In occasione della VIª Settimana della Cucina Italiana nel Mondo – in programma dal 22 al 28 di questo mese – vi proponiamo alcune voci delle più comuni convinzioni degli stranieri sulla cucina italiana che in realtà sono completamente, “autenticamente” false, dalle fettuccine Alfredo alla Caesar Salad, passando per gli spaghetti con meatballs.
Siamo il Paese della buona tavola dove ogni angolo di territorio propone prodotti gastronomici e piatti irresistibili. All’estero la nostra cucina è probabilmente la più rinomata e apprezzata in tutto il mondo fatta di pasta, carne, formaggi, salumi, olio d’oliva, dolci e mille altri prodotti tipici che rappresentano un’icona universale in termini di gusto, qualità e tradizione. Un vessillo del Made in Italy perennemente issato. Eppure non tutto ciò che all’estero si pensa in proposito è vero. Detto subito che un piatto su tre preparato fuori dai nostri confini nazionali è falso, esistono ristoranti che propongono ai propri clienti specialità che in Italia sono inesistenti utilizzando impropriamente parole, colori, riferimenti, immagini, denominazioni e ricette che richiamano al nostro paese per preparazioni che non hanno nulla a che fare con la nostra realtà gastronomica. In aggiunta a questo, molte pietanze o abitudini culinarie vengono fraintese, manipolate da sedicenti esperti gastronomici, chef locali o, ancor peggio, cuochi capelluti o signore per bene di lontane origini italiane a noi completamente sconosciute, millantatori di fantomatiche nozioni di autentica cucina italiana che, grazie a TV, libri e riviste contribuiscono a diffondere e alimentare parecchi falsi miti e caricature di piatti della nostra tradizione di cui gli stranieri sono fermamente convinti.
Ecco allora, in occasione della VIª Settimana della Cucina Italiana nel Mondo – in programma dal 22 al 28 di questo mese – il decalogo, sebbene sia è composto da 22 voci, delle più comuni convinzioni degli stranieri sulla cucina italiana che in realtà sono completamente, “autenticamente” false.
1 – SPAGHETTI BOLOGNAISE (o SPAGHETTI ALLA BOLOGNESE). È forse uno dei piatti italiani più famosi e richiesti al mondo. A rigore, si tratta di un cumulo di spaghetti scotti, ricoperti da una colata di “un qualcosa” somigliante a ragù pronto comunemente chiamato “Bolognaise” o “Bolonese”. I ristoranti “più eclettici” lo accompagnano con pane a fette o