Sarà il 28 aprile la Giornata della Ristorazione (Per la Cultura dell’Ospitalità italiana), pensata e voluta da FIPE – Federazione Italiana Pubblici Esercizi e realizzata con la direzione artistica di R&P Creative Studio. Ma qual è lo stato di salute della ristorazione oggi, dopo due anni vissuti in emergenza pandemia? Di cosa c’è bisogno per fare veramente il salto di qualità su tutti i livelli ed essere simbolo di cucina italiana e accoglienza?
Dopo la candidatura della cucina italiana a Bene immateriale Patrimonio Unesco anche la ristorazione italiana ha il suo momento di gloria e anche meritato va detto, il cui lancio ufficiale è stato lo scorso 4 aprile a Roma, presso la sede di Fipe-Confcommercio, in concomitanza con la presentazione del rapporto annuale sulla ristorazione.
La cucina italiana e la ristorazione sono sinonimo di cultura e convivialità. E su questi primi due valori fondamentali e riconoscibili si definisce la Giornata della Ristorazione, che sarà celebrata ogni anno il 28 aprile. Una giornata che punta a diventare internazionale e a rappresentare quell’universo variegato e ricco di sfumature della ristorazione italiana, che comprende ristoranti, trattorie, osterie e pizzerie. Stiamo parlando del grande motore dell’economia del nostro paese nel settore del turismo e dell’accoglienza.
L’evento, in programma venerdì 28 aprile 2023 riunirà i ristoratori italiani e i ristoranti italiani all’estero per costruire una grande rete di valori e di solidarietà. I ristoranti, aderendo al progetto, proporranno all’interno dei loro menu un piatto a base di pane, fil rouge del primo appuntamento ed elemento simbolo di questa prima edizione. Ad oggi sono coinvolti 5000 ristoranti italiani, 500 ristoranti italiani all’estero, 85 associazioni e 85 eventi locali e un evento centrale.
Ma perché la ristorazione italiana ha bisogno di una sua giornata celebrativa? Davide Rampello, direttore artistico di R&P Creative Studio, che partecipa alla direzione artistica di questo nuovo evento nazionale la definisce come una giornata necessaria, che “vuole celebrare la cultura della ristorazione italiana e l’arte del convivio, del vivere insieme”. Mentre Lino Enrico Stoppani, presidente di Fipe-Confcommercio la spiega in modo semplice e convincente: “La Giornata della Ristorazione, che come claim ha Per La Cultura della Ospitalità italiana, vogliamo riconoscere e dare lustro all’attivià e al lavoro quotidiano di migliaia di ristoratori, cuochi, personale di sala”.
La ristorazione italiana oggi produce valore, economia e cultura, è ambasciatrice di quella cucina che ci invidiano nel mondo e che è punto di riferimento del nostro made in Italy. E’ simbolo di cultura dell’ospitalità: i luoghi del ristoro hanno una fondamentale funzione sociale,
contribuendo alla vigilanza e al rammendo del tessuto collettivo; del recupero e la valorizzazione delle culture agrarie e dei riti popolari si uniscono al fermento delle influenze moderne e non ultimo rappresenta e lavora per la difesa dell’ambiente, perché l’ambiente si difende anche a tavola, con la qualità del cibo prodotto nel rispetto della terra e degli uomini e donne che la lavorano.
La ristorazione è dunque un tassello importante del nostro paese, che spesso non viene riconosciuto come tale o al pari di altre categorie da parte dei governi, esempio fra tutti il turismo. E la ristorazione in larga parte è strumento turistico, è meta di consumo, è elemento del sistema accoglienza italiano.
Come sta la ristorazione italiana?
Da quanto è emerso dal rapporto annuale 2023 – redatto da FIPE come ogni anno e presentato da Luciano Sbraga, direttore ufficio studi Fipe-Confcommecio – la Ristorazione italiana è in ripresa, una ripresa non ancora completa come si era ipotizzato lo scorso anno, ma che lascia sperare che con la fine di questo 2023 torneremo ai fatturati standard del pre-pandemia.
