È capitato a tutti di leggere le etichette alimentari e non comprenderle a pieno. Certamente tra sigle alfanumeriche, sostanze chimiche e una lunga lista di ingredienti è facile che sorgano dubbi rispetto all’effettiva genuinità di quello che mettiamo nel carrello. Ecco che, dagli aumentati scettiscismi circa la chiarezza delle etichette, nasce negli ultimi anni, il movimento “Clean label project”.
Le etichette alimentari, per legge, vengono definite come “l’insieme delle menzioni, delle indicazioni e dei marchi di fabbrica o di commercio, delle immagini o dei simboli che si riferiscono ad un prodotto alimentare e che figura direttamente sull’imballaggio, sulla confezione, su una etichetta appostavi o sui documenti di trasporto” (art. 1 D.lgs 109/92).
Tutte queste informazioni sono necessarie per la trasparenza verso il consumatore e hanno come primo obiettivo quello di aumentare la consapevolezza rispetto l’alimento. Tuttavia, nel sistema alimentare moderno, queste informazioni arrivano ad essere numerose e diversificate, così come sono diversificate ed ampie le tipologie di prodotti disponibili. Infatti, nel tempo, questa immensità di definizioni, marchi e simboli ha generato confusione, tanto rendere l’informazione alimentare sempre più sfocata e poco chiara. Come conseguenza il consumatore si stente smarrito ed esegue scelte di acquisto casuali e per nulla consapevoli.
Questa non totale, e talvolta mancata, comprensione delle etichette alimentari rappresenta una perdita su due versanti: perdono i consumatori perché acquistano prodotti in maniera non ragionata, non soddisfano i propri bisogni e non rimangono pienamente soddisfatti dei propri acquisti. La sconfitta, inoltre, ricade anche sui produttori, perché, pur sforzandosi di conferire ai loro prodotti attributi innovativi e positivi (per esempio, ridotto contenuto di sodio, senza grassi idrogenati, commercio equo-solidale, pesca sostenibile etc.), non trovano riconoscimento ed apprezzamento da parte dei clienti, i quali rimangono all’oscuro circa la qualità dei prodotti alimentari.
Tra obbligatorio e facoltativo: cosa ci dicono le etichette alimentari
È l’Unione Europea che si occupa di regolare tutto ciò che appare sulle etichette alimentari. Infatti, il Regolamento 1169/2011 (UE) stabilisce che tutte le informazioni devono essere comprensibili, chiare, leggibili ed indelebili e l’obbligatorietà si estende a tutti gli alimenti: non solo quelli confezionati, ma anche quelli sfusi, come frutta e verdura, e quelli preincartati, come carne, formaggi e salumi al taglio.
Vengono poi definite chiaramente quali sono le informazioni obbligatorie:
- denominazione di vendita
- elenco degli ingredienti (in ordine decrescente di quantità)
- termine minimo di conservazione o data di scadenza
- produttore, lotto e sede dello stabilimento
- paese di origine (per una specifica classe di ingredienti alimentari)
- quantità netta
- tabella nutrizionale e valore energetico per porzione o per 100g
- modalità di conservazione e di utilizzo
- titolo alcolometrico nel caso di bevande con contenuto alcolico >1,2%
Inoltre, è necessario sottolineare la presenza di ingredienti in grado di scatenare allergie o intolleranze, ed è per questo che di solito li vediamo scritti in grassetto.
Proprio per via della problematica allergeni, è facile trovare sulle etichette la dicitura “Può contenere tracce di…”. Questo ci dice che l’alimento, pur non contenendo l’allergene, può aver subito una possibile contaminazione accidentale con esso e questo è un rischio per la salute dei soggetti allergici.
Non solo informazioni obbligatorie, è frequente anche trovare delle indicazioni aggiuntive (facoltative e volontarie) che promuovono particolari aspetti dell’alimento. Dai marchi DOP, IGP, STG e biologico, passando per i marchi etici ed ambientali, fino ai “claims nutrizionali”. Questi potenti strumenti di informazione sono molto attrattivi e riscuotono molto successo sul mercato, per questo ci sono dei Regolamenti specifici che disciplinano questi marchi volontari, in modo che siano veritieri e mai fuorvianti.
