Jean-Claude Beton, figlio dell’inventore Lèon, nel 2009 – un po’ per orgoglio, un po’ per un malcelato tentativo di marketing – definì l’Orangina come lo champagne dei soft drink. E in effetti, ne aveva ben donde.
In Francia Orangina (pronunciato oran-shinà) è un nome iconico e rappresenta la bibita nazional-popolare per eccellenza, un po’ come per noi il chinotto. È, per certi aspetti, unica nel suo genere: combina il piacere di una bevanda leggermente frizzante al particolare gusto conferito da una miscela di agrumi e polpa di arancia. Oggi è commercializzata in più di 50 paesi del mondo (quasi tutti gli stati francofoni dell’Africa, oltre a Nord America, gran parte dell’Europa e alcuni paesi dell’Estremo Oriente) con più di 200 milioni di litri venduti ogni anno.
La storia di Orangina
La storia di Orangina parte da molto lontano ed è abbastanza controversa, nel senso che esistono più versioni che raccontano la nascita di questa bibita. La più realistica narra che fu inventata nel 1933 in Spagna, a Valencia, nel laboratorio farmaceutico del Dottor Augustin Trigo Mirallés. Per il nome scelse Naranjina derivato dalla parola spagnola ‘naranja’, corrispondente alla parola ‘arancia’ in italiano.
Nel 1935, in occasione della Fiera di Marsiglia, Léon Beton, originario di Boufarik in Algeria – proprietario di un aranceto in Mitidja e commerciante di oli essenziali di geranio e lavanda – fu incuriosito da una pozione – Naranjina, appunto – a base di concentrato di arancia presentata in una bottiglietta panciuta, provvista di una particolare fiala con funzione di tappo contenente olio essenziale. Versando una piccola quantità di concentrato e qualche goccia di olio in un bicchiere di acqua zuccherata si otteneva una bevanda gradevole e rinfrescante.
Beton decise allora di acquistare la formula per diversificare l’utilizzo delle sue arance sempre più in concorrenza con la produzione spagnola nei locali mercati metropolitani. In accordo con il farmacista spagnolo, modificò la preparazione aggiungendo acqua frizzante e altri oli essenziali. Infine, modificò il nome in Orangina. Due anni dopo – nel 1937 – la pozione venne presentata alla Fiera di Algeri e, sebbene concepita più come medicinale, incontrò comunque un certo gradimento.
Lo sviluppo e la diffusione di Orangina iniziarono in maniera significativa solo verso i primi anni ‘50 grazie al figlio di Beton, Jean Claude. Questi nel 1947, subito dopo la fine della seconda guerra mondiale, rilevò l’azienda dal padre. Siglò quindi una collaborazione commerciale con il Dottor Trigo e, quattro anni più tardi, fondò Narajina North Africa. Il successo vero e proprio iniziò solo nel 1953 grazie all’idea di Jean Claude di associare Orangina alle giornate soleggiate e al concetto di tempo libero tramite una innovativa quanto efficace campagna pubblicitaria. Si affidò allora a Bernard Villemot, celebrato grafico pubblicitario che, all’epoca, realizzava manifesti pubblicitari per Air France e Perrier. Il rapporto con Villemont durò per più di trent’anni con un totale di diciassette manifesti realizzati, tra questi anche il celebre poster raffigurante un ombrellone costituito da una scorza d’arancia e un tavolo sopra il quale facevano bella mostra una bottiglia di Orangina e un bicchiere. La produzione continuò in Algeria fino al 1967 per poi trasferirsi in Francia a Marsiglia da dove – per coincidenza – tutto ebbe inizio.
Orangina, questione di gusto
Come detto, la caratteristica peculiare di Orangina è racchiusa nel gusto, ottenuto da una combinazione di polpa, puro succo concentrato di arancia e altri agrumi con una leggera nota frizzante, senza coloranti e conservanti artificiali aggiunti (la conservazione avviene tramite pastorizzazione). Contiene non meno del 12% di succo di agrumi: il 10% di arancia, mentre il restante 2% è costituito da succo di limone, di pompelmo e di mandarino, il tutto completato dall’aggiunta di vera polpa d’arancia nella misura del 2%. La particolare bottiglia panciuta e la godronatura che ricorda la buccia di un’arancia – inventata nel 1951 dallo stesso Jean-Claude Beton – sono diventati nel tempo un’icona dell’industria alimentare e dello stile di vita mediterraneo a livello internazionale. In più, prima di essere consumata, Orangina necessita di un gesto diventato un rito a livello mondiale: occorre infatti agitare leggermente la bottiglia prima di stapparla, per distribuire uniformemente la polpa e assaporare in questo modo una bevanda unica, all’insegna della genuinità. Proprio come recitava una vecchia pubblicità: Orangina, secouez-moi, secouez-moi! (Orangina, scuotimi, scuotimi!) recentemente sostituite con slogan più internazionali: It’s better when it’s shaken (È più buona quando viene agitata) e Shake the pulp! (Scuoti la polpa!).
Considerato che da qualche anno non viene più importata in Italia, l’unico modo per assaggiarla – almeno per me – è nella bella stagione, quando riesco a concedermi un fine settimana in Costa Azzurra. È la mia bevanda “da meditazione” preferita. La bevo fresca di frigorifero – mai ghiacciata – nel suo bel bicchiere panciuto con la scritta in rilievo ORANGINA seduto in uno dei tanti bar sul lungomare di Nizza. Gustata in questo modo e ammirando il panorama rivierasco tipicamente estivo, sembra ancora più buona.