«Più dolce di qualsiasi cosa dolce». Questo è il Parrozzo, così definito dal Vate che amava particolarmente questa creazione pasticcera che abbiamo deciso di raccontarvi. E per chi non lo sapesse anche il Parrozzo ha la sua giornata mondiale che si celebra il 1 marzo.
Lo scrittore rimase così affascinato dalla creazione del pasticciere abruzzese da dedicargli – tra i vari scritti – un componimento poetico. Circa 100 anni fa, negli anni Venti del ‘900, a Pescara il pasticciere Luigi D’amico sforna il suo primo Parrozzo al profumo di mandorle e cioccolato. Un dolce, caratteristico della tavola natalizia abruzzese, che è ormai diventato il simbolo della tradizione dolciaria della regione da assaggiare tutto l’anno.
Come nasce il Parrozzo?
Il nome trae origine da un pane contadino, il Pane Rozzo (poi Pan Rozzo), una pagnotta dalla forma semisferica. D’Amico, infatti, si era ispirato proprio alla tradizione contadina abruzzese del pane rustico con farina di mais – diversamente da quello preparato con la farina di grano duro, che era prerogativa dei signori – cotto nel forno a legna, che i pastori abruzzesi preparavano e conservavano per diversi giorni.
Nel Parrozzo di D’Amico il colore giallo del granturco e la granulosità della farina è dato dalle uova mescolate con la farina di mandorle, mentre la glassa al cioccolato fondente sta a richiamare la crosta abbrustolita caratteristica della particolare tipologia di cottura.
L’incontro tra D’Annunzio e il Parrozzo
Nel 1926 il pasticciere dell’omonima pasticceria, D’Amico, inviò il dolce in omaggio al Vate, accompagnandolo con un messaggio : “Illustre Maestro questo Parrozzo – il Pan Rozzo d’Abruzzo – vi viene da me offerto con un piccolo nome legato alla vostra e mia giovinezza … ho voluto unire queste due offerte – il ricordo e … il dolce – perché conosco il valore di certi ricordi per l’anima vostra”.
Il poeta ne fu così piacevolmente colpito che ne scrisse un madrigale in dialetto, La Canzone del Parrozzo:
E’ tante bbone ‘stu parrozze nóve
Che pare na pazzíe de San Ciatté
Chìavesse messe a ‘su gran forne tè
La terre lòavurate da lu bbove,
la terra grasse e luistre che se cóce,
chiù tonne de ‘na provole, a ‘su foche
gientile, e che duvente a poche a poche
chiù doce de qualunquea cosa ddóce.
Benedette D’Amiche e San Ciutté! […]
[E’ tanto buono questo parrozzo nuovo
che sembra una pazzia di San Cetteo [Patrono di Pescara]
che abbia messo in questo tuo gran forno
la terra lavorata dal bue
la terra grassa e lucente che si cuoce
più tonda di una provola su questo fuoco
gentile, e che diventa a poco a poco
Più dolce di qualunque cosa dolce.
Siano benedetti D’Amico e San Cetteo!]
La storica pasticceria che da oltre un secolo sforna il Parrozzo
Grazie a D’Annunzio la fama della neonata creazione crebbe notevolmente e poco dopo, nel luglio del 1927, in Piazza Garibaldi, venne inaugurato “il Ritrovo del Parrozzo”, storica pasticceria, sala da tè e caffè della città di Pescara, che divenne da subito ritrovo di artisti e letterati del momento.
Luigi D’Amico, così la descrive, in una lettera a D’Annunzio: “[…] L’arredo è di gusto squisitamente ed essenzialmente nostro: abruzzesi i mobili nella sagoma e nello stile; abruzzesi i pannelli decorativi della prima sala dovuti a Tommaso Cascella, artefice illustre; abruzzesi le ceramiche incastonate negli armadietti; abruzzesi le stoffe pesanti che vestono lo zoccolo della prima sala; abruzzesi i piccoli e policromi tappeti che coprono i tavolini bassi ed eleganti…”.
Di lì a poco il poeta dedicò al dolce oggetto del Ritrovo un nuovo scritto, che ancora oggi è possibile trovare sulla sua confezione.
Preparato tradizionalmente in occasione delle sole feste natalizie, con la sua semplicità e la sua fragrante squisitezza il Parrozzo – così come i parrozzini, piccole monoporzioni da accompagnare a un buon caffè o una tisana o degustare on the road – ha conquistato grandi e piccini e, grazie al successo ottenuto, delizia i nostri palati ormai durante tutto l’anno.
Il Parrozzo ha ottenuto anche il riconoscimento «Prodotto Alimentare Tradizionale della Regione Abruzzo», nella tipologia “Paste fresche e prodotti della panetteria, della biscotteria, della pasticceria, e della confetteria”.
Questo dolce – poetico in tutti i sensi – è stato ed è un simbolo di festeggiamenti in famiglia ma anche fonte di gioia nei momenti solitari, avendo il potere di rimanere impresso nell’anima di chi lo assaggia, come disse anche il grande De Filippo a D’Amico: “ricorda che il Parrozzo aggiunge un filo alla trama della vita”.
Ricetta del Parrozzo
Se qualcuno di voi non riuscisse a resistere alla tentazione di assaggiarlo e non potesse partire imminentemente alla volta dell’Abruzzo, potrà cimentarsi nella preparazione casalinga di questo dolce seguendo la ricetta riportata di seguito:
Ingredienti
Farina di mandorle armelline: 40 g
Farina di mandorle dolci: 60 g
Zucchero: 60 g
Uova: 200 g (circa 4 medie)
Burro: 80 g
Farina 00: 60 g
Fecola di patate: 60 g
Cioccolato fondente 200g (per la copertura)
Preparazione
Separate i tuorli dagli albumi e metteteli in due ciotole diverse.
Iniziate a montare i tuorli con lo zucchero fino a ottenere un composto spumoso e chiaro. A questo punto unite la farina di mandorle, la farina setacciata, la fecola setacciata, lo zucchero e il burro fuso intiepidito. Montate gli albumi a neve e poi incorporateli delicatamente al composto mescolando dall’alto al basso.
Imburrate e infarinate uno stampo a cupola e cuocete in forno caldo a 160° per 40-45 minuti. Il dolce sarà cotto quando, inserendo uno stecchino al centro, questo risulterà asciutto. Sfornate il parrozzo, lasciatelo intiepidire per 10 minuti e poi, con delicatezza, capovolgetelo su una griglia da forno e fatelo raffreddare.
Preparate la glassa: in un tegamino posto a bagnomaria lasciate fondere il cioccolato, quindi spalmate il composto sulla superficie del dolce e lasciate raffreddare.