Gli errori più comuni durante la lettura dell’etichetta alimentare
La differenza tra “Da consumarsi entro” e “Da consumarsi preferibilmente entro” è uno degli aspetti che più fa confondere il consumatore. La corretta interpretazione di queste diciture potrebbe, invece, essere d’aiuto per ridurre gli sprechi alimentari.
Nel primo caso dovremmo attenerci fedelmente a quella data perché superandola, il prodotto potrebbe essere rischioso per la salute e non più commestibile. Se invece ritroviamo la seconda formula, il prodotto potrebbe essere consumato anche oltre tale data, a patto che non siano presenti evidenti segni di deperimento, come muffe o odori anomali. In questo caso il produttore non garantisce la conservazione delle caratteristiche sensoriali e strutturali dell’alimento: per esempio, può venir meno la fragranza o la morbidezza, ma il prodotto, consumato entro pochi giorni, potrebbe ancora essere sicuro.
Nasce il Clean Label Project
L’ampliamento dei nostri bisogni ha contribuito ad affollare sempre più gli scaffali dei supermercati tanto da andare a lede la funzione basilare dell’etichetta alimentare: informare. Questo è preoccupante perché, in un contesto in cui gli alimenti sono sempre più complessi, astratti ed “immateriali” (ovvero possiedono caratteristiche non facilmente verificabili del consumatore), l’etichetta rappresenta l’unico strumento a cui ci si può aggrappare per fare acquisti consapevoli.
Nel 2017, un gruppo di consumatori sensibile alla tematica ha avviato e guidato un movimento, carico di trasparenza e voglia di genuinità. Il movimento alimentare, noto con il termine “Clean label project” richiede delle etichette alimentari di facile comprensione ed alimenti con ingredienti naturali, familiari e privi di additivi.
Si tratta di un’organizzazione americana senza scopo di lucro che fa della semplicità una vera e propria missione. Il suo scopo è quello di portare verità e trasparenza nell’ormai complesso mondo dell’etichettatura alimentare. Secondo il movimento l’etichetta dovrebbe, come una fotografia, far capire in maniera rapida, nitida e senza troppi sforzi, le caratteristiche dell’alimento.
Non c’è ancora una netta definizione di “clean label”, ma la maggior parte dei consumatori quando pensa al concetto di “etichetta pulita” pensa a etichette semplici e chiare con una lista di ingredienti breve e sintetica. Quanto più la lista degli ingredienti è complessa, piena di sigle alfanumeriche e nomi di composti chimici complicati, tanto più si allontana dal concetto di chiarezza. Secondo il movimento, gli alimenti con “etichette pulite” sono quelli fatti da ingredienti che i consumatori “potrebbero trovare nella loro dispensa”.
Il progetto conduce test indipendenti per oltre 100 inquinanti alimentari, stimolando la ricerca scientifica e le autorità a porre limiti più stringenti specialmente per gli alimenti dedicati all’infanzia, ma anche per la cosmesi e pet-food. Clean Label Project crede fermamente che ogni consumatore abbia il diritto di sapere cosa sia contenuto realmente negli alimenti e condivide i risultati scientifici pubblicamente in modo da aiutare l’intera comunità a scegliere nel modo più consapevole e trasparente possibile.
La virtuosità delle etichette trasparenti
L’etichetta alimentare, sebbene sia diventata sempre più difficile, potrebbe essere uno strumento utile per guidare i consumatori e magari anche avvicinarli, in maniera consapevole, a prodotti di migliore qualità rispondenti alle loro esigenze di consumo.
Per di più, etichette più chiare giovano anche ai produttori, i quali potrebbero basare la loro concorrenza sulla qualità e non sulla disinformazione. Le aziende alimentari possono usare l’etichetta per mettere in evidenza l’alto valore dei prodotti, per dimostrare i loro sforzi di innovazione e sostenibilità, pur rispettandone la veridicità e la trasparenza.
In ultima istanza, l’etichetta può diventare uno strumento importante e potentissimo per incrementare la conoscenza dei consumatori riguardo nuove tecnologie, alimenti innovati e aspetti nutrizionali.
Infatti, i vantaggi di un’etichetta trasparente ed efficace costituiscono un circolo virtuoso. Un’etichetta alimentare ben pensata, come un autentico vessillo di informazione, potrebbe accrescere la consapevolezza del consumatore riguardo l’intero settore alimentare.