Il 96% degli italiani chiede che il packaging da asporto sia sostenibile e facile da riciclare.
È quanto rivela la ricerca, commissionata da Pro Carton, associazione europea che riunisce i produttori di cartone e cartoncino, condotta su un campione di 1005 intervistati. Di questo 96%, il 54% è disposto a pagare un prezzo maggiore purché sia riciclabile.
Quali sono le funzioni del packaging?
La funzione fondamentale del packaging alimentare è senza dubbio quella di contenere gli alimenti e quindi deve tener conto delle dimensioni del prodotto, della sua consistenza e di eventuali interazioni tra cibo e materiale usato per la realizzazione del packaging.
Un buon packaging alimentare deve inoltre proteggere gli alimenti durante il trasporto, impedendo il loro danneggiamento. Le confezioni devono, dunque, essere sufficientemente resistenti a eventuali urti e devono riportare le informazioni utili ai consumatori come ingredienti, data di scadenza, ecc.
Cosa emerge dalla ricerca
La buona volontà degli italiani è confermata dal fatto che il 56% degli intervistati pulisce e ricicla l’imballaggio d’asporto se possibile. Per il 10% invece è un vero tormento, la cosa che più odiano fare, mentre il 34% non lo ricicla o la fa raramente.
Tra le motivazioni che portano a buttare il packaging usato per l’asporto, e riciclabile, nell’indifferenziata figurano: troppo complicato da ripulire (55%), ingombro elevato (18%), il non sapere cosa può essere riciclato e cosa invece no (17%), mentre il 12% ammette che l’obiettivo dell’asporto è proprio quello di risparmiare tempo nel ripulire e l’11% che comporta troppo trambusto dover pulire i contenitori.
La ricerca ha inoltre rivelato che la città in cui si ordina più cibo d’asporto è Reggio Calabria (con una media di circa 5,5 volte al mese), seguita da Cagliari (5,1 volte/mese) e Catania (4,8 volte/mese). Fanalini di coda nell’asporto risultano, invece, Livorno (1,3 volte/mese), Trieste (2,2 volte/mese), Torino (2,5 volte/mese) e Milano (2,7 volte/mese).
La fascia d’età più interessata al takeaway è quella tra i 35 e i 44 anni (4,5 volte al mese), seguita da quella 22-28 e 29-34, con una media di 4,3 volte al mese. A consumarne meno sono invece gli over 65 con una media di 2,2 volte al mese.
Nonostante non ci sia una grande differenza tra uomini e donne, i primi ordinano di più: 3,7 volte al mese contro le 3,3 volte delle donne. “La domanda di cibo d’asporto è aumentata nel 2020 a causa dei diversi lockdown nazionali – osserva Tony Hitchin, direttore generale di Pro Carton – questa ricerca fornisce uno spunto di riflessione per i brand che mirano a ridurre l’impatto ambientale, che dipende in parte dalla scelta del packaging per confezionare i loro cibi. Gli italiani si mostrano volenterosi ma spesso confusi su cosa e come differenziare l’imballaggio d’asporto. Oggi sempre più contenitori per il takeaway sono in cartone, dai bicchieri alle coppette del gelato, ai contenitori per insalate o panini, e dunque facilmente riciclabili se puliti dai residui di cibo”.
Maggiore attenzione alle pratiche per un’economia circolare
Il dibattito sulla sostenibilità del packaging tende a polarizzarsi sulle tematiche di impatto ambientale. Lo dimostrano le preferenze dei consumatori che valutano la sostenibilità delle aziende sulla base dell’adozione d’imballaggi “eco-sostenibili” o riusabili, di materiali riciclati, così come sulla base di scelte di riduzione dei materiali impiegati nelle confezioni.
Inoltre, sebbene l’emergenza sanitaria abbia portato ad un momentaneo cambiamento di percezione dei consumatori, che considerano come più sicuri i prodotti confezionati, l’intenzione di privilegiare prodotti più “green” continua comunque a crescere.
Per favorire la transizione ad un’economia circolare la filiera agri-food è chiamata, quindi, a ripensare agli imballaggi e al relativo ciclo di vita. Un packaging alimentare capace di adattarsi ai principi di un’economia circolare è un imballaggio che, da un lato, è progettato per ridurre le esternalità ambientali e per essere reimpiegato in nuovi cicli di vita una volta che supera la fase di consumo; dall’altro, è in grado di garantire la corretta conservazione e gestione del prodotto alimentare prevenendo la generazione di sprechi.