Cosa sta succedendo in Europa? Prima propone etichette allarmistiche per il vino come per le sigarette prima e ora prende di punta la carne e i salumi come cibi pericolosi e potenzialmente cancerogeni. Qual è l’obiettivo? Si vuole veramente condannare l’eccellenza in virtù del cibo “artificiale”?
L’Europa dopo il vino si schiera contro la carne
L’Unione Europea vuole cancellare anche la promozione di carne e salumi prevedendo addirittura etichette allarmistiche sulle bottiglie come per i pacchetti di sigarette colpendo un settore da primato del Made in Italy agroalimentare, con la norcineria nazionale che offre lavoro a circa centomila persone e vale 20 miliardi. È quanto denuncia la Coldiretti nel riferire che il Consiglio UE Agricoltura e Pesca dei 27 Paesi di lunedì 21 febbraio ha posto all’ordine del giorno la presentazione e discussione di un documento congiunto sulla politica di promozione europea di Austria, Belgio, Bulgaria, Ungheria, Irlanda, Italia Lettonia, Lituania, Polonia, Portogallo, Spagna e Ungheria.
L’Italia anima il fronte europeo di 12 Paesi che si oppongono alla revisione dei prodotti ammessi alla promozione dell’UE da parte della Commissione europea che punta all’esclusione di alcuni settori come appunto la carne, i salumi ed il vino, considerati pericolosi per la salute.
“La demonizzazione di bistecche, braciole, prosciutti, salami, mortadelle che hanno dietro milioni di lavoratori europei, coincide in maniera evidente con la propaganda del passaggio a una dieta unica mondiale, dove il cibo sintetico si candida a sostituire quello naturale”.
Si tratta infatti di una profonda contraddizione che colpisce le piccole tipicità tradizionali che hanno bisogno di sostegni per farsi conoscere sul mercato e che rischiano invece di essere condannate all’estinzione mentre la “carne Frankenstein” ottenuta in laboratorio da cellule in vitro è stata beneficiata da ingenti risorse pubbliche concesse dalla stessa Unione Europea a favore di aziende private. Dietro il business della carne in provetta si nascondono rilevanti interessi economici e speculazioni internazionali dirette a sconvolgere il sistema agroalimentare mondiale e a minare le basi della dieta mediterranea che l’Unione Europea a parole difende.
Allarme vino rientrato per il vino
L’allarme dei produttori di vino è momentaneamente rientrato. Il vicepresidente della Commissione Europea Margaritis Schinas li ha rassicurati affermando che non c’è nessuna intenzione di proibire il vino né di etichettarlo come una sostanza tossica, «perché fa parte dello stile di vita europeo».
Le organizzazioni della filiera vitivinicola di Confagricoltura, Cia-Agricoltori Italiani, Alleanza delle Cooperative Agroalimentari, Copagri, Unione Italiana Vini, Federvini, Federdoc e Assoenologi avevano discusso i contenuti dell’iniziativa comunitaria Europe’s Beating Cancer Plan che prevede l’introduzione di etichette sui prodotti alcolici che li classificherebbe come sostanze tossiche e addirittura cancerogene.
Produttori preoccupati
Un’altra fonte di preoccupazione è l’incertezza nelle politiche di promozione dei prodotti agricoli, in assenza delle quali viene minata la competitività delle imprese sui mercati internazionali. Produttori e associazioni del vino vogliono invece che un’informazione trasparente faccia conoscere ai consumatori il valore dei prodotti vitivinicoli di qualità Doc, Docg e Igp. La vendemmia 2020 ha prodotto oltre 46 milioni di ettolitri, con cui l’Italia si conferma leader mondiale della produzione; circa il 70% si trasformerà in vini di qualità, il restante 30% sarà destinata ai vini da tavola.
