In questi mesi si è parlato tanto e spesso di delivery in tutte le sue forme, sia liquide che solide. Si è registrato un forte consumo di alcolici, in particolare di vino, tanto da far nascere on line numerosi e nuovi wineshop nel giro di questi due mesi di lockdown. Distributori ed enoteche si sono attrezzati per arrivare a casa nostra con le scorte giuste e in questo traffico di consegne non sono mancati nemmeno i cocktail, forse meno diffusi, ma pur sempre richiesti. C’è chi si è inventato box complete per l’happy hour e chi invece ha puntato tutto sul miscelato “firmato” in versione monodose.
La cultura del buon bere non si è fermata e tanti maestri della mixology si sono dedicati a studiare la formula giusta del drink a casa tua. Inoltre questo 2020 doveva essere l’anno dei cocktail alcol free, di nuove combinazioni interessanti, di ricerche e tecniche e della riscoperta di un beverage tradizionale, che punta sulla commistione di ingredienti di qualità. Tendenze che speriamo di vedere realizzate dietro un bancone da un abile bartender, anche se nel frattempo diverse aspettative sono state confermate, come i cocktail serviti in bottiglia (ovviamente brandizzata con il nome del locale) e spediti direttamente a casa.
Come è cambiato in questi mesi il consumo di cocktail?
Lo abbiamo chiesto a Davide Terenzio Pinto, imprenditore torinese, fondatore e inventore, tra gli altri, di Affini, Anselmo, Nero, Hempatico che ci dice: “È stato inevitabilmente un consumo più casalingo e meno sociale…. Ma, se vogliamo più social! Con l’idea del mezzo litro abbiamo portato l’aperitivo in casa dei nostri clienti, soprattutto delle coppie che potevano così gustarsi un drink a testa, che hanno interagito con noi e con altri clienti e amici attraverso i canali social in una sorta di aperitivo virtuale e a distanza. Anche in questa versione casalinga ho notato la ricerca della qualità da parte dei consumatori. La ricerca di drink con una signature particolare, d’autore, non riproducibile facilmente in casa. Qualcosa che li facesse evadere e li facesse sentire ancora insieme a noi seduti ai tavoli o al bancone di Affini”.
La socialità e la convivialità non decadono, anzi continuano a essere ricercate anche in versione virtuale e un buon drink diventa il trait d’union tra le persone. La capacità di Affini è stata quella di capire in che verso girasse l’ingranaggio e proporre subito un’offerta su misura dei propri clienti prima con il delivery e poi con l’asporto. “La richiesta è stata soprattutto per drink professionali – ci spiega Davide – fatti dalla mano esperta di un bartender. Qualcosa che desse loro l’effetto WOW che solo un drink fatto bene con materie prime di qualità può dare. Tra i drink più richiesti penso a grandi classici rielaborati dal nostro bar manager Michele Marzella come ad esempio il Nuvolari, il Negroni speziato e la nostra reinterpretazione del Bloody Mary”.
Il mezzolitro
Si va oltre il classico spritz e si sceglie il mezzolitro, un’idea di formato pensata ad hoc fin da subito per portare i drink direttamente a casa e già pronti all’uso. Un’idea che sottolinea sempre di più la creatività dello staff di Affini, ma anche l’impronta imprenditoriale che punta a farla diventare un prodotto continuo.
E Davide Pinto è molto orgoglioso del suo mezzolitro: “L’idea del mezzo litro è nata quasi subito a inizio marzo. Ci abbiamo lavorato per circa un mese in modo da offrire un servizio veramente utile, rispettoso delle regole e delle norme igienico sanitarie. Penso di poter dire senza paura di essere smentito che siamo stati i primi in Italia ad aver sviluppato questa iniziativa del ready to drink e cioè dell’aperitivo portato a casa. L’idea del mezzolitro è venuta studiando un po’ il mercato. Facendo un sondaggio tra nostri clienti e amici abbiamo visto che la maggior parte delle persone era chiusa in casa in coppia. Così abbiamo pensato al mezzo litro, in modo che potessero condividere insieme lo stesso aperitivo. Abbiamo curato il packaging e utilizzato tutto materiale biodegradabile nel rispetto della nostra filosofia a impatto zero. Abbiamo studiato un processo di conservazione e standardizzazione del prodotto e abbiamo dato un’ampia possibilità di scelta tra i nostri drink storici. Abbiamo insomma offerto una vera e propria customer experience in un momento molto particolare che è risultato vincente. In un mese di delivery abbiamo consegnato oltre 500 aperitivi, un numero di tutto rispetto”.