Sicuramente la voglia di convivialità intorno alla tavola è prepotente, gli italiani la sentono e la esprimono. C’è un ritorno ai consumi fuori casa, soprattutto nelle fasce serali dall’aperitivo alla cena. L’aperitivo in particolare ha avuto un boom su tutte le fasce generazionali, superando di gran lunga le pause pranzo o i consumi diurni fuori casa. Colazioni e lunch break sono in calo forse perché l’aumento dei prezzi si è fatto sentire anche in questa fetta di spesa, forse perché sono cambiate le abitudini di consumo degli italiani stessi a pranzo. Se ci fate caso, molti lavorano da casa ancora o comunque l’adozione dello smart working fa gestire diversamente il momento del pranzo che si traduce in un pranzo a casa veloce, un delivery a casa (e qui si apre un altro capitolo), forse c’è necessità di un pranzo più light e salutare. Tanti sono i motivi, tante le alternative di comportamento.
Va invece forte la ristorazione tipica, quella tradizionale locale, soprattutto nei piccoli borghi, che vivono a pieno la loro rivincita. Riscoperti con il turismo di prossimità dall’estate 2020, a sua volta adottato da tutti senza differenze di genere ed età, specie al sud Italia, oggi giocano un ruolo fondamentale per le attività ristorative locali oltre che per il sistema turistico nazionale.
Da quanto si evince non è propriamente corretto parlare di “ritorno allo standard”, in quanto è cosa oramai accertata che i comportamenti dei consumatori, le abitudini e gli stessi consumi fuori casa sono cambiati. E la ristorazione deve fare i conti con questo cambiamento, deve adattarsi con intelligenza per trarne benefici e vantaggi. Insomma la ristorazione e i ristoratori devono essere lungimiranti, rimettersi in gioco con entusiasmo e con le novità di settore.
Non si può pensare ad una ristorazione immobile, ad una ristorazione ancorata al vecchio che vuole “restaurare” e non “innovare”. Tutto ciò porterebbe al “decesso” di molte attività non capaci di stare al passo con i tempi e che poi sono quelle stesse attività, che secondo il rapporto sulla ristorazione, hanno chiuso o rischiano la chiusura definitiva nel corso dell’anno.
Il cambiamento passa dalla formazione
Il cambiamento e l’adattamento sono concetti cardine, così come trova la sua centralità il concetto della formazione. C’è bisogno infatti di formazione e di competenza più alte e adeguate se la nostra ristorazione vuole essere veramente competitiva, ma soprattutto essere rappresentativa di quella tradizione e cultura che ci portiamo dietro da secoli. In sintesi la ristorazione italiana ha bisogno di nuove leve, che siano culturalmente preparate al servizio e all’accoglienza, che abbiano delle competenze importanti e una cultura enogastronomica solida.
Alla parola formazione si aggiunge anche la parola sostenibilità quando si pensa alla ristorazione, sia nel senso economico che ambientale, ma anche digitalizzazione, valorizzazione del patrimonio enogastronomico locale (vini e prodotti tipici). Sono queste le coordinate che la Fipe, e tutti i suoi partner, suggeriscono. Come lo stesso presidente Fipe Stoppani sottolinea: “la ristorazione deve essere sempre più digitale, nei sistemi di pagamento, nell’utilizzo di servizi come il delivery, nei menu e nelle carte dei vini, con relativa gestione del magazzino, senza contare poi la comunicazione e la presenza on line delle attività. Sono tutti elementi imprescindibili che concorrono al successo e ala crescita e oggi anche grazie al Pnrr e ai diversi sistemi di consulenza e di tutoraggio non possiamo prenderci il lusso di rimanere indietro”.
Ecco dunque che la Giornata della Ristorazione trova un senso compiuto, diventa stimolo, momento di riflessione e di crescita, un segnale forte, in tempi difficili, per esprimere come il mondo della ristorazione possa farsi testimone e portavoce del valore dell’ospitalità e del senso di comunità.