Il Pomodoro Cannellino flegreo, ecotipo locale, impegna sempre più campi dell’area flegrea, punta alla Denominazione di Origine Protetta (DOP) e promuove il territorio. Scopriamone insieme l’evento dedicato alla sua riscoperta e le tecniche per la sua preservazione.
Il Parco Archeologico di Cuma ha ospitato un tour dedicato al Pomodoro Cannellino Flegreo, l’ecotipo locale che rischiava di andar perduto e invece negli ultimi anni è tornato a impegnare gli orti flegrei. L’evento, promosso dall’azienda Cumadoro del gruppo Tammaro ha visto la partecipazione di giornalisti locali e nazionali, esperti del settore e addetti ai lavori, tutti sulle tracce del Pomodoro Cannellino Flegreo lungo un percorso tra archeologia, agricoltura e promozione del territorio a cui si sono uniti anche i rappresentanti delle istituzioni locali e regionali. Guida d’eccezione Fabio Pagano, direttore del Parco Archeologico dei Campi Flegrei.
«Il coinvolgimento anche degli enti territoriali è infatti sostanziale” sostiene Giovanni Tammaro dell’azienda a Cumadoro – organizzatore dell’evento e oggi anche Presidente Confagricoltura Napoli, nonché membro della Associazione Pomodoro Cannellino Flegreo che, dal 2018, riunisce diversi produttori dell’eccellenza rossa flegrea. «Stiamo lavorando a un percorso» – ha precisato Tammaro – «che sta prendendo forma grazie alla messa a punto di un Comitato promotore per il riconoscimento della DOP Denominazione di Origine Protetta -che metta insieme produttori e trasformatori, ma vuole coinvolgere anche i comuni quali Bacoli, Pozzuoli, Monte di Procida e Quarto e l’area flegrea del comune di Giugliano in Campania che ospitano le aree di produzione».
La rinascita del Pomodoro Cannellino Flegreo
Dal 2018 a oggi, l’area di produzione del Pomodoro Cannellino Flegreo è passata da 10 a quasi 40 ettari anche grazie all’ampliamento dei terreni coltivabili con precise azioni di riqualificazione e rigenerazione urbana, previste nell’ambito del Progetto Monterusciello Agro City (MAC), finanziato dall’Unione Europea, e attivate dal Comune di Pozzuoli che ha puntato al recupero di aree urbane abbandonate che dal 2020 sono state messe a coltura con il coordinamento di Stefano Grasso.
La coltivazione e gli usi
Questo pomodoro si è adattato al pedoclima flegreo caratterizzato da terreni vulcanici e sabbiosi accarezzati da brezza marina tanto che è annoverato dalla Regione Campania tra i prodotti tradizionali. Il seme, che non è un ibrido, ma è custodito dall’azienda vivaistica Cumadoro del gruppo Tammaro viene tramandato da generazione in generazione attraverso un attento processo di selezione dei pomodori migliori per recuperarne i semi che, essiccati al sole e conservati in luoghi asciutti e ventilati, vengono poi reidratati per la semina che inizia a fine febbraio. La coltivazione, rigorosamente manuale, si
avvale del tradizionale supporto di canne, da cui il nome Cannellino, e spago in juta o canapa. Il raccolto va da metà luglio a fine agosto.
La distribuzione del prodotto è principalmente in forma ioni di degustazione di conserve, a cui il Pomodoro Cannellino Flegreo ben si presta. Una delle sue caratteristiche è la sua versatilità, è possibile gustarlo in diversi cibi: dalla pizza ai dolci passando per primi piatti e zuppe, come è avvenuto nell’evento presso il Parco Archeologico di Cuma.
Le fasi della conservazione
Nella fase 1 i pomodori sodi e maturi vengono schiacciati e i semi con il liquido di vegetazione vengono raccolti in un recipiente dove restano a riposare per circa 5 giorni. Al termine si separa il liquido dai semi in modo da farli essiccare al sole per altri 10 giorni. Una volta disidratati vengono avvolti in canovacci di cotone, in attesa della semina.
Nella fase 2 i semi vengono posti in acqua, fino a 2 giorni, per essere reidratati. Successivamente si lasciano al sole e all’aria controllando che restino umidi per permettere la fuoriuscita della prima radice.
Nella fase 3 – 4 – 5 segue la semina nel semenzaio per favorire la germinazione; allo stesso tempo si prepara il terreno per poter ospitare le piantine in fila a 40 cm l’una dall’altra.
Nella fase 6 c’è la crescita delle piantine e la disposizione dei supporti per sostenerle. Solitamente vengono utilizzati piccoli pali di castagno collegate tra loro da spago in canapa o juta
Nella fase 7 è necessario tenere sotto controllo le piante che potrebbero essere minacciate, da malattie fungine come la peronospora e alternaria o anche da agenti patogeni. Importante, in questo caso, l’uso di trattamenti preventivi e la rotazione delle colture.
Nella fase 8 c’è il raccolto, generalmente dalla prima metà di Luglio, fino a Settembre