Un delivery studiato sotto tutti i punti di vista
I numeri parlano chiaro, la domanda c’è e nel tempo è cresciuta, conformandosi a un’offerta di prodotto e servizio unica. Ed è proprio nell’unicità che sta la chiave del successo di un servizio di delivery, che non può essere banale o confondersi con altri, ma nel caso di Affini e del mood che vive dentro questo marchio doveva trovare la perfezione. E Davide Pinto non ha lasciato nulla al caso, logistica, norme igienico-sanitarie laboratorio e smistamento tutto è stato studiato in dettaglio, trasformando uno dei due locali di Affini nel centro operativo di Affini delivery. E per studiare meglio efficienza del servizio e bisogni dei clienti Davide ha addirittura vestito i panni del riders consegnando i suoi cocktail in giro per una Torino deserta.
“La consegna degli aperitivi l’ho voluta fare direttamente io. Un lavoro stancante che mi ha però dato l’opportunità di studiare con i miei occhi il sentiment dei clienti, le loro reazioni per comprendere meglio l’effettiva utilità del servizio. Devo ammettere che è stato un periodo emozionante. Ho vissuto una fase storica in diretta. Girare per una Torino deserta mi ha fatto cogliere una volta di più la bellezza di questa città, ancora più struggente. Ho goduto dei sorrisi e dell’entusiasmo dei miei clienti quando arrivavo a casa loro con i cocktail, la loro grande voglia di socialità e di tornare presto alla normalità. Ripeto, è stato un progetto riuscito e di cui vado orgoglioso. Non tanto dal lato economico quanto più che altro da quello umano. Ci è servito per consolidare i rapporti e, in certi casi, di crearne di nuovi”.
E finito il lockdown cosa succede?
“È molto difficile dire ora cosa succederà in futuro. Già tra agosto e settembre avremo un’idea più chiara, sicuramente il cliente sceglierà i brand di somministrazione di cui si fida maggiormente, facendo attenzione ad alcune cose che prima venivano date forse un po’ per scontate come la qualità, l’igiene e l’attenzione al minimo dettaglio. E sono certo che, quando l’allarme sarà finito, si tornerà con una gran voglia di uscire, socializzare, bere in compagnia e in modo responsabile, condividere esperienze ed emozioni. A livello finanziario sarà inevitabile una contrazione. Ma questo periodo ci deve servire per stringere i denti, analizzarci bene e prepararci a un 2021 che, da grande ottimista quale sono, ritengo possa essere un anno molto interessante”.
Un lato positivo c’è sempre e nel caso di Davide Pinto e lo staff di Affini si traduce nella sperimentazione continua, soprattutto sul versante food pairing: “Sì, abbiamo studiato, sperimentato e inventato. Ci sono nuove scommesse in fase di esplorazione. Siamo stati più fluidi e meno standardizzati. Siamo andati fuori dagli schemi per proporre qualcosa di diverso. Un modo nuovo di vivere il nostro lavoro che, con tutte le difficoltà del caso, ci è sicuramente servito per crescere”.
Delivery e convivialità
La formula vincente del Delivery di Affini ha tutte le carte in regola per rimanere come servizio parallelo al consumo al bar e magari l’abitudine di ordinare il cocktail a casa rimarrà anche in futuro, rispondendo ovviamente a esigenze differenti quali il ritrovarsi in compagnia di amici nell’atmosfera del tuo locale preferito e lo stesso Davide non esclude la cosa: “Dal mio punto di vista la voglia di socialità tornerà prorompente. Il fatto di ritrovarsi tra amici in un luogo famigliare, fare due chiacchiere anche con i baristi al bancone è qualcosa che nessun consumo casalingo potrà mai sostituire. Ciò non toglie che il servizio di delivery, che abbiamo lanciato in questo periodo, non possa accompagnare il consumo al bar. È stata una formula vincente che non limiteremo a questo periodo di lockdown ma che può tradursi come un servizio aggiuntivo per i nostri clienti. Può tranquillamente accompagnare il consumo “classico” e arricchire la nostra offerta, consolidando ulteriormente i rapporti”.