Torniamo tra le corsie del supermercato con il nostro tecnologo alimentare e in questo articolo andremo a scoprire la pizza surgelata. Un prodotto che troviamo spesso nei congelatori dei supermercati e che è rifugio per cene last minute di molti universitari (e non solo) svogliati.
Gli albori della pizza….surgelata
Siamo nell’America degli anni 50’ un’epoca in cui vigeva la praticità d’uso degli alimenti e l’americano medio non dedicava così tanto tempo alla preparazione dei pasti. Un italo-americano tale Joseph Settinieri che insieme a suo fratello era già nel mercato del surgelato decide di proporre questo alimento in versione frozen. La loro intuizione non fu solo di prodotto ma anche di marketing. Infatti capirono anche il potenziale che le TV (possedute solo da circa il 4% della popolazione) e della pubblicità sul loro prodotto. E questa fu l’idea che diede la svolta a tutto perché nel giro di pochi anni si arrivo a vendite di 7 milioni di pizze surgelate in tutti gli Stati Uniti d’America.
Passano gli anni e il boom economico rende più fruibile il mezzo TV alla popolazione americana che vede aumentare i possessori di TV dal 4% al 50% e di pari passo crescerà il successo del prodotto. In Italia il prodotto arriva 10 anni dopo all’ombra ovviamente della pizza Napoletana e della pizza Romana. Secondo la IIAS (Istituto Italiano Alimenti Surgelati) il consumo medio in Italia si aggira sui 240 milioni di pezzi per un valore economico di 254 milioni di Euro. Niente male insomma come business no?
Processo produttivo
Accettazione materie prime: è uno step fondamentale all’interno dell’industria perché la scelta e il conseguente controllo dei parametri sulle materie prime scelte assicura standardizzazione del processo e mantenimento qualitativo del prodotto.
Miscelazione ingredienti ed impastamento: come ogni pizza che si rispetti anche per le pizze surgelate si segue l’iter della pizza che tutti noi conosciamo con delle variazioni sull’ingredientistica che dopo andremo a sviscerare proprio alla luce del fatto che questo prodotto va surgelato e conservato nel tempo. Si procede cosi alla miscelazione di tutti gli ingredienti e all’impastamento che ha lo scopo di idratare la farina, favorire la formazione della maglia glutinica, dare forma e corpo all’impasto per le successive fasi di lavorazione.
Lievitazione: l’impasto viene messo in massa a lievitare a temperature ed umidità controllate. Ogni azienda ha il suo processo. Chi fa lievitazioni più brevi in camere a temperature più elevate cosi da avere un impasto pronto in poche ore, chi invece utilizza il claim sulle confezioni delle lunghe lievitazioni ricorre molto spesso all’ausilio di camere frigorifere, in cui l’impasto viene stoccato e lasciato lievitare per un numero di ore maggiore. Le temperature basse aiutano a controllare meglio la lievitazione e far giungere l’impasto a condizioni ottimali dopo le ore di lievitazione stabilite.
Formatura dei dischi di impasto: qui una curiosità sul processo produttivo. Non tutte le aziende lavorano in maniera uguale. Infatti in base al processo, alle tecnologie a disposizione e al prodotto che si vuole realizzare le strade possono essere due:
- L’impasto viene dapprima porzionato tramite macchine spezzatrici che suddividono quindi l’impasto in panetti. Successivamente il panetto viene pirlato, ossia arrotondato così da raggiungere una forma ben definita. Successivamente quest’ultimo viene schiacciato da apposite presse che conferiscono al panetto la tipica forma a disco.
- Altro metodo di lavorazione è quello di stendere la pasta attraverso rulli contro-rotanti al fine di ottenere una banda di pasta larga e sottile e successivamente tramite degli stampi rotativi vengono realizzati i dischi di impasto. Il rifilo di impasto in eccesso viene recuperato tramite dei nastri trasportatori e quest’ultimo viene recuperato in percentuale negli impasti successivi come pasta di riporto.
Nel formare questi dischi molte volte (come si può notare anche in molti prodotti presenti in commercio) vengono fatti dei fori nella parte centrale del disco. Questi buchi sono molto utili nel momento in cui si cuoce prima la base e successivamente si condisce, perché in forno a temperature molto elevate l’impasto potrebbe gonfiarsi e bruciare superficialmente. I buchetti applicati in superfice fungono da “sfiato” dell’impasto e quindi aiutano il prodotto a non incorrere in questo inconveniente.
Farcitura del prodotto: anche per questa fase le modalità possono essere due, dipende da come è stato concepito il prodotto finito e dal metodo di lavorazione sulla linea.
- Siamo nel caso in cui si cuoce dapprima la base e successivamente si vanno ad aggiungere i topping
- Il disco di pasta viene condito e successivamente fa la sua fase di precottura in forno.
Cottura del prodotto: Il prodotto viene cotto in forni a tunnel in continuo. Ossia tramite nastri trasportatori i dischi di pasta (conditi o non) attraversano un tunnel riscaldato e in base alla velocità della rete metallica o del nastro fatto con mattone refrattario, sosterà il tempo necessario per ottenere una pre-cottura del prodotto. Ovviamente le temperature e i tempi possono variare molto in funzione del prodotto che l’azienda ha in mente di ottenere. C’è chi fa una rapida pre-cottura. Utile a iniziare a cuocere ma a non innescare la reazione di Maillard. Quindi avremo un impasto che si presenta più tosto “pallido” e che poi il cliente finale andrà a cuocere nel forno domestico. Altra tipologia di cottura può essere utilizzare temperature alte (380°-430°C) per poco tempo. Con queste temperature si avrà sicuramente una colorazione più spinta del prodotto con un impasto che si presenterà sicuramente più ambrato.
