Nuovo appuntamento con il nostro tecnologo alimentare, che ci porta lungo le corsie del supermercato alla scoperta dei vari prodotti. Una guida pratica per orientarsi nella spesa e chiarire qualche dubbio. In questo articolo si parla dell’olio di oliva. Vediamo come si ottiene, come si conserva e quali sono le differenze tra i vari oli.
Per olio vergine di oliva si intende l’olio ottenuto unicamente per estrazione meccanica dal frutto dell’olivo. Le qualità benefiche sulla salute umana del consumo moderato di questa tipologia di grasso all’interno di una dieta varia ed equilibrata sono note da secoli, ma con la ricerca scientifica e la modernizzazione e lo studio dei processi di lavorazione dell’oliva stesso si è raggiunto, nella maggior parte dei casi in Italia, l’eccellenza di un prodotto che coniuga proprietà sensoriali a importanti benefici per la salute umana.
Tra i tanti benefici, oltre ad apportare un mix di acidi grassi polinsaturi e saturi di ottimo valore biologico è ricco in sostanze antiossidanti come carotenoidi e sostanze fenoliche oltre ad un insieme di molecole aromatiche che ne caratterizzano l’aspetto sensoriale. Questi composti fenolici tanto decantati sono effettivamente molecole molto potenti in grado di prevenire lo stress ossidativo cellulare e aiutare nella prevenzione di malattie legate a questo fenomeno come ad esempio patologie cardio vascolari e patologie tumorali.
Un olio vergine di oliva contiene quantità molto variabili di queste sostanze che possono variare dai 50 ai 900 mg/kg. La concentrazione di queste sostanze è legata a molte variabili quale la cultivar, le pratiche agronomiche attuate in campo, il grado di maturazione del frutto e la capacità dell’uomo nell’utilizzo delle tecnologie migliori di lavorazione per preservarne l’integrità.
Altro aspetto importante il colore che può andare dal verde intenso a verdi più brillanti. Su questo aspetto agiscono invece altre molecole quali le clorofille ad esempio per il colore verde e i caroteni responsabili invece di colori più tendenti al giallo.
L’importanza nella celerità di lavorazione
Tralasciando le questioni agronomiche fondamentali per la qualità del prodotto concentriamoci ora sul come si ottiene l’olio e quali sono le migliori pratiche per ottenere un olio di grande qualità.
La prima cosa da decidere è il momento di raccolta.
-Più si va verso la completa invaiatura, ossia il passaggio dal colore verde brillante dell’oliva “acerba” ad un colore scuro sinonimo di maturazione del frutto, più in linea generale si aumenta la resa in olio ma si diminuisce il contenuto delle sostanze fenoliche presenti all’interno del prodotto finito.
Altra cosa importantissima è la lavorazione.
-Una volta deciso il grado di maturazione idoneo alle nostre olive il processo di lavorazione va nei casi più virtuosi effettuato entro le 24 ore dalla raccolta poiché, far stazionare il prodotto anche se in condizioni di temperatura controllate può alterare il prodotto finito poiché si innescano delle fermentazioni naturali che potrebbero alterare le proprietà sensoriali del prodotto finito.
Entriamo nel frantoio: La lavorazione
Una volta entrate in frantoio le olive vengono subito defogliate allontanando le foglie che inevitabilmente sono presenti nel prodotto raccolto e lavate per preservare le caratteristiche igienico sanitarie allontanando residui colturali e terrosi dal frutto. Dopo queste fasi preliminari di fondamentale importanza passiamo alle operazioni di frangitura e gramolatura. Queste due fasi sono negli anni sempre più state studiate dagli addetti ai lavori perché è proprio in queste due fasi che sta all’uomo riuscire a preservare al meglio le caratteristiche originarie del prodotto che altrimenti, tramite lavorazioni errate potrebbero andare perse.
La fase di frangitura consiste nel rompere letteralmente il frutto cercando di intaccare il meno possibile in nocciolo. Dalla rottura della polpa dell’oliva si iniziano a innescare una serie di reazioni che iniziano a far sprigionare al semilavorato i profumi caratteristici dell’olio. Nelle più moderne tecnologie e con gli studi di settore si è andato sempre più verso processi di frangitura che intaccassero poco o nulla il nocciolo, poiché gli studi hanno dimostrato che nel nocciolo vi sono enzimi che degradano la componente che come prima dicevamo è tanto preziosa negli oli vergini di oliva ossia le sostanze fenoliche. Va da sé che i metodi “della nonna” quindi le famose “Mole” o “Molazze”, ossia queste imponenti costruzioni fatte da due ruote di pietra che schiacciano le olive hanno lasciato posto a frangitori a “dischi” o a “martelli” molto più funzionali alla causa.
