In occasione di una recente cena nel Modenese ho avuto la possibilità di assaggiare una delle tante eccellenze della tradizione enogastronomica emiliana: il nocino. Sebbene oggi sia prodotto industrialmente, si tratta di un liquore che in Emilia – particolarmente nelle province di Modena, Bologna e Reggio – è tradizionalmente preparato nelle case secondo la ricetta di Pellegrino Artusi o, più spesso, in base a quella di famiglia.
Di colore marrone, bruno intenso quasi cupo, ha gradazione di circa 40% vol. lasciando trasparire il caratteristico aroma zuccherino della noce mescolato alle note erbacee conferite dal mallo. I puristi lo bevono come digestivo a fine pasto, ma si abbina perfettamente anche alla frutta secca, al cioccolato, al Parmigiano Reggiano o versato sul gelato (crema, fiordilatte, vaniglia i gusti più indicati).
L’origine della storia
È stato interessante conoscere la storia dietro la quale si nasconde questo infuso che ha tratti perfino fatati, quasi arcani. Il noce infatti ha sempre mantenuto un’aura di leggenda, legato alla presenza di streghe e incantesimi, che si è trasmesso fino alla preparazione del liquore. Infatti, per tradizione, le noci venivano raccolte nella notte di San Giovanni – corrispondente al 24 giugno – dalla donna più esperta nella preparazione che, salita sull’albero a piedi scalzi, staccava i frutti migliori, servendosi delle sole mani, senza intaccarne la buccia.
Tale data non è casuale: è credenza popolare, infatti, che il frutto ancora verde nella drupa sia nella fase ideale per l’infusione, perché ha profumo intenso, i tessuti sono ricchi di linfa e le cellule abbondano di oli essenziali e principi attivi. Lasciate alla rugiada notturna per l’intera nottata, il giorno seguente le noci, benché ricoperte dal mallo, sono ancora tenere e pertanto si possono facilmente tagliare con il coltello. Divise in quarti sono messe in un vaso di vetro coperte da alcol buongusto.
Le varie ricette
Vi sono ricette che prevedono una miscela di alcol e zucchero, mentre altre uniscono all’alcol filtrato dopo circa 40-60 giorni uno sciroppo di acqua e zucchero. A macerare con le noci possono essere unite spezie quali chiodi di garofano e cannella o anche chicchi di caffè. Il nocino viene quindi imbottigliato e lasciato a riposare per almeno alcuni mesi. Tecnicamente è pronto dopo 4 mesi, ma per una corretta affinatura è meglio aspettare almeno un anno e gustarlo liscio alla temperatura di 18-20°C.
La preparazione terminava la vigilia di Ognissanti, la notte del 31 ottobre (o la notte di Halloween per rimanere attuali). La tradizione prescrive di non usare attrezzi metallici per la raccolta dei frutti, in base alla credenza secondo cui il ferro fosse in grado di compromettere le proprietà delle piante officinali. Il nocino si degusta ad una temperatura compresa tra 16 e 18°C con la frutta secca, abbinato al Parmigiano Reggiano o servito ghiacciato come ottimo digestivo.
Curiosità
A Spilamberto in provincia di Modena, esiste dal 1978 una confraternita di appassionati – l’Ordine del Nocino Modenese – i cui membri si sono dati il compito di preservarne l’ortodossia ed al contempo organizzare, promuovere e sostenere iniziative atte a valorizzare e diffondere l’antica tradizione di questo particolare distillato. In origine l’Ordine era prettamente femminile ed anche oggi, pur con qualche concessione alla parità dei diritti, la maggioranza del consiglio è formato da membri del gentil sesso.