Dopo l’umami è ora di arricchire il proprio vocabolario culinario con un nuovo termine. Non un alimento bensì un esaltatore di gusto, stiamo parlando del kokumi che sta facendo impazzire gli americani.
Gli italiani amano mangiare e al di là degli alimenti tipici, cari alla dieta Mediterranea, sono curiosi e sperimentatori di piatti nuovi. A quanto pare i tempi sono maturi per allargare gli orizzonti e inserire nel proprio vocabolario culinario nuovi termini: dopo l’umami (in giapponese vuol dire “saporito”) a far parlare di sé è il kokumi.
Ne avete mai sentito parlare? Non si tratta di un nuovo alimento proveniente da chissà quale realtà asiatica. Si riferisce piuttosto a una sorta di potenziatore dei gusti. Il termine stesso, tradotto, significa “gusto ricco”. Il che la dice lunga circa la sua utilità.
Cos’è il kokumi
Alcuni lo hanno già definito come il nuovo quinto gusto dopo dolce, salato, amaro e aspro. Arriva direttamente dal Giappone il ‘kokumi‘, quel (non) sapore che in effetti non è un aggettivo, ma un sostantivo. In Oriente, infatti, con questo termine vengono indicate tutte quelle sostanze senza un vero e proprio gusto, ma che in realtà servono a esaltare il sapore di altri cibi. Se da un lato c’è ancora da disquisire sull’umami, il glutammato monosodico, dall’altro il kokumi sta già facendo parlare di sé anche oltreoceano, negli Stati Uniti.
Si tratta, secondo quanto appreso, di un esaltatore del gusto di difficile spiegazione, ma il cui effetto lo si può notare solo gustando i piatti nei quali è utilizzato. La sua capacità, è quella di rendere persistenti tutti gli altri sapori. È anche un alimento molto più sano di altri prodotti con il medesimo compito di insaporire, ma con un carica di grassi molto alta.
Il kokumi, al contrario, è completamente privo di grassi e in grado di dare maggior carattere a pietanze prive di sale e molto leggere. È oggi considerato il sapore principale nelle cucine giapponesi, le stesse molto amate in Occidente, motivo per cui questo non gusto è destinato a ritagliarsi uno spazio importante anche al di fuori del Giappone.
È impiegato così tanto nel suo paese di origine che le zuppe come il ramen hanno acquistato un gusto diverso, più intenso. Questo grazie anche al glutatione, forse la sostanza principale contenuta in tutti quei cibi che danno l’ormai famosa sensazione del kokumi.
Secondo uno studio condotto da Yuzuro Eto, per l’Istituto di Scienze della Vita della Ajinomoto, è questo il meccanismo fisiologico attraverso cui si può spiegare la funzione del kokumi: pare che il glutatione si vada a legare ai recettori del calcio sul nostro palato, gli stessi considerati fondamentali per percepire i diversi sapori che vengono trasmessi dagli alimenti.
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Il Kokumi per una cucina più internazionale
A quanto pare, il trend del kokumi è in continua crescita. È già entrato nella cucina del 20% degli americani, mentre il 66% dei consumatori occidentali continua a essere attratto sempre più dai menù del Medio Oriente. Anche gli italiani stanno man mano cambiando i propri gusti, sempre mantenendo la base tradizionale della cucina nostrana: le nuove tendenze vanno verso un maggior apprezzamento delle spezie africane e dei piatti orientali, magari proprio a base di kokumi. Ameremo presto nuovi sapori esotici, abbandoneremo le abitudini italiane a tavola per aggiungere più spezie che arrivano dal Medio Oriente e dall’Africa. Probabilmente non avremo più voglia di dolci, una cosa è certa, i gusti stanno cambiando. Gradiremo l’amaro e l’aspro e i piatti saranno di colore violetto e rosso. Tutto è pronto per il cambiamento. I piatti medio orientale e le spezie africane detteranno la nuova tendenza, e già impazza negli Stati Uniti il sapore ‘kokumi’.
Lo attesta uno nuovo report sul futuro delle industrie alimentari e della ristorazione. Chef e scienziati sono già all’opera per correggere ricette e svelarne i segreti. Il sapore che più conquisterà presto il palato di tutto l’occidente è il kokumi, la spezia non spezia pare aggiunga un senso di complessità, totalità, armonia e profondità ai piatti. Detta così dai giapponesi (kokumi significa delizioso e gusto ricco) , è identificata dagli adepti come il sesto senso.
“Il 44% dei consumatori, – spiegano gli analisti – è affascinato dai nuovi sapori, non familiari, che trovano nei menù dei ristoranti di tutto il mondo e il 55% gradirà i piatti funzionali, cioè salutari seppure con sapori forti. Per i prossimi 5 anni ci aspettiamo che sempre più chef studieranno il kokumi per creare sapori nuovi e complessi in grado di sprigionarlo”.
La cucina dei paesi medio-orientali detterà i principali trend nelle nostre cucine. Ha già conquistato il palato del 20% degli americani, crescendo del 32% nell’ultimo anno. Il 66% dei consumatori occidentali è incuriosito dai menù del medio oriente e fra gli alimenti e i sapori più apprezzati nei piatti ci sono i datteri (+19%), i pistacchi (+15%), e la menta (+ 48% per le bevande analcoliche e + 23% in quelle analcoliche).
In calo l’amore per i sapori dolci e nei dessert apprezzeremo l’olio di oliva (+16%) che riempirà la bocca di kokumi e i sapori aspri come il limone (+9%), e il frutto della passione (+15%). Cambierà anche il colore dei piatti che troveremo nei menù degli chef più innovativi e stellati: le nuance saranno il viola e il rosso(il primo colore è dovuto all’uso della radice Ube, una tuberosa molto usata nelle cucine dei paesi orientali la cui richiesta è cresciuta del 34% negli Stati Uniti, mentre il secondo è dovuto all’uso del sumac, spezia rossa dal sapore aspro che si usa nel mondo arabo).
Fra le spezie che andranno per la maggiore si segnala che il 32% degli occidentali è interessato a sperimentare sapori africani come il berberé, miscela di spezie eritree, il ‘ras el hanout’, un mix di oltre 30 spezie odorose fra le quali il cardamomo, il cumino e lo zenzero. Infine il Togarashi, spezia questa volta giapponese, che viene aggiunta alle minestre.