La fase di gramolatura invece avviene all’interno di grosse vasche in cui la “pasta di olive” viene lentamente rimescolata da braccia meccaniche a temperature controllate dai 25°C-35°C. L’azione meccanica, la temperatura rompe l’emulsione acqua-olio e fa in modo che le tante goccioline di olio si riuniscano separandosi da tutto il resto. E qui rimandiamo alla famosa dicitura che troviamo spesso sugli scaffali dell’olio “Estratto a freddo”. Questa dicitura sta ad indicare che il processo è stato effettuato a temperature al disotto dei 27°C, visto che da studi scientifici è dimostrato come più basse sono le temperature di lavorazione in questa fase più alto è il contenuto di alcune sostanze fenoliche e di sostanze aromatiche all’interno dell’olio. Vanno senza dubbio segnalati come altri parametri fondamentali per una buona riuscita di questa fase i tempi di lavorazione e la quantità di ossigeno presente in gramola durante la lavorazione.
La fase di centrifugazione è la fase che va a a separare in maniera definitiva l’olio dalla parte solida dell’oliva e dall’acqua di vegetazione (che è l’acqua naturalmente presente nell’oliva).
La fase di filtrazione conclude quelle che sono le operazioni di frantoio. Questa serve per separare i frammenti di morchia che normalmente abbiamo all’interno del prodotto, allontanare i residui di acqua che potrebbero portare a fermentazioni indesiderate e ridurre la torbidità del prodotto finito.
Oli di oliva sono tutti uguali?
La risposta è: Assolutamente no. Iniziamo dicendo che vi è una classificazione merceologica degli oli estratti dalle olive. Queste categorie sono espletate all’interno del Regolamento CEE n.2568/91 e definisce i parametri secondo i quali vengono definite le caratteristiche degli oli di oliva e i metodi analitici per determinarli.
Un olio extravergine di oliva dovrà avere i seguenti parametri: Acidità ≤ 0,8%; Perossidi ≤ 20 moq O2/Kg; Analisi sensoriale con mediana di difetto tollerata = 0 .
Scendendo di categoria avremo l’olio vergine di oliva dove i parametri “peggiorano “ leggermente quindi: Acidità ≤ 2%; Perossidi ≤ 20 moq O2/Kg; Analisi sensoriale con mediana di difetto tollerata = 2,5.
A seguire poi scendendo sempre più di categoria il regolamento ci indica altre classi merceologiche di prodotto quali: Olio di oliva lampante, Olio di oliva raffinato, Olio di oliva composto da oli di oliva raffinati e di oli di oliva vergini, Olio di sansa di oliva greggio, Olio di sansa di oliva raffinato, Olio di sansa di oliva.
Scende di molto la qualità in questi casi e ovviamente anche il prezzo. I prezzi medi variano dalle annate e dalla resa. Una idea di massima possiamo farcela prendendo dati ISMEA MERCATI di questo mese dove i valori medi di prezzo al consumatore finale sono: Olio Extravergine di oliva: 8,37€/Kg; Olio vergine di oliva: 6,95€/Kg; Olio lampante di oliva: 5,88€/Kg–
Naturalmente non tutti gli oli sono uguali e non bisogna fermarsi solo alle diciture Extravergine, Vergine etc. Importante è acquistare da produttori seri e valorizzare la biodiversità e la ricchezza del prodotto Italiano. Acquistare miscele di oli vergini provenienti dalla Tunisia non ci porta né ad un risparmio significativo in termini di spesa pro-capite, né a guadagnarne in gusto e salubrità del prodotto. La nostra penisola è ricchissima in biodiversità olivicola e va preservata e valorizzata anche a costo di spendere qualche euro in più. Si fa del bene ai piccoli imprenditori agricoli, si incentiva il prodotto Italiano e anche dal punto di vista edonistico ci formiamo ad una cultura dell’olio che come per il vino, la birra ha una sua geografia e delle caratteristiche sensoriali specifiche per ogni zona di coltivazione.
Come conservare l’olio di oliva a casa
Torniamo a casa dopo il nostro viaggio virtuale in frantoio con del buon olio appena franto pronti per farci la bruschetta. Come conserviamo l’olio invece per tutto l’anno?
E’ inevitabile che l’olio con il passare del tempo vada incontro ad un naturale decadimento, ancor più se non viene conservato in maniera idonea. I “nemici” principali da cui proteggere l’olio sono:
-Contatto con l’aria che porta ad innesco e propagarsi dell’ossidazione dei grassi
– Temperature troppo basse o troppo elevate (per una buona conservazione sono meglio temperature tra i 10°C e i 18°C) evitando gli sbalzi termici
-Esposizione alla luce che porta a foto-ossidazione ed inevitabile decadimento qualitativo il prodotto
– Contatto con le morchie (nel caso di olio non filtrato)
Anche i contenitori in cui conservare l’olio non possono essere casuali. Assolutamente bandita la plastica per la conservazione perché porta a un più veloce decadimento qualitativo nel prodotto.
Vanno bene la banda stagnata (la latta) o il vetro scuro per evitare come dicevamo foto-ossidazione.
Altra cosa importante da evitare è il contatto con l’ossigeno. Quindi per quanto possibile è buona pratica richiudere sempre in maniera migliore possibile la bottiglia d’olio dopo l’utilizzo e riporla in un posto fresco lontano da fonti di luce e calore.