Si dice che fritto è tutto più buono. E non c’è un periodo speciale per farlo, anche se le feste impongono il fritto dall’antipasto al dolce nelle varie versioni dei menu regionali. Ma quali sono gli oli migliori per la frittura? Quelli più usati e che si trovano in commercio? Scopriamolo insieme.
In ogni parte del mondo l’uomo ha sfruttato da tempi immemorabili oli e grassi per gli scopi più disparati come cosmetici o combustibili, a scopi rituali, come lubrificanti e, ovviamente, ad uso alimentare. In alcuni casi i grassi erano di origine animale, basti pensare al burro, allo strutto, al sego, oppure di origine vegetali come l’olio che, nel bacino mediterraneo è sempre stato prevalentemente di oliva mentre in oriente hanno prevalso fin dall’antichità oli di semi, soprattutto sesamo.
Negli ultimi settant’anni il mercato dell’olio ha vissuto e sta vivendo tutt’ora un vera e propria rivoluzione e rinascita, cavalcando l’onda della curiosità, delle intolleranze alimentari e della cultura dei consumatori vengono proposti oli di diversa natura e finalmente, oli di qualità si trovano sugli scaffali di enoteche o supermercati al prezzo che meritano.
Olio quale uso in cucina
Cominciamo con l’affermare che, in base all’utilizzo che ne andremo a fare, utilizzeremo un diverso tipo di olio, per un condimento a crudo, per un fondo di cottura o per una frittura vera e propria.
La frittura sicuramente è la preparazione che più mette in crisi il consumatore e soprattutto a dura prova la stabilità dell’olio che, se riscaldato ad alte temperature può andare incontro ad una ossidazione da cui si formano alcune sostanze nocive, il cosiddetto punto di fumo.
L’olio extravergine di oliva e l’olio di arachidi hanno un’alta resistenza alle temperature il che li rende sicuramente ideali per le fritture, soprattutto l’olio di oliva che, in quanto contiene una quota maggiore di acidi grassi monoinsaturi e acidi oleici è la scelta migliore a discapito però dell’aroma e di altre sostanze benefiche che, sottoposte alle alte temperature, come nel caso di una frittura, tendono a svanire. Oli di semi di girasole, di mais o di soia tendono invece a deteriorarsi facilmente se esposti all’aria o alle alte temperature. Ideali sicuramente per condimenti a crudo ma da evitare in caso di fritture, le quali, è doveroso ricordarlo, non dovrebbero mai essere effettuate al di sotto di 170-180 gradi; sia perché in questo intervallo si ottiene la migliore cottura senza la liberazione di sostanze tossiche, sia perché l’alimento fritto risulterà croccante e non tratterrà olio.
L’olio di semi di zucca, di colore verde intenso e dal retrogusto di nocciola, derivato dalla spremitura a freddo dei semi della zucca è un ingrediente davvero ricco di qualità e sorprese; contiene grandi quantità di acidi grassi essenziali (cosiddetti AGE) in particolare acido linoleico, fortemente antiossidante, protettivo del cuore e della circolazione sanguigna. L’olio di semi di zucca, tra le altre cose, svolge un’azione importante sugli ormoni grazie ai betasteroli che sono simili ad estrogeni e androgeni, in particolare, il consumo di questo olio contrasterebbe, nelle donne, gli effetti negativi della riduzione di estrogeni causata dalla menopausa, con minore incidenza di disturbi come vampate di calore e cefalee, mentre negli uomini l’effetto positivo riguarda l’iperplasia prostatica. In cucina l’uso più comune e consigliato è sicuramente a crudo per condire insalate, carni o pesce.
L’olio di vinaccioli utilizzato sia in cucina che nella cosmesi, vanta molti benefici per il nostro organismo, l’alto contenuto di omega 6 lo rende un perfetto alleato contro il colesterolo. Estratto dai semi contenuti negli acini dell’uva previamente essiccati, basti pensare che ogni acino di uva contiene solo 4 semi e che da ogni seme si riesce ad estrarre circa un 15% di olio. L’olio ottenuto è un prodotto totalmente naturale e tende ad irrancidire in modo veloce, ragion per cui è sempre meglio consumarlo crudo, mantenerlo a riparo da fonti di calore, luce e sbalzi termici che porterebbero il prodotto ad irrancidirsi più velocemente.
L’olio di canapa è un particolare olio che viene ricavato dai semi dell’omonima pianta (cannabis sativa) mediante spremitura o estrazione. È di colore verde con sfumature che vanno da tonalità più chiare a tonalità più scure, parliamo di un olio facilmente deperibile perciò se ne consiglia sempre un consumo a crudo. Gli oli di canapa di qualità migliore sono quelli spremuti a freddo e non raffinati, in commercio è disponibile ancher l’olio di canapa raffinato, che si presenta di colore più chiaro e si conserva con più facilità ma, dal punto di vista nutrizionale è molto meno pregiato. In particolare l’olio di semi di canapa è caratterizzato dall’equilibrio, piuttosto unico nel suo genere, tra la quantità di omega 6 e di omega 3 presenti al suo interno ( in rapporto 3-1) che fa si che questo olio sia particolarmente indicato per il benessere di tutto l’organismo. Un eccessivo apporto di acidi grassi omega 6, infatti, se non bilanciato da una adeguata assunzione di omega 3, sembrerebbe favorire lo sviluppo di diversi disturbi infiammatori di diverso tipo e aumenti il rischio di insorgenza di patologie cardiovascolari.
