Pace, mito e marketing – la storia della colomba pasquale

Tra mito e marketing: un viaggio a ritroso nel tempo della colomba pasquale, il dolce lombardo simbolo di pace e speranza dal 2005 indicato come Prodotto Agroalimentare Tradizionale.

Si avvicina la Pasqua e con lei il ritorno di tavole ben imbandite, la preparazione di pietanze tipiche e il classico pic-nic di pasquetta, accompagnato dalla speranza che proprio in quel giorno non piova. Così, se a Natale il pasto si conclude spesso con il panettone o il pandoro, il prossimo 20 aprile molti italiani lo concluderanno con una colomba pasquale. Il rapporto di questi dolci festivi è più stretto di quel che si può pensare: hanno ingredienti simili e nascono nella stessa fabbrica negli anni ’30. Partiamo da questa storia da questa storia, per arrivare alle leggende ambientate in Lombardia.

1930: l’invenzione della Colomba Motta

Ha un certo romanticismo pensare ad un dolce come un viaggio nel tempo, forse perché in questo modo si prova a rendere meno ignoto e misterioso il passato o a cristallizzare un tempo che pare sfuggirci dalle mani. Vedremo, nel penultimo paragrafo, come la Colomba si colloca nel passato.

In verità, sebbene si possa ragionevolmente pensare che esistessero già dolci simili alla Colomba pasquale, quella che noi conosciamo oggi è stata ideata da Dino Villani solo negli anni ’30 del 1900. In quel periodo il pubblicitario lavorava per l’azienda Motta e si trovò davanti all’esigenza di rinfoltire la produzione anche nel periodo post natalizio. Per riuscirci ha ben pensato di sfruttare gli ingranaggi dell’azienda e preparare un dolce che potesse rappresentare simbolicamente la Pasqua e avere un processo di produzione non molto diverso dai lievitati natalizi.

Manifesto pubblicitario commissionato da Villani all’artista francese Cassandre.

La pace e la speranza vengono portate dalla colomba fin dall’Antico testamento alla fine del diluvio universale, e questo è il significato che porta con sé il lievitato che oggi portiamo in tavola. Villani riesce così a creare il perfetto connubio tra simbolismo religioso, produttività e utile, attraverso una perfetta mossa di marketing.

Da quel momento in poi sempre più aziende hanno iniziato a produrre la Colomba pasquale, fino a diventare, nel 2005, un PAT, Prodotto Agroalimentare Tradizionale della Lombardia.

La colomba come PAT

Burro, farina di frumento, zucchero, uova e scorze di agrumi sono gli ingredienti obbligatori di una Colomba pasquale che rispetti il decreto del Ministero delle Attività produttive del 22 luglio 2005. Sono inseriti, nello stesso documento, anche le percentuali minime in cui devono essere presenti e gli ingredienti facoltativi previsti, sia nell’impasto che nella glassatura.

Il simbolo della pace in tavola, infatti, passa per una denominazione a livello nazionale, la PAT, Prodotti Agroalimentari Tradizionali, che distingue i prodotti della tradizione che prevedono un metodo di lavorazione, conservazione e stagionatura (nel caso in cui questa sia prevista) consolidato da almeno 25 anni. È stato istituito con il d.lgs. 173/98 attraverso un primo elenco nazionale aggiornato annualmente dalle singole regioni.

Oggi di colombe pasquali che abbiano ingredienti diversi da quelli menzionati è indubbiamente possibile trovarne sempre di più. Colombe vegetariane e vegane, oppure altre che in aggiunta hanno il pistacchio, la frutta o altro, prosperano nelle pasticcerie. Queste dovrebbero essere descritte in etichetta come dolci pasquali.

I miti dietro la colomba

Dopo aver fatto un passo indietro nel tempo di venti anni, facciamone uno più lungo: la storia della colomba può andare molto a ritroso del tempo, ma in uno spazio abbastanza definito, la Lombardia, prima nella città di Pavia e poi a Legnano.

A Pavia sono ambientati due miti risalenti al VII secolo che precedono la storia della colomba. Il primo è quello che vede come protagonista il re Alboino che, una volta assediata ed occupata la città, riceve in offerta dai pavesi dei dolci a forma di colomba, in segno di pace. Questo avvenimento valse a Pavia il titolo di capitale del regno longobardo.

Il secondo, invece, narra del pellegrino irlandese San Colombano ospite della regina Teodolinda. In questa occasione venne invitato ad un pranzo insieme ai monaci che aveva al seguito. Il sontuoso banchetto era ricco di selvaggina, che i commensali rifiutarono perché era in corso il periodo di penitenza quaresimale. Riconosciuta l’offesa posta alla regina, provarono a rimediare; San Colombano, così, con un segno della croce trasformò la carne in colombe di pane.

Andiamo avanti nel tempo fino all’XI secolo quando, durante la battaglia di Legnano, i comuni della lega Lombarda sconfissero l’imperatore germanico Federico Barbarossa. Quando un condottiero vide due colombe posarsi sul carroccio le interpretò come segnale di buon auspicio e fece in modo che si preparassero pani dolci a forma di colomba per incoraggiare l’esercito.

Curiosità

Il celebre dolce pasquale non è l’unica Colomba che possiamo trovare sulle tavole degli italiani, tutte con origini diverse. Dal sud al nord, passando per le isole, troviamo altri esempi di alimenti con forma di colomba o molto simili per ingredienti. Per riportarne alcuni, in Sicilia troviamo i Palummeddi o Pastifuorti, in Sardegna la Caombasa o Colombelle, ed in Veneto la Fugassa.

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