Oggi (18 giugno 2024) è la Giornata Mondiale del Sushi e noi, tra visioni e mode, non potevamo non intervistare l’uomo che lo ha sdoganato in Italia togliendogli l’h e mettendoci il genio.
“Quando arrivi giù in spiaggia è un’emozione unica… questo celeste del mare, le finestre del Clandestino, e il cielo che ci passa in mezzo. Alle otto di sera poi, con quei contrasti di luce che quasi ti trafiggono è da togliere il fiato.. Ogni volta che arrivo lì, mi fermo e mi emoziono” così, Moreno Cedroni, descrive il suo Clandestino di Portonovo. Una perla azzurra nata e rinata per compiere a luglio i suoi 24 anni di età.
Nel 1998, Moreno Cedroni presentò alla Madonnina un piatto di vetro con otto assaggi distinti di pesce crudo. Il suo obiettivo era creare qualcosa di diverso rispetto alle tendenze culinarie dell’epoca in Italia, che spesso prevedevano fettine di pesce con rucola e pomodorini, marinate in aceto o limone. C’era ancora poca abitudine a mangiare il crudo e la mania per il sushi sarebbe esplosa solo qualche anno a seguire. In quell’occasione, Moreno Cedroni voleva restituire a ogni tipo di pesce una propria personalità attraverso una ricetta specifica e fù in quel momento che nacque il suo “Susci”.
Poi, ispirandosi a una canzone di Manu Chao, arriva la decisione di aprire il Clandestino. Era la fine di maggio dell’anno 2000 e a Portonovo, insieme a Maurizio Fiorini, Cedroni trasforma quell’idea in un format gastronomico destinato a lasciare il segno. Il 10 luglio di quell’anno apre le porte, o forse meglio le finestre affacciate al mare, il Clandestino, Susci bar.
I primi piatti erano basati su ricette consolidate e i primi crudi utilizzavano sapori familiari e ben conosciuti, da cui Cedroni coniò nuove ricette di pesce crudo. Uno dei suoi primi successi fu il Tonno condito con pomodorini, cipolle e colatura di alici, un ingrediente quest’ultimo che in quegli anni non usava quasi nessuno e che invece da allora è divenuto quasi irrinunciabile nella cucina di mare. Così, anno dopo anno, Cedroni abbandona il verso fatto al sushi e inizia a studiare una vera e propria cucina capace di alzare continuamente l’asticella, ideando per ogni stagione un nuovo menu che raccontasse un pensiero. Oggi, di quei menù se ne contano 18 e il signature del 2024 è un percorso degustazione chiamato “Sushi rosa”, una dedica appassionata di otto corse dedicate a otto donne che hanno fatto la storia.
Secondo te qual è il segreto per rimanere creativi e innovativi in cucina?
Bisogna viaggiare, ogni volta che ci è possibile. Esplorare il mondo e immergersi in nuove culture, ti insegna tantissimo a prendere le misure con la creatività e poi c’è il confronto con i colleghi di tutto quel mondo, una cosa inevitabile e arricchente. Dobbiamo mantenere alto lo stimolo di assaggiare piatti sconosciuti, perché la curiosità è fondamentale. Per me, ad esempio, l’Oriente è stato determinante.
Come reagire di fronte a tutti questi nuovi stimoli e alle pressioni?
Certo ogni anno c’è una certa ansia da prestazione, che hai anche se non soprattutto con te stesso. Ci sono dei momenti in cui credi quasi di impazzire, magari perché non arrivi al giusto punto di gusto o a quel sapore che vuoi tu e che hai immaginato. Ci sono dei piatti che tu hai perfettamente in testa, che ti conquistano ancora prima che li assaggi e che poi al primo test non sono quello che volevi, ma il segreto alla fine è non demordere. Se sai bene cosa stai facendo, non devi mai mollare con la creatività.
Se tu potessi scambiare il tuo ristorante con uno qualsiasi nel resto del mondo, anche solo per un giorno, con quale lo scambieresti?
Questa è una bellissima domanda. Guarda, se fosse ancora possibile sicuramente mi piacerebbe prendere in mano anche solo per un giorno, ma intero, la cucina di elBulli1846 con Ferran Adrià. Un sogno.
