“L’anima non può pensare senza un’immagine”, così scriveva Aristotele, racchiudendo in questa frase il potere evocativo delle immagini, la forza ispiratrice che una forma o un colore può dare alle idee, spesso senza usare troppe parole o addirittura nessuna. Le immagini se catturate dall’occhio giusto possono raccontare tanto, dicono ciò che si è, congelano il presente, innescando un viaggio fantastico fatto di luoghi, persone e mondi nuovi.
Questo “potere” è chiaro al marketing e alla comunicazione. Laddove le parole non bastano una fotografia dice ben altro e nell’era dei social network questo concetto si è amplificato a dismisura. Negli ultimi anni, infatti, le immagini sono diventate sempre più utilizzate come risorse per il marketing, dei veri e propri strumenti di storytelling, di costruzione della brand identity. Le immagini hanno sempre avuto tale capacità, ma se trasferiamo il discorso nell’ambito legato al cibo o al vino questa “narrazione” si carica di ulteriori elementi astratti, che riescono poi a concretizzarsi.
Il meraviglioso mondo del vino che riesce a racchiudere in una bottiglia storie da mille e una notte, fatte di passione, dell’odore della terra, del lavoro in vigna, di famiglie, della cantina, è sovente raccontato in maniera suggestiva grazie ad immagini di straordinario impatto. Un narratore del vino è Andrea Federici, romano, fotografo freelance specializzato in reportage di viaggio. 48 anni, scatta foto da quando ne aveva la metà iniziando con le diapositive, facendo affidamento al suo buon occhio fotografico ed a tanta pratica. Dieci anni fa l’incontro folgorantecon il mondo del vino – galeotto fu un corso AIS – e le due passioni iniziarono ad unirsi dando vita ad una serie di servizi fotografici per aziende vitivinicole, libri, riviste su vino e cibo, come ad esempio le foto del libro Borgogna di Armando Castagno, e le foto di Roma e della cucina romana raccontata da Maria Pasquale nel suo libro HeartRome.
Come ti sei avvicinato alla fotografia?
Come tutte le grandi passioni, che poi si trasformano in lavoro, anche la passione per la fotografia è nata per caso, con il tentativo di imitare mio padre, rubandogli una vecchia Minolta e le vecchie diapositive Fuji Velvia.
Cosa ti piace raccontare nei tuoi scatti?
La vita vera, che spesso è ben diversa da ciò che si crede e si vede nella realtà. Cerco di raccontare il mondo, del vino e non solo, dal mio speciale punto di vista, quello spettatore privilegiato che cerca sempre l’angolazione differente nel racconto.
Quanto secondo te una foto può dire più delle parole?
Sono dell’idea che le foto non vanno raccontate o descritte. Una didascalia precisa è solo una possibile interpretazione e di conseguenza limitativa della fotografia. Le parole possono distrarre dalla foto. Come disse Confucio “un immagine vale più di mille parole” e per me la parola è una cosa che la fotografia non ha, ne potrà mai avere. Non parla ma trasmette emozioni e ognuno che la guarda “sentirà” cose differenti.
La storia del vino è a colori o in bianco e nero?
Principalmente colore quando a parlare deve essere la natura, la cantina e il vino nella sua essenza. Se vogliamo concentrarci sulla gente diventa volentieri in bianco e nero.
Il vino è storia, emozione, territorio, è un elemento vivo, che coinvolge tutti i sensi un po’ come la fotografia, quale aspetto ti piace fotografare maggiormente del vino?
Dipende dall’obiettivo che ha il servizio. A me piace molto girare fra i filari alle prime luci dell’alba o quando il colore delle vigne si scalda al tramonto, ma anche entrare nelle cantine per riprendere angoli suggestivi o il lavoro intorno al vino, dai tini all’imbottigliamento.
Vino significa anche parlare di un territorio preciso e della sua storia. Come si riesce a sintetizzare tutto questo in uno scatto?
Non è mai facile. Bisogna pensare come il potenziale consumatore ricorderebbe il vino dopo aver visto la foto. Se la foto non catturasse la sua attenzione, con tutte quelle che ormai girano sul web e l’alto tasso di distrazione, se ne scorderebbero dopo pochi minuti. Basta quindi banalità, le solite foto di etichette o dei vari filari. Bisogna provare a “sorprendere” e “raccontare” con le immagini, così come uno scrittore fa con la penna, quel particolare terroir e la storia di come dall’acino si arriva poi al vino. Ecco che ti ritrovi a camminare all’alba in vigna per cercare l’alberello giusto, o il terreno della zona su cui cresce la pianta, magari tutto argilloso o estremamente pendente, o in cantina mentre si diraspano gli acini o si portano a fermentare.
È naturale chiederti a questo punto come si rischia di non essere banali, lo scatto originale nella narrazione di una cantina e nella definizione della sua immagine dove sta?
Una fotografia va sempre contestualizzata, deve farci sentire dove è stata scattata, trasmettere le emozioni di quel momento solo così si rende efficace quello che si vuole “pubblicizzare”. Il soggetto principale può anche essere una parte piccola dello scatto ma si deve notare, deve catturare l’occhio. Per esempio mani rugose e sporche di vigneron fra i filari, un paio di calosce per terra in cantina, una vasca semi vuota con gli avanzi degli acini vendemmiati, botti scolme, tappi, apribottiglie e pezzetti di sughero alle degustazioni, gente che annusa il calice o il sommelier che mesce il vino sono tutti esempi di momenti in cui è il vino è il protagonista e lo deduci da altro.
Quando si parla di vino spesso si parla di abbinamento, con cosa abbini il vino nelle tue immagini?
I volti di chi segue il vino dalla vigna fino all’ultimo momento, il duro lavoro, la natura e il cibo. Te li cito in ordine secondo un processo produttivo che dura 365 giorni l’anno senza ferie pianificabili. Si parte con l’uomo che lavora in mezzo alla natura per poi arrivare all’abbinamento con il cibo e quindi al binomio uomo-tavola.
Il vino e il suo mondo che tipo di viaggio sono?
Il vino deve raccontare il suo mondo, un mondo “fantastico da scoprire” perché’ se anche in molti casi sembra tutto noto e scontato ogni volta si scoprono e si imparano invece cose nuove. Non ci si stanca mai di girare quindi di viaggiare alla scoperta fra le vigne, vedere barbatelle che nascono o tronchi secolari, terreni scoscesi o anche a volta nuove malattie. Annusare o assaggiare fra uno scatto e un altro in cantina elementi che cerchi di far entrare nelle tue foto.
Cosa può e deve comunicare il vino in una foto?
Deve trasmettere semplicemente emozioni. La foto non è solo una questione tecnica di armonia compositiva e di luce, è fonte assoluta di emozione, ricordo e desiderio.