Lo scorso ottobre durante la Milano Wine Week un folto gruppo di comunicatori, operatori e produttori di vino si è riunito per volere dell’AGIVI (Associazione Giovani Imprenditori Vinicoli Italiani) per confrontarsi e discutere sulle attuali esigenze del mondo del vino, quello delle nuove generazioni. Da un intenso pomeriggio fatto di racconti esperienziali, criticità, successi e insuccessi aziendali, il tutto sintetizzato in una serie di parole chiave si è arrivati alla definizione del Manifesto dei Giovani del Vino Italiano, presentato il 9 novembre in occasione del Merano Wine Festval 2019.
Un documento unico che si fonda su quattro settori pilastro: la comunicazione, il commercio, la normativa e la sostenibilità, che secondo le conclusioni per essere efficaci devono lavorare e muoversi in coesione.
È proprio la parola coesione ad essere rappresentativa di questo primo Manifesto dei Giovani del Vino, che si sono dati appuntamento tra un anno per verificare se quanto proposto sia stato messo in pratica e con quali risultati.
Ma quali sono i bisogni espressi in questo Wine Generation Forum?
Per quanto riguarda il tema normativo al primo posto c’è la revisione delle Doc con un’ottimizzazione delle denominazioni stesse, considerate complesse e poco chiare, e che invece devono far comprendere e comunicare meglio il vino italiano all’estero.
Il punto di vista commerciale
Dal punto di vista commerciale invece i punti messi sotto i riflettori sono stati diversi: innanzitutto più spazio per le piccole aziende vinicole grazie a marketplace italiani, capaci di rappresentare produttori e prodotti sia in Italia che oltre confine, una revisione delle franchigie a livello europeo uniformando l’e-commerce al commercio tradizionale e ciliegina sulla torta una maggiore formazione del personale di sala. Necessità quest’ultima che riflette una tendenza sempre più crescente nel comparto ristorativo, che riconosce come esigenza viva una competenza sempre più alta della sala nel suo servizio di gestione e management, che non può prescindere dalla conoscenza del prodotto.
La sostenibilità
Dal lato della sostenibilità si avverte il bisogno di maggiori competenze tecniche, quindi nuove leve formate al confezionamento di un prodotto sostenibile, senza tralasciare il consumo. Sui consumatori finali ancora c’è molto da lavorare, c’è bisogno di più cultura e sensibilizzazione verso la tutela del territorio. Aspetto che non si deve tradurre solo in pratiche agricole e produttive, ma in stili di vita condivisi.
La comunicazione
E poi si arriva al grande tema, quello della comunicazione, filo conduttore di questo manifesto, perché sono proprio la competenza, la formazione e le parole con cui queste si manifestano a dare vita a questa new generation del vino.
E su come si può e si deve comunicare un vino, o il vino, le teorie sono tante, come tante sono le forme, e ognuna riflette filosofia, retaggi aziendali, visioni vecchie e nuove. Sicuramente c’è il riconoscimento unanime di adottare e sfruttare al massimo le opportunità offerte dal web e dai suoi strumenti. Dai social alle app, dagli e-commerce ai blog il vino si fa anche su internet. E’ questo uno dei luoghi nuovi del suo racconto. Alle nuove tecnologie si sposa anche un nuovo linguaggio, semplice, diretto, meno tecnico. O forse meglio sarebbe dire un linguaggio misurato alle circostanze e ai momenti di consumo, dove i tecnicismi sono in netto contrasto con la condivisione, convivialità, piacere e tutte quelle atmosfere che un bicchiere di vino sa generare.
L’importanza della narrazione
La comunicazione è una combinazione di strumenti e strategie che si devono adattare su misura agli obiettivi che si vogliono raggiungere, alla forma che si vuole assumere. C’è chi oggi rimane convinto e persegue la forma austera e blasonata del vino, rifuggendo la presenza on line e sui social network (e anche questa scelta è strategica al nome che l’accompagna), c’è chi nasce da poco e si sente “nativo digitale” e non solo enologico, e chi si adegua al trend. Qualunque sia la forma scelta la carta vincente è quella della narrazione, non autoreferenziale, fuori dai soliti cliché di vigne secolari tramandate da generazione in generazione, e scevra da parole forzatamente incomprensibili, che vanno bene e servono tra gli addetti ai lavori, ma sono inutili se vogliamo regalare al vino più poesia e meno quei sentori di “sasso di ruscello” che forse alcuni non hanno voglia di sentire o sapere e che i più non sanno riconoscere.
I protagonisti del mondo del vino
Raccontare il vino ha ovviamente tante angolature: c’è la voce del produttore, quella del consumatore, c’è il giornalista, il sommelier, il wineinfluencer e il critico, tanti sono quelli che sanno parlare di vino e ognuno deve saperlo fare nel modo più comprensibile possibile. Ecco perché è importante affidarsi alle persone giuste, anche quando si sceglie di raccontare il proprio lavoro. E la parte positiva e propositiva di questa nuova generazione del vino è saper riconoscere come indispensabile la comunicazione e i suoi professionisti, perché in fondo è solo così che riesce a venire fuori quell’unicità, quella diversità che rende la tua storia più bella e interessante delle altre.
Prendendo spunto dai “dictat” di questo manifesto, torneremo presto a riflettere sul linguaggio del vino e sulle diverse forme di racconto. Stay tuned!