Il giusto impegno della Commissione Europea per tutelare la salute dei cittadini non può tradursi in decisioni semplicistiche che rischiano di criminalizzare ingiustamente singoli prodotti indipendentemente dalle quantità consumate. L’equilibrio nutrizionale va infatti ricercato tra i diversi cibi consumati nella dieta giornaliera e non certo condannando lo specifico prodotto.
L’Italia è il Paese più ricco di piccole tipicità territoriali con il rischio di danneggiare prodotti dalle tradizioni secolari con un impatto devastante sull’economia, sull’occupazione, sulla biodiversità e sul territorio dove quando una stalla chiude si perde un intero sistema fatto di animali, di prati per il foraggio, di prodotti tipici e soprattutto di persone impegnate a combattere, spesso da intere generazioni, lo spopolamento e il degrado.
Si tratta peraltro di settori già duramente colpiti dall’emergenza Covid, che ha precedentemente costretto alla chiusura di osterie e ristoranti, che sono luogo simbolo di consumo di carne, salumi e vini di qualità. Una provocazione nei confronti dell’Italia a dieci anni dal riconoscimento Unesco della dieta mediterranea fondata proprio su una alimentazione diversificata che con pasta, frutta, verdura, carne, extravergine e il tradizionale bicchiere di vino consumati a tavola in pasti regolari hanno consentito fino ad ora agli italiani di conquistare il primato europeo di longevità.
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La strategia Farm to fork della Commissione Europea
Del resto, la Commissione europea, nella sua strategia Farm to fork rivolta al futuro del mondo dell’agroalimentare, fissa chiaramente l’obiettivo di ridurre i consumi di carne, in particolare le carni rosse e trasformate, associate ai rischi di tumore da diversi studi, anche dello Iarc dell’Oms.
Sembra che la campagna stampa condotta da alcune ong vegane in questi mesi abbia portato i suoi frutti: chiedevano lo stop ai fondi Ue per la carne, e sembra che Bruxelles le voglia accontentare. Peccato che così facendo si infliggerebbe un colpo mortale a un settore centrale non solo per l’economia italiana, ma anche per quella Dieta mediterranea che, ricordo ai salutisti dell’ultima ora, è universalmente riconosciuta per i suoi benefici alla salute”.
L’ingenuità (in realtà la parola sarebbe un’altra) di quella politica italiana comincia a manifestarsi in modo sempre più chiaro. Proprio nelle ore in cui il presidente Mario Draghi, viene chiamato a presiedere un Governo ‘europeista’, la stessa Unione europea in versione Verde-fondamentalista si appresta ad assestare il colpo forse mortale ad alcuni prodotti del Made in Italy. E questa volta a pagare il conto non saranno solo il Sud Italia e la Sicilia, ma anche – anzi soprattutto – l’economia del Nord. Perché se è vero che i vini si producono dal Veneto alla Sicilia, è anche vero che quasi tutta la carne rossa e quasi tutti i salumi sono una prerogativa del Nord Italia.
La politica della Commissione è una dichiarazione di guerra contro l’agricoltura, italiana in primis, ma del Mediterraneo in generale, perché si basa su prodotti tradizionali che la storia ha voluto si evolvessero verso l’essiccazione, come salami, prosciutti etc. Tra l’altro la stupida campagna della UE non fa differenza fra prodotti solo salati, quindi praticamente naturali, e prodotti che invece sono ricchi di additivi e di chimica. Del resto che ne sa un estone del prosciutto di San Daniele? Allo stesso modo vengono trattati i vini che, in quantità moderata, sono parte della cultura mediterranea da almeno tre millenni, dai tempi di Omero, quando in certe zone che ora si arrogano di farci scuola non sapevano neppure contare con le dita”.
Giusto rendere i consumatori consapevoli dei rischi legati all’alimentazione, ma le etichette UE veicolano informazioni che partono da un principio errato. Vino, carne e salumi non sono in sé nocivi per la salute, dipende tutto dalla quantità che si assume.