obiettivi che, insieme al nostro partner Regenerative Society Foundation, vogliamo trasmettere alle aziende italiane”.
Secondo la ricerca Quantis, il sistema alimentare globale è responsabile di circa il 28% delle emissioni globali di gas serra (che potrebbe arrivare al 35%). L’agricoltura e i componenti utilizzati per la lavorazione del suolo (fertilizzanti, pesticidi e concime) sono le cause principali delle emissioni contribuendo per l’87% circa alle emissioni totali del sistema alimentare (24%).
Quattro azioni verso il Packaging sostenibile
Tra i temi chiave analizzati nel report c’è la sostenibilità del packaging, diventata oggi una priorità, in primis tra i consumatori, che sono sempre più consapevoli delle potenziali conseguenze ambientali legate ai comportamenti d’acquisto quotidiani.
Occorre dunque inserire l’ecodesign nel cuore delle strategie di packaging. Una cultura dell’ecodesign richiede l’abbinamento di ruoli e competenze adatti alle diverse soluzioni.
Serve comprendere le specificità locali per l’ottimizzazione e contribuire a costruire la capacità di gestione dei rifiuti nelle zone in cui le dispersioni sono un problema. Le aziende possono progettare gli imballaggi in modo che siano riciclabili o compostabili, ma la capacità di trattamento dei rifiuti è localizzata, e la modalità di trattamento programmata può essere molto diversa da quella di fine vita effettiva.
Infine occorre educare e coinvolgere i consumatori. E’ importante che le aziende facilitino il corretto smaltimento del packaging da parte dei consumatori: i bassi tassi di riciclo possono infatti essere dovuti semplicemente a una comunicazione poco chiara in merito a quali tipi di imballaggio possono essere riciclati. Etichette chiare e informazione al consumatore approfondita favoriscono una corretta procedura di smaltimento.
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Lotta allo spreco e alle perdite alimentari
Incredibilmente, un terzo di tutto il cibo prodotto ogni anno per il consumo umano viene sprecato o perso tra l’azienda agricola e la tavola, con un risultato pari a quasi 1.000 miliardi di dollari di perdite per l’economia globale.
Oltre alle sostanziali perdite economiche, il cibo sprecato è responsabile di circa un quarto di tutta l’acqua utilizzata ogni anno in agricoltura e la sua coltivazione richiede terreni della dimensione della Cina. Lo spreco e le perdine alimentari generano ogni anno a livello global circa l’8% delle emissioni di gas serra e quasi un quarto delle emissioni agricole, mettendo sotto pressione gli ecosistemi.
Fissare obiettivi, misurare e comprendere gli impatti e gestire i processi attraverso metriche misurabili sono secondo il report i tre passaggi chiave necessari alle aziende per affrontare il problema.
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Strategie di supply-chain e trasparenza verso i consumatori
E’ sempre più necessario il controllo di tutta la supply-chain. Infatti, per la grande maggioranza delle aziende food and beverage, gli impatti ambientali più significativi e i rischi aziendali sono legati ad attività che non si svolgono tra le mura aziendali, ma piuttosto al di fuori del loro controllo diretto, nelle strutture dei fornitori e nei campi dove vengono coltivate le materie prime.
Molti di questi impatti e rischi sono legati a pratiche di gestione non sostenibili che incidono sulla salute e l’uso del suolo e sulla scarsità idrica.
È quindi fondamentale che le imprese scavino in profondità nelle loro supply-chain con gli operatori sul campo per implementare soluzioni. Attenzione al trattamento del suolo, strategie climatiche corrette e un occhio particolare alla questione “acqua” sono alcuni degli imperativi che le aziende non possono perdere di vista per evitare impatti negativi e sprechi. Infatti, basti pensare che l’80% degli sprechi e delle perdite alimentari si verifica durante tre fasi della catena del valore: produzione agricola, gestione post-raccolta e consumo.
Infine, la comunicazione, fondamentale come passaggio finale di tutto il percorso: oggi sappiamo che il pubblico vuole trasparenza sulle attività delle aziende per la salvaguardia dell’ambiente, pretende la verità su ciò che è stato fatto, su ciò che è in corso e sulle nuove soluzioni che le aziende stanno valutando per affrontare i principali problemi del nostro tempo.