L’obesità è il disturbo alimentare più frequente nei Paesi occidentali. In una recente indagine statistica condotta in Italia dall’Istituto Nazionale della Nutrizione e dall’ISTAT, si rileva che circa il 25% della popolazione infantile italiana è in sovrappeso. La prevalenza del sovrappeso infantile ha mostrato un lento e progressivo incremento negli anni. Si è passati dal 6% degli anni ’60 al 15% degli anni ’80, al 20% degli anni ’90, al 25% del 2000. Si rileva un continuo incremento di questa percentuale, il dato più allarmante è che l’obesità comparsa nell’età evolutiva persista nell’età adulta in una percentuale variabile dal 40% al 60%. La persistenza di obesità nell’età adulta dipende da diversi fattori che includono: età d’insorgenza, grado di obesità e presenza di obesità in almeno uno dei genitori.
L’obesità infantile ha una genesi multifattoriale e, come tale, è il risultato di diverse cause più o meno evidenti che interagiscono tra loro. In primo luogo, è dovuta ad un’eccessiva e cattiva alimentazione, legata o meno ad una ridotta attività fisica ed a fattori di tipo genetico/familiare. Rari sono i casi di obesità legati ad alterazioni ormonali quali ipotiroidismo o disfunzioni surrenali.
L’iperalimentazione nei primi anni
Parlando di alimentazione, se è vero che una dieta insufficiente può portare a deficit nutrizionale, per contro, un introito calorico eccessivo determina dapprima un sovrappeso del bambino, poi, nella maggioranza dei casi, obesità. L’iperalimentazione nei primi due anni di vita, oltre a causare un aumento di volume delle cellule adipose (ipertrofia), determina anche un aumento del loro numero (iperplasia). Da adulti, pertanto, si avrà una maggiore predisposizione all’obesità ed una difficoltà a scendere di peso, perché sarà possibile ridurre le dimensioni delle cellule, ma non sarà possibile eliminarle. Intervenire e prevenire durante l’età evolutiva è quindi di fondamentale importanza. Una delle cause che facilita l’insorgenza di obesità è l’eccedere con i fast-food ed in generale i junk-food. Il cosiddetto junk-food è tutto quel cibo che è povero di vitamine, antiossidanti, acidi grassi essenziali e di altri elementi nutrizionali importanti, al contrario, è ricco di colesterolo, glucidi raffinati, sale da cucina, grassi saturi. Un cibo che è quindi fortemente calorico, ma che non fornisce gli elementi nutritivi essenziali per una dieta equilibrata. Il “cibo spazzatura” è del tutto inappropriato per la crescita dei bambini e può rappresentare la prima causa di diversi problemi e patologie: non a caso rappresenta il primo fattore che porta all’obesità nella società odierna.
La ridotta attività fisica
Oltre all’alimentazione scorretta e squilibrata, non è da sottovalutare, come fattore di rischio, la ridotta attività fisica o la sedentarietà, frutto di uno stile di vita sbagliato, ma sempre di più frequente riscontro. L’esercizio fisico è di fondamentale importanza per il bambino che cresce, in quanto, oltre a farlo dimagrire lo rende più attivo, contribuendo a ridistribuire le proporzioni tra massa magra e massa grassa. Ancora meglio sarebbe individuare uno sport che il bambino pratichi con molto interesse ed in cui si diverta, così da vedere lo sport non come un impegno noioso, bensì come alleato del proprio benessere.
Infine, il fattore familiarità, non è meno determinante dei precedenti. L’obesità, sotto certi aspetti, può considerarsi un problema di natura ereditaria e, sotto altri, una conseguenza di fattori ambientali. Un’indagine realizzata dall’ISTAT nel 2000 dimostra che circa il 25% dei bambini ed adolescenti in sovrappeso ha un genitore obeso o in sovrappeso, mentre la percentuale dei bambini sale a circa il 34% quando sono obesi o in sovrappeso entrambi i genitori. L’esempio della famiglia è fondamentale: non si può parlare di educazione alimentare se i genitori non iniziano per primi a seguire una dieta equilibrata. Per quanto riguarda la natura ereditaria dell’obesità, sono state evidenziate alterazioni di alcuni geni aventi un ruolo nella produzione delle cellule adipose, ma gli studi sono tutt’ora in corso.
Le conseguenze sul fisico
Fino poco tempo fa, le complicanze dell’obesità infantile erano clinicamente evidenti solo dopo molti anni. Studi clinici su bambini obesi hanno suggerito una serie di condizioni mediche per le quali i bambini obesi sono più a rischio. Tra le conseguenze dell’obesità, le più frequenti sono rappresentate dai disturbi di tipo polmonare, ortopedico, cardiovascolare, endocrino, gastroenterico e psicologico.
Entrando nel dettaglio, tra le conseguenze di tipo polmonare, vi è un possibile affaticamento nella respirazione, possibile apnea notturna ed asma; a livello ortopedico, l’eccesso di peso può provocare dolori articolari e ridurre la mobilità; a livello cardiovascolare, possibilità di ipertensione arteriosa e di dislipidemia; a livello endocrino, diabete di tipo 2 (insulino-resistente) ed ipersurrenalismo; a livello gastroenterico, possibili disturbi alimentari, colelitiasi (presenza di calcoli formati da colesterolo all’interno delle vie biliari o della cistifellea), steatosi epatica (processo degenerativo del tessuto epatico dovuto alla massiccia presenza di tessuto adiposo nel fegato) e tumori del tratto gastroenterico.
Da non sottovalutare, infine, le conseguenze di natura psicologica, che possono trascinarsi ed amplificarsi negli anni. I bambini con eccesso di peso possono sentirsi a disagio e vergognarsi, fino ad arrivare ad un vero e proprio rifiuto del proprio corpo. Spesso sono bambini derisi, vittime di scherzi da parte dei coetanei e con un forte rischio di sostituire l’autostima con un forte senso di insicurezza ed inadeguatezza.
La prima regola per evitare il possibile rischio di obesità è la prevenzione. La cura, come sempre, richiede molta più fatica, tempo ed attenzione. La prevenzione si può attuare solo quando si hanno i mezzi e la conoscenza per evitare che il problema giunga a noi, quando conosciamo le possibili cause e le possibili conseguenze che potranno portare un determinato comportamento errato, dobbiamo far attenzione a non eccedere nello stesso e a non ripeterlo quotidianamente, quindi, dobbiamo agire responsabilmente.