Cos’hai mangiato? Come spesso succede, semplici domande rivelano grandi sorprese. Questa in particolare, la preferita delle mamme che non possono provvedere al pasto dei propri figli, offre una cornucopia di saperi del mondo del cibo, e non solo. Partendo dalla risposta immediata sul menù quotidiano, è possibile ricavare numerose altre informazioni sulla persona stessa, come per esempio provenienza, abitudini, ideali morali o religioni seguite; oltrepassando il consumatore fisico si potrebbe poi spaziare ed intraprendere un viaggio conoscitivo in ambiti diversi quali storia, letteratura, antropologia o scienza che possono sembrare avere niente a che fare con l’alimentazione.
Ma l’alimentazione non è solo sussistenza. Interessarsi di cibo, oltre che rivolgere un pensiero premuroso come nel caso delle mamme, vuol dire interessarsi della società in tutti i suoi aspetti, da quelli politici ed economici a quelli psicologici ed estetici. Esiste una disciplina, un modo di pensare, che racchiude tutte queste informazioni convergenti sul cibo in un’unica parola: gastrosofia. Pensare all’alimentazione in modo gastrosofico vuol dire aprire la mente alla conoscenza e curiosare nel dietro le quinte di questo argomento che, spesso, viene dato per scontato. È vero, certo, che la prima e più importante funzione dell’alimentazione è quella di assicurarci la vita, ma è vero anche che l’argomento non si chiude con il conteggio delle calorie di un piatto di pasta.
Proprio il piatto di spaghetti al pomodoro, baluardo dell’italianità nel mondo, viene preso come esempio esplicativo delle potenzialità della gastrosofia dai professori Alex Revelli Sorini e Susanna Cutini, gastrosofi, divulgatori e docenti universitari della stessa. Analizzare un piatto di spaghetti al pomodoro con approccio gastrosofico, vuol dire considerare che la pasta ha origine araba, il pomodoro arriva dalle Americhe, l’italiano le ha combinate insieme creando un piatto nazionale. Verranno quindi indagate la storia degli ingredienti, le attività agricole correlate, la sostenibilità ambientale, i valori nutrizionali, le tecniche di cucina e di presentazione, la degustazione sensoriale, le emozioni e gli elementi di convivialità, continuando a curiosare fino, magari, ad arrivare a scoprire che la domesticazione del grano è iniziata nel neolitico e ha segnato un cambiamento cruciale nella storia dell’evoluzione umana o come oggi un piatto di lasagne della nonna attivi recettori cerebrali implicati nella gestione delle emozioni.
La bellezza di questo approccio sta nella grandezza dell’argomento che ti porta a riflessioni e interessi di ogni tipo e in ogni campo del sapere. La gastrosofia, dunque, che etimologicamente deriva dal greco “gastron” = ventre e “sofia” = sapienza, è quell’affascinante approccio multidisciplinare guidato dalla curiosità e al tempo stesso dalla consapevolezza, che unisce il mondo del cibo al mondo della conoscenza, che ti fa riflettere sulla storia che un cibo si porta dietro e quella che potenzialmente potrebbe scrivere. Questo tipo di sapere è quello che ti fa comprare un libro di neuroscienza per scegliere il giusto menù da offrire ai tuoi ospiti.