Esiste la felicità alimentare? E soprattutto cos’è?
Questi gli interrogativi di partenza dai quali Alex Revelli Sorini e Susanna Cutini, gastrosofi e docenti dell’Università San Raffaele di Roma, sono partiti per dar vita al loro libro Manuale di Gastrosofia, approccio multidisciplinare alla felicità alimentare, edito da Alieno Editrice.
La felicità alimentare
Secondo i due studiosi di alimentazione non ci sono dubbi, la felicità alimentare esiste ed è il risultato di una combinazione perfetta e consapevole di diversi ingredienti. Ingredienti non solo da cucinare, che troviamo nel piatto, ma anche complementari ad esso come la scelta, la preparazione, l’estetica, la convivialità e la cura del proprio corpo.
Le parole di Alex Revelli Sorini chiariscono ulteriormente il concetto: “la felicità alimentare si basa a nostro avviso su un approccio multidisciplinare legato alla cultura della sostenibilità e del consumo consapevole. La consapevolezza di ciò che mangiamo è alla base di tutto e ci porta a seguire, o inseguire, un’alimentazione virtuosa fonte di benessere”.
La felicità a tavola non si raggiunge, dunque, mangiando tanto, ma mangiando bene e proiettando l’atto del nutrirsi come forma esperienziale e non solo materiale. “In questo senso il cibo è tra le esperienze più in grado di stimolare la socialità e la conseguente felicità della persone – racconta Susanna Cutini – è proprio l’atto del mangiare e la soddisfazione del palato, coinvolgendo pancia e testa che dona felicità. Assolutamente non da sottovalutare ciò che viene prima del piatto, ovvero la preparazione, momento ricco di potenza spirituale. L’atto del cucinare si sublima come dono per chi mangerà con noi. E il discorso forse si amplifica ancora di più se cuciniamo per noi stessi, evitando pranzi precotti e rosticcerie, ma dedicandoci del tempo ai fornelli”.
L’esperienza del cibo
Un concetto quello dell’esperienza del cibo non nuovo, declinato in ogni forma di percorso enogastronomico e turistico, che ha dei fondamenti veri basati sul rapporto diretto tra il cibo e la mente.
“In una società liquida come la nostra c’è bisogno di multidisciplinarietà, è l’unico approccio possibile in cui i saperi si intersecano e si combinano, come nutriente di mente e corpo – sottolinea Alex – il cibo è memoria prima di tutto, è desiderio di conoscenza e non solo di sazietà. Ogni sapore innesca dei processi mentali, partecipa a nuove scoperte, si traduce in linguaggio e racconto. Mangiare va al di là dell’atto fisico, è una raffinatezza cognitiva, è quel piacere di conoscere e riconoscere con tutti i sensi i valori culturali degli oggetti assimilati.”
Come perseguire la felicità alimentare
Ma cosa si deve mangiare per essere felici? Un panino e un bicchiere di vino come cantavano al Bano e Romina, una pizza, gelato, cioccolato o le lasagne della mamma? Forse anche queste cose, ma come ci spiegano gli autori: “Sei felice se la tua dieta prevede con regolarità, oltre a ciò che piace che è portatore di felicità assoluto, cibi stagionali, funzionali per l’organismo, veri, frugali, fascinosi e festosi. E sugli ultimi due punti entrano in gioco l’estetica in quanto la bellezza di un piatto è anche cultura e la convivialità che è fondamentale per la felicità e il benessere. Allo stesso tempo esistono le azioni della felicità alimentare, che sono: nutrirsi, muoversi e appassionarsi”.
Il Manuale di Gastrosofia
Quanto elencato nel loro Manuale di Gastrosofia viene spiegato da più punti di vista, ovvero secondo le diverse discipline che concorrono alla gastrosofia: nutrizione, sociologia, antropologia, analisi sensoriale, fisiologia. Più angolazioni per interpretare il cibo in modo completo e comprenderlo in toto, è questa la chiave interessante di questa visione felice, che a quanto pare è anche misurabile. Esiste, infatti, una formula matematica per misurare l’indice di felicità alimentare di un piatto, che vede la somma dei valori da 4 a 10 della sua Biodiversità, semplicità, bontà e bellezza diviso la sua quantità il tutto moltiplicato per la convivialità.
La sintesi di questo viaggio tra tante discipline e ingredienti si racchiude nel manifesto della felicità alimentare, alla fine del volume, e ancora di più in quelli che sono i diritti e i doveri se volete “assaggiare” la felicità. E tra i cinque punti elencati il secondo è quello che ci fa capire quale direzione prendere: “E’ diritto di tutti ricevere un’educazione del gusto. E’ dovere di ciascuno sviluppare un’educazione al gusto coltivando il risveglio dei sensi e imparando a scoprire i sapori e modi di alimentarsi”.
Da qui deriva la nostra consapevolezza e a questo punto la strada verso la felicità alimentare è tutta in discesa.