Berberè nasceva più di dieci anni fa con l’idea della pizzeria di quartiere che voleva diventare riferimento per la sua pizza semplice, buona e da condividere. La sua particolarità l’amore per il lievito madre vivo. In dieci anni Berberè è diventata esempio di impresa vincente nel mondo della pizza dove la qualità e l’artigianalità rimangono sempre al primo posto. Ce lo siamo fatto raccontare da Matteo e Salvatore Aloe creatori di questa avventura.
Immaginate una pizzeria, in una area commerciale, con 10 pizze in menu, solo vini naturali, no coca cola. Immaginatela nel 2010, non oggi! Questo era lo scenario, non proprio semplice, della prima sede di Berberè aperta Castel Maggiore in provincia di Bologna. In compenso l’entusiasmo era tanto e pure l’incoscienza -come sottolineano Matteo e Salvatore Aloe, creatori di questo mondo, dove la pizza è praticamente diversa. Lo è oggi e lo era anche oltre dieci anni fa, quando l’obiettivo iniziale era quello di diffondere nel bolognese la cultura della buona pizza e per farlo avevano deciso di andare contro a quei dogmi che sembravano intoccabili nella pizza.
La prima idea di Berberè e Berberè oggi.
Berberè nasceva più di dieci anni fa con l’idea di diventare la pizzeria di riferimento del quartiere, un posto accogliente dove trascorrere una serata in compagnia. Così ce la descrivono i due fratelli. L’idea era dare vita ad un luogo comfort e conviviale, dove anche la pizza diventava il comfort food, gustoso e goloso da condividere con gli altri commensali. Alla base di questa idea di pizza e pizzeria c’è l’ingrediente principale, quello distintivo: il lievito madre.
Oggi Berberè è una realtà consolidata a livello nazionale e non solo, con ben 17 locali, 15 in Italia (Milano, Bologna, Torino, Verona, Castel Maggiore e Roma) e due a Londra, al 4° posto della classifica 50 Top World Artisan Pizza Chains della guida 50 Top Pizza 2022. Una realtà che possiamo affermare sia “lievitata e maturata bene.
“Ma essenzialmente l’approccio è sempre lo stesso, il nostro obiettivo è di continuare a far ciò che abbiamo sempre fatto, senza fronzoli e senza compromettere la qualità dei nostri impasti e dei nostri prodotti. Tutto viene fatto come il primo giorno nella prima pizzeria, solo un po’ meglio” ci racconta Matteo.
Una realtà che nonostante la grandezza, ha un controllo diretto e risponde a degli standard di qualità studiati, cercati e trovati. E ogni singolo punto Berberè deve saper essere rappresentante di una filosofia e di un’idea di pizza ben precisa. Tutto il personale per questo motivo è adeguatamente formato perché non devono esistere sbavature tra una sede e un’altra. Bontà a parte della pizza la bravura di Matteo e Salvatore come manager è stata proprio questa: replicabilità rimanendo artigianali.
La Pizza secondo Berberè
“La pizza per noi è sinonimo di felicità. Essere imprenditori nell’ambito della pizza significa appunto creare uno spazio dove, come dice il nostro motto, “persone gentili servono pizze buonissime in posti bellissimi!”
Questo è il pizza-pensiero dei due fratelli Aloe, che da Maida (Cz) dopo gli studi a Bologna hanno deciso di applicare competenze e passione in un ambito dove la sperimentazione è di casa, seppur sacrilega per i puristi, per crescere ed espandersi. In Berberè ci sono numerosi elementi ed esperienze messe insieme, sommate e fuse tra loro, come ci raccontano Matteo e Salvatore: “c’è un caleidoscopio di esperienze, che spaziano dalla panificazione, fino al design, l’architettura e la musica. Così abbiamo trovato in Berberè, che è un mix di spezie etiopi, il nome ideale che raccontasse e sintetizzasse ciò che siamo: un mix di competenze e culture che messe assieme hanno dato vita ad un’esperienza unica. La nostra esperenza!”
Parliamo ora del disco di pasta made in Berberè e scopriamo insieme agli Aloe come viene fatto e come viene pensato soprattutto. La pizza qui risponde a due parole d’ordine – condivisione e artigianalità – che sono i principali valori intorno a cui nasce e cresce questa avventura. Come sottolinea Matteo: “ La prima parola richiama subito la nostra pizza, tagliata in 8 spicchi, ideale per essere condivisa in nome della convivialità, per poter assaggiare vari gusti. La seconda fa riferimento non solo al nostro modo di lavorare (preparando quotidianamente i nostri impasti in ognuna delle pizzerie), ma anche a una rete di fornitori fidati, frutto di anni di ricerca e di relazioni, che fanno sì che gli ingredienti che guarniscono le nostre pizze rispecchino alti standard di qualità”.
Ci troviamo di fronte ad una pizza artigianale sopra e sotto, fatta esclusivamente da lievito madre vivo, farine biologiche di tipo 1, guarnita con prodotti freschi e stagionali, leggera e gustosissima. Morbida dentro e croccante fuori. Effetto che si percepisce al tatto, quando prendi e pieghi la fetta di pizza e che senti al morso. Impasto scioglievole, anche con una alta digeribilità e che nella sua completezza di ingredienti non è mai pesante, grazie anche a fermentazioni lente a temperatura controllata.
La scelta del lievito madre non è casuale, non è moda o un capriccio stilistico. Il su utilizzo trova ragione d’essere nell’impasto, nel sapore, nella consistenza, come ci spiega Matteo, che è un gran cultore di lievitati e fermentati: “Il lievito madre dona all’impasto un sapore particolare e inconfondibile, rotondo ed acidulo. Ci consente inoltre di rendere le nostre pizze leggere, sicuramente più digeribili e dalla consistenza perfetta.
