Dalla sua nascita in medio oriente 12.000 anni fa, alla sua riscoperta grazie agli arabi e ai cinesi, all’utilizzo durante l’impero romano. La pasta ad oggi è considerato uno degli alimenti più conosciuti ed apprezzati al mondo. Una tradizione millenaria che affonda le radici fin dai tempi antichi. E in questa Giornata mondiale della Pasta ripercorrere la sua storia è fondamentale per capirne l’evoluzione.
Oggi 25 ottobre si celebra la Giornata mondiale della pasta (World Pasta Day) perché la pasta è uno degli alimenti più consumati, riconosciuto a pieno come made in Italy e carico di identità.
Da dove viene la pasta?
Una delle prime forme di alimentazioni umana risale all’avvento dell’agricoltura 9.000 anni fa e con la conseguente coltivazioni di legumi e cereali, mischiati poi con l’acqua prima crudi e poi cotti, così da formare una poltiglia che diventerà successivamente un impasto che darà vita a tre categorie di alimenti legati ai cereali: la polenta, il pane cotto a secco e la pasta.
Etruschi e Romani, da quanto risulta dai rilevi archeologici, conoscevano già la pasta, più nello specifico, la lagana, ovvero la moderna lasagna composta da sfoglie di pasta farcita di carne cotta nel forno. Nella Sicilia araba del IX secolo invece si iniziarono a preparare le paste lunghe, delle specie di spaghetti che nello stesso periodo, seppur con farine diverse, si preparavano anche in Cina. Questa in particolare è una parte di storia molto controversa e dibattuta che determina la conoscenza della pasta prima del 1295, data in cui Marco Polo tornò dal suo viaggio dall’impero del Gran Khan e che dunque stabilisce le sue origini ad anni ancora più antichi e correlati alla tradizione mediterranea. Già nel XII secolo i mercanti genovesi diffusero la pasta dalla Sicilia occidentale in tutto il Nord e fino la fine del 500 il consumo tra le classi povere rimase limitato a causa del suo costo elevato.
Nel 600 la pasta era un alimento destinato alla massa quando una grande carestia colpì il Regno di Napoli dominato dagli Spagnoli, mettendo in ginocchio e alla fame la popolazione partenopea e facendo crollare nettamente il consumo di carne e pane. Da lì il popolo si riversò sulla pasta, grazie anche ad una rivoluzione tecnologica: l’invenzione della gramola, del torchio e della trafila, strumenti che hanno contribuito al ribasso dei prezzi e all’incremento del consumo. In questa epoca sono sorti diversi pastifici, soprattutto nel napoletano dove le condizioni climatiche caratterizzate da aria secca e ventilata favorirono un’abbondante produzione di pasta secca. In questo periodi i Napoletani si guadagnarono l’appellativo di “Mangiamaccheroni” e nel resto d’Italia la pasta divenne simbolo nazionale, piatto povero e popolare per eccellenza.
La pasta al pomodoro, simbolo di italianità
Possiamo affermare tranquillamente che la pasta per eccellenza, quella che rappresenta l’Italia e l’Italia nel mondo è la pasta al pomodoro. L’associazione tra Napoli e il pomodoro non è casuale ma affonda le radici da una storia secolare. Il frutto americano (pomodoro), che era già arrivato in Italia, ma che fino ad allora non era mai stato accostato alla pasta, veniva consumata dai ricchi stracotta e usata come condimento. La prima combinazione tra il pomodoro e la pasta arriverà pochi anni più tardi nel libro “Cucina Economica” di Vincenzo Agnoletti del 1803 in cui la pasta viene prima sbollentata in acqua e successivamente cotta in brodo e condita con del pomodoro, possiamo dire che più che una pasta, sembrava una zuppa.
Cavour, dopo l’unità d’Italia decretò gli spaghetti al pomodoro come cibo del mediterraneo e della nuova Italia. Famosa è la frase che citò: “I maccheroni sono cotti e noi li mangeremo”.
La pasta nel mondo oggi
L’Italia è al primo posto nella produzione di pasta, con quasi quattro milione di tonnellate l’anno. Il suo consumo è immenso, sia nelle case che nei ristoranti, dove i formati e i condimenti sono in continua evoluzione. Ogni regione d’Italia ha la sua pasta tradizionale ed una delle più conosciute sicuramente sono i maccheroni al ragù alla Napoletana che invece nell’Emilia Romagna viene cucinato con le tagliatelle o le fettuccine. Nel Lazio gli spaghetti alla carbonara o all’amatriciana, in Toscana la specialità sono le pappardelle, larghe strisce di pasta all’uovo solitamente conditi con sughi di carne di cinghiale o anatra. Le orecchiette pugliesi, i bigoli Veneti ed ancora i tortellini emiliani. I formati di pasta ad oggi sono 300, ma quasi quotidianamente ne nascono di nuovi e dunque tenere il conto preciso è quasi impossibile, ma la vera genialità è il riuscire ad accostare ad ogni tipologia un condimento che riesca a fondersi alla perfezione, ed è proprio quest’arte a rende l’Italia il paese dove la pasta riesce comunicare al massimo la propria esistenza.