Se potessi fare una gara o comunque un confronto in cucina con uno chef del passato, chi sceglieresti?
Indubbiamente sfiderei il mio maestro, che è Gualtiero Marchesi. Una persona con cui qualsiasi cosa diventa costruttiva e io, dopo 40 anni di cucina, oggi mi metterei ai fornelli senza dubbio con lui.
Invece c’è un ingrediente secondo te che è molto sopravvalutato in questo momento in cucina?
Non penso che in questo momento ci siano ingredienti sopravvalutati, ci sono solo ingredienti modaioli. Sai che ogni tanto qualcuno inizia a usare un ingrediente, come all’epoca per me fù la colatura di alici e poi piano piano, la vedi in un sacco di piatti e di ristoranti. Un esempio fra tutti è lo zenzero, noi trent’anni fa eravamo i primi ad usarlo per via del nostro susci e oggi lo trovi ovunque, ma questo non significa che sia sopravvalutato.
Qual è stato l’anno più importante della tua carriera?
Guarda ti rispondo senza pensarci, perché è stato quello in cui ho aperto il ristorante. Una scommessa folle fatta con il sostegno di mio padre e l’entusiasmo di un grande sacrificio. per questo forse posso dirti anche che questo è un anno altrettanto importante. Quarant’anni di Madonnina del Pescatore, lì a Marzocca affacciati sul blu del mare e con un laboratorio di ricerca che non si ferma mai. Per me e mia moglie Mariella è un traguardo importante.
Se potessi cambiare una cosa della cultura culinaria italiana che cosa cambieresti?
I ritmi della vita moderna. Viviamo troppo di corsa, siamo costantemente in affanno e questo porta le persone a non avere più spazio per cucinare, a casa intendo. Una volta il tempo della cucina di casa aveva ritmi e valori ben scanditi nella quotidianità, si aveva sempre la possibilità di approcciarsi alla cucina che veniva da radici proprie e oggi questo viene a mancare sempre di più. Andiamo fuori a cercare le radici degli altri e quindi io un po’ rimpiango l’uso del tempo che le future generazioni stanno perdendo.
C’è invece una moda gastronomica che aboliresti?
Nessuna moda in particolare, anzi nessuna moda e basta. Io trovo anzi interessante e stimolante che ogni tanto ne scoppi qualcuna e che ci siano dei seguaci a decidere di seguirla. Sono stimoli, anche perché se qualcosa diventa virale significa sempre che intercetta, finché durano, un bisogno che non abbiamo visto. Le cose inutili in un tempo variabile poi si estinguono da sole.
Tu prima hai parlato di ansia da prestazione: è difficile sentirsi pioniere sempre di qualcosa?
Quando ti capita non pensi di essere pioniere. Studi, sperimenti e provi cose perché è nella tua indole di realizzazione farlo. Non ho mai avuto il vezzo di essere un innovatore prima di dimostrare a me stesso di poterlo essere, davvero è una cosa che percepisci dopo. Tu cerchi di esprimerti e basta, diventi pioniere solo dopo, quando la gente apprezza quello che hai fatto. Ti faccio l’esempio dei salumi di mare, quando io ho iniziato a frollare i pesci era una vera innovazione e a parte qualcuno che ti chiedeva per curiosità, nessuno sapeva che invece poi sarebbe diventato un argomento molto comune in molte cucine. Questo significa essere stato un innovatore, ma poterlo sapere solo oggi.
Vabbé, ma in tutto questo, Moreno Cedroni va a mangiare il sushi?
Sì, certo. Mi piace tantissimo. Lo mangio quando posso e lo ordino anche anche quando vado al Clandestino, i ragazzi sono bravi e facciamo dei buoni Uramaki e dei buoni Nigiri. Li facciamo sempre con i miei fermentati e le mie salse e i miei preferiti sono quelli con lo sgombro e con l’anguilla.
Finché non scendi quel vialetto di un angolo nella Riserva naturale del Conero, che ti porta in una spiaggia bianca a contrasto con l’azzurro del cielo e del mare, non riesci a capire quell’emozione che si prova a disegnarci dentro un susci bar. Ci sono visioni che valgono il tempo di una vita e almeno in Italia, la Giornata Mondiale del Sushi dovrebbe essere il 10 luglio.