L’impasto viene preparato ogni giorno, in ogni locale, partendo da farina, acqua e lievito madre vivo. Lasciato poi riposare per 24h a temperatura ambiente controllata, tra i 20 e i 24 gradi. Per quanto riguarda le farine utilizziamo semi integrali macinate a pietra, insieme ad Alce Nero (agricoltori che il biologico lo fanno da 40 anni), Molini Pivetti e Mulino Marino. Prestiamo molta attenzione anche alla cottura, che avviene a temperature più basse dello stile “napoletano”, questo essenzialmente perché altamente idratate e in questo modo garantiamo una cottura completa ed omogenea”.
E infine c’è un altro ingrediente importante nella pizza di Berberè e si chiama sostenibilità, che si ritrova non solo nella scelta dei materiali e delle materie prime, ma anche da un punto di vista sociale e umano. “Sostenibilità per Berberè – ci dicono i due – significa non solo preservare l’ambiente, ma contribuire ad un mondo socialmente ed economicamente più equo. Dai prodotti utilizzati alla scelta dei fornitori fino ai contratti di lavoro, tutto contribuisce a fare impresa in modo sostenibile. Quando scegliamo i prodotti di un’ azienda agricola valutiamo parametri come il rispetto del lavoro, l’impiego della terra, la valorizzazione delle tradizioni produttive di territorio. Tra le azioni concrete, la trasformazione di tutte le forniture elettriche in 100% energia green e l’utilizzo di packaging per il delivery completamente sostenibile, così da perseguire l’obiettivo di riduzione dell’impatto.
Berberè, una pizza che piace
La nostra degustazione è stata presso Berberè di Roma a Via Mantova. E uno dei nostri primi pensieri è stato: piacerà questa tipologia di pizza ai romani? Domanda lecita in una città legata alla sua pizza identitaria, quella sottile e scrocchiarella, ma che vive con entusiasmo la pizza contemporanea, i cornicioni pronunciati, gli abbinamenti gourmet. E da quanto visto e assaggiato e da quanto ci confermano i titolari stessi: “ai romani piace molto per fortuna! Non è né napoletana, né romana ma è Berberè. È una pizza un po’ diversa dal resto, ma senza essere eccessiva. Inoltre la nostra pizza in generale piace tanto, oltre che l’altissima qualità delle materie prime utilizzate e dell’impasto, anche perché è una pizza che stimola la convivialità attraverso l’idea semplice di dividerla in otto spicchi per farne assaggiare di diverse”.
“Ovviamente ogni pizza che immaginiamo e poi inseriamo in menu è unica e rispecchia un principio di stagionalità ed equilibrio di sapori. Una pizza del cuore? Tra le classiche, forse la Napoli” ci conferma Matteo Aloe a cui abbiamo chiesto se esiste una pizza preferita e concordiamo anche sulle new entry del menu estivo – da provare assolutamente – la ‘Nduja e Burrata, o anche la Brewmaster Special, una bomba, fatta in collaborazione con Garret Oliver di Brooklyn Brewery pensata per esaltare il gusto della birra (che troverete in carta per tutta l’estate). Si tratta di una pizza a base di crema di peperoni, zucchine al forno, robiola di capra, salsa harissa, coriandolo, menta e prezzemolo: ingredienti vari, dai toni decisi, che insieme danno nella loro convivenza complessa, un equilibrio di sapori mediterranei, tutti bilanciati tra dolcezza, freschezza, piccantezza che si alternano al palato.
Abbiamo provato anche qualche classico come la Napoli dove è stato possibile percepire la qualità degli ingredienti base e come il concetto di semplicità sappia essere magistrale. E come più volte detto durante la nostra chiacchierata: “per noi il concetto di pizzeria stesso ha a cha fare con la semplicità il divertimento e l’idea di passare piacevoli momenti. Fin da quando è nata l’idea del progetto Berberè abbiamo voluto valorizzare esclusivamente la pizza, nella sua essenza, senza eccessivi “ricami” mantenendo la sua anima popolare ma rendendola allo stesso tempo più pop, sana, divertente, interessante. Quindi, ci piace osare con la semplicità dei prodotti di qualità che selezioniamo con cura, ma mantenendo sempre i principi di accessibilità, non solo economici ma culturali, che la pizzeria ha rappresentato e rappresenterà ancora a lungo”. E questo è un fondamentale di Berberè, anche in un moment storico di grande ricerca, evoluzione e voglia di stupire con pizze di tendenze o glamour.
Altro assaggio fatto, durante l’edizione romana della Pizza Week, è stata la Bologna, a base di Mortadella di Mora Romagnola, patate schiacciate all’olio, fiordilatte, pesto di basilico con mandorle. Una pizza ricca, omaggio alla città adottiva e da cui questa avventura prende inizio. Una pizza golosa, che gioca tra dolcezza, e sapidità, dal carattere rotondo.
Non meno importante il doppio impasto. Abbiamo avuto modo di degustare la “classica” pizza Berberè a base di lievito madre e quella con Idrolisi, un impasto in cui la lievitazione viene generata da un impasto base di acqua e farina che si lscia a riposare e in cui si innesca la fermentazione in modo spontaneo. In sintesi sarebbe un impasto senza lievito. La differenza si percepisce ad occhio in un disco meno alto rispetto a quello con lievito madre, più digeribile e anche dal sapore di grano più intenso.