Abbattimento: il prodotto viene avviato direttamente a torri di abbattimento dove il prodotto sosta per un certo periodo a temperature ben sotto gli 0°C fino a completa solidificazione (circa -10°C /-15°C). Questo procedimento sarà propedeutico alla conservazione ed agevolerà anche le operazioni di confezionamento.
Confezionamento: il confezionamento può avvenire in diversi modi. Può esserci un solo film plastico termosaldato che avvolge tutta la superfice della pizza oppure in combinata può esserci film plastico più cartoncino esterno che fungerà anche da superfice su cui apporre foto e immagini per il marketing.
Ingredienti della pizza surgelata
Osserviamo ora insieme alcune etichette di marchi che commercializzano questa tipologia di prodotto. Senza andare su pizze con topping particolari focalizziamoci sulla classica margherita per vedere quali ingredienti possono essere utilizzati e a che scopo.
Etichetta 1
Farina di frumento, Mozzarella (25%) (latte ,sale ,caglio ,fermenti lattici), passata di pomodoro (20%), acqua, olio di semi di girasole, sale , olio di oliva extravergine (0,4%), lievito, zucchero, estratto di malto d’orzo, farina di malto di frumento, origano.
Etichetta 2
Farina di frumento, polpa di pomodoro (19,8%) mozzarella (18,6%) (latte ,sale ,caglio ,fermenti lattici), acqua, olio di semi di girasole, sale , olio di oliva, amido di mais, lievito, origano.
Etichetta 3
Farina di frumento, mozzarella (25%) (latte ,sale ,caglio ,fermenti lattici), Pomodoro( 22%) acqua, pasta acida ( acqua, farina di frumento, farina di segale, fermenti)olio di oliva extravergine, sale , lievito di birra, zucchero, olio di colza, origano , basilico, destrosio, farina d’orzo maltizzato, stabilizzante: gomma di guar , sciroppo di glucosio , proteine del latte, glutine di frumento, amido di frumento.
Tab.1 Tabella riassuntiva valori nutrizionali dei 3 esempi
In tabella 1 possiamo vedere 3 prodotti in commercio messi a paragone con i valori nutrizionali di una pizza napoletana margherita STG (dati CREA) per avere un punto di riferimento da cui poter partire. Come possiamo osservare i valori nutrizionali delle 3 pizze surgelate sono abbastanza similari. Andiamo però a vedere gli ingredienti delle 3 marche surgelate rispetto alla classica pizza napoletana che notoriamente è fatta di farina, acqua, lievito, sale. In tutte e 3 le pizze surgelate vi è presenza di malto sottoforma di estratto o farina. Questo ingrediente funge da riserva di zucchero per i lieviti e viene usato in queste preparazioni perché in cottura tende a conferire all’impasto un colore brunastro/ambrato che rende alla vista il prodotto molto più appetibile. Altra cosa che si può notare è l’utilizzo di grassi all’interno degli impasti (in etichetta 1-2 olio di semi di girasole in etichetta 3 olio extravergine di oliva) il grasso in queste preparazioni, aggiunto nell’impasto da sofficità al prodotto e quindi rende il prodotto una volta terminato di cuocere più soffice rispetto ad un prodotto in cui non vi è aggiunto.
Quello che volevo farvi notare e ne è esempio etichetta 3 che si può far uso in questa tipologia di prodotto quindi il surgelato di alcuni ingredienti come ad esempio il destrosio per le sue proprietà “anticongelanti” che aiuta il prodotto una volta scongelato a mantenere la sua sofficità ed elasticità.
Altra voce che potrebbe sembrare strana ma che invece è comune all’interno dell’industria alimentare può essere la gomma di guar. È un prodotto che si estrae dai semi del guar (una pianta di origine Indiana) con proprietà addensanti. Probabilmente nella preparazione di etichetta 3 è usata per addensare il pomodoro usato nel condimento.
Occhio a portafoglio
Andando a guardare i valori medi di costo di una pizza surgelata possiamo vedere (partendo sempre dalla classica margherita che i prodotti ad oggi in commercio viaggiano su una forbice di prezzo che va dai 6€ ai 9/10€ al Kg che si traduce in un prezzo al pezzo che va dai 2€ ai 4/5€ circa. Prezzi abbastanza bassi direi, ma stiamo parlando comunque di un prodotto surgelato di grande distribuzione che almeno per noi italiani rimane (per fortuna) un ripiego rispetto al prodotto fresco che possiamo gustare nelle migliaia di pizzerie distribuite lungo tutto lo Stivale.
Detto ciò rispetto ad una pizza classica da pizzeria il surgelato come abbiamo potuto vedere dall’etichetta ha un contenuto di zuccheri aggiunti e anche di altri ingredienti il che la rendono sicuramente meno valida rispetto ad una pizza tradizionale da pizzeria. Occhio sempre alle etichette e se compare al posto di mozzarella prodotti quali formaggio a pasta filata o similari sappiate che siamo difronte a un prodotto di bassa qualità che non vale la pena acquistare.
Tenendo conto che una pizza condita mediamente è del peso di 300/330g una pizza mediamente apporta dalle 600 Kcal in su con gran prevalenza di carboidrati e poche proteine. Quindi comunque è un alimento che può essere consumato come sostituto in un pasto ma non tutti i giorni possiamo far ricorso per una cena svogliata o un pranzo al volo anche dell’alternativa surgelata ma vi lascio con una riflessione. Conviene spendere 3,50€ circa per una pizza surgelata quando invece mediamente con 5/6€ riusciamo a mangiare una pizza fatta in pizzeria?