L’olio di palma, demonizzato, fortemente criticato, inserito nella lista nera degli ingredienti più nocivi al mondo, ma cerchiamo di capire innanzitutto se è veramente così nocivo oppure è tutto frutto di una informazione fuorviante?
Intanto chiariamo che l’olio di palma è un grasso vegetale che si ottiene dalla lavorazione dei frutti della palma, dal singolo frutto, composto da una parte di polpa carnosa e da un seme o nocciolo intero, si estraggono rispettivamente due tipologie di prodotto differente, l’olio grezzo di palma e l’olio di palmisto. L’olio di palma è ottenuto tramite la spremitura della polpa, dopo essere stata separata dal seme, ha una consistenza semisolida e dal colore aranciato dal momento che contiene una percentuale molto alta di betacarotene. L’olio di palma grezzo è ricco di acidi grassi saturi, antiossidanti e vitamina E, tutti elementi che, al nostro organismo posso fare sicuramente bene.
Allora perché viene così demonizzato? La risposta sta nel fatto che, per essere impiegato nell’industria alimentare, il prodotto subisce un processo di raffinazione ad altissima temperatura che distrugge tutte le sue proprietà nutritive. Il risultato è un olio con un alta concentrazione di grassi saturi, inodore e insapore, in grado di resistere alle alte temperature e che evita il deterioramento dei prodotti alimentari in cui è impiegato. Tutto ciò che contiene olio di palma, quindi, dura più a lungo e mantiene intatti consistenza e sapore anche di fronte a sbalzi di temperatura. Naturalmente l’olio di palma non è dannoso per la salute in quanto tale ma, se assunto in grandi quantità al pari di altri oli e grassi vegetali sicuramente non fa bene all’organismo. Il problema semmai è che, essendo un olio molto economico che permette di conservare cibi più a lungo, è utilizzato nella maggior parte degli alimenti di origine industriale e ciò innalza il rischio di assumerne quantità eccessive durante la giornata.
L’olio di mais è stato negli anni uno dei prodotti più pubblicizzati e indicati come benefici, una vasta campagna di marketing che mostrava individui saltare le staccionate grazie a questo olio ci proponeva un prodotto utile a contrastare le malattie cardiovascolari. Cominciamo con il dire che la percentuale di grassi nel chicco del mais da cui poi verrà estratto l’olio è molto bassa, tra il 2 e il 5 % e produrlo non è economicamente conveniente, tuttavia dal mais vengono estratti anche altri sottoprodotti tra cui la farina e l’amido (maizena) e, per purificare questi prodotti è utile estrarre l’olio al fine di evitare l’irrancidimento e prolungarne la conservazione. Ciò non toglie che l’olio di mais è ricco di vitamine e acidi grassi omega 6, benefici per la nostra salute perché non tendono ad accumularsi, questo il motivo della campagna di marketing sulla prevenzione delle malattie cardiovascolari. In cucina possiamo utilizzarlo comunque come condimento a crudo, e, in alcuni casi anche come olio da frittura in quanto ha un punto di fumo intorno ai 160 gradi perciò non idoneo a fritture prolungate.
L’olio di soia, altra new entry di questo mondo, derivato da uno dei legumi più coltivati al mondo, alimento diffuso inizialmente in Oriente ma in seguito, grazie anche alla natura vegetale e all’apporto proteico molto importante si è diffuso in tutto il mondo. Dalla soia si ricava per spremitura a freddo o tramite l’utilizzo di solventi l’olio di soia, utilizzato in cucina come condimento a crudo di insalate, legumi, verdure o nella preparazione di salse da accompagnamento, spesso addizionato ad olio extravergine di oliva per contrastare il sapore pungente; sconsigliato invece per le fritture in quanto ha un punto di fumo molto basso e alle alte temperature sviluppa sostanze fortemente tossiche.
Infine c’è l‘olio di cocco. Ancora poco utilizzato in cucina, ma che se assunto regolarmente e in dosi moderate, sarebbe in grado di offrire benefici all’organismo. Partiamo con il dire che l’olio di cocco è un grasso vegetale che si ricava dalla polpa delle noci di cocco essiccata. Gli acidi grassi contenuti nell’olio di cocco sono prevalentemente saturi. Può essere utilizzato in cucina per tutti i tipi di cottura e nella preparazione di bevande e ricette sia dolci che salate. Ha un punto di fumo assai elevato, paragonabile a quello dell’olio di arachidi ovvero uno dei migliori per friggere le pietanze senza renderle pesanti e poco digeribili.
Se in passato siamo stati portati ad escludere tutti gli oli che fossero differenti dall’extravergine d’oliva perché si pensava fossero dannosi per la salute, ora si scopre con una maggiore attenzione che ci sono differenti tipologie che se usate nel modo giusto possano essere altrettanto ricchi di preziosi nutrienti.