Porca miseria, quanto è buona la porchetta!

Se dovessi stilare una classifica dei miei cibi preferiti, nell’ipoteca sezione Cibo di Strada (e non solo), al primo posto metterei senza dubbio la porchetta. Non uno dei tanti prodotti più o meno artigianali che si trovano un po’ ovunque in giro per il nostro Paese, ma solo la Porchetta di Ariccia, quella che nel 2011 ha ottenuto l’Indicazione Geografica Protetta.

Anche all’estero la porchetta ha iniziato a essere conosciuta e richiesta, soprattutto nelle grandi città del Nord America come New York, Los Angeles e Toronto dove accanto alla produzione locale da parte di alcuni ristoranti e gastronomie specializzate in prodotti italiani, è possibile trovare anche l’autentica Porchetta di Ariccia, ovviamente – ed è giusto così perché l’originalità e qualità si pagano – a prezzi elevati. 

Porchetta: origini e storia

L’origine della porchetta è, ancora oggi, incerta. Gli abitanti di Ariccia, comune a circa 30 chilometri a sud-est di Roma situato sui Castelli Romani, rivendicano da sempre la paternità della ricetta. Per contro, in Umbria sostengono che sia nata a Norcia (PG), famosa sin dai tempi dei Romani per l’allevamento del maiale, da cui nacque il sostantivo ‘norcino’, colui che macella il maiale e si occupa della lavorazione delle carni suine.  

La porchetta di Ariccia è ottenuta da un maiale intero con un peso compreso tra i 60 e 90 chilogrammi che, una volta cotto, d dimezzarsi. Si preferiscono gli esemplari femmina per via della carne più magra e saporita rispetto a quella dei suini maschi. Essenziali per la riuscita di un ottimo prodotto sono la scelta delle carni – provenienti solo da esemplari di razza Landrace, Large White e Pietrain – e la lavorazione. Si inizia con la disossatura che avviene dall’interno della carcassa del suino per poi procedere con la salatura tramite sale marino, quindi la speziatura con aromi freschi – aglio, rosmarino, pepe nero – e all’importante fase della legatura, che serve a mantenere compatte le carni e non farle sfilacciare durante la fase del taglio durante la vendita sui banchi essendo il prodotto cavo al suo interno. Infine il processo di cottura. La tradizione imporrebbe che la porchetta venisse cotta in un forno a legna, ma in realtà con le rigide norme igieniche questa tipologia di cottura è stata sostituita dai forni in acciaio perché molto più semplici e veloci da pulire. Non appena sfornata, si passa alla fase di raffreddamento che avviene in modo molto lento a temperatura controllata. Una volta pronta si presenta come un grosso cilindro coperto da una cotenna croccante e succosa di un bel marrone ambrato, mentre al suo interno la carne assume un colore variabile tra il rosa pallido e il marrone molto chiaro con un leggero gusto dovuto agli aromi, soprattutto rosmarino e pepe.  

Come conservare la porchetta

Detto subito che per gustarla al meglio andrebbe consumata appena tagliata, il metodo migliore di conservazione consiste nel riporla in frigorifero per un paio di giorni al massimo avvolgendola nella tipica carta paglia per uso alimentare.

Come si mangia la porchetta

Sottoforma di panino imbottito – solo pane e porchetta – ancora meglio se la carne viene fatta appena intiepidire per esaltarne il sapore e renderla più morbida. In alternativa può essere arricchito con 2-3 fette di patata bollita e altrettante di scamorza. Nient’altro. Il panino perfetto? Il ‘lusso della semplicità’? Qualche pezzo di Porchetta di Ariccia tra due fette di Pane Casareccio di Genzano IGP! A casa o al ristorante il modo migliore è gustarla tiepida a straccetti iniziando dalla crosta accompagnandola con un contorno di patate al forno profumate al rosmarino o della lattuga romana in insalata.

CURIOSITÀ

  • Il costo di una Porchetta di Ariccia IGP intera si aggira sui 650-700 euro.
  • Alle elezioni amministrative del 2012 fu presentato il PdP, il Partito della Porchetta. Un esperimento politico decisamente fallimentare, ma che lasciò il segno nella storia dei simboli e dei partiti più strani che nel corso degli anni si sono avvicendati tra le cento e più campagne elettorali. Curioso anche il motto coniato: “Qui è tutto un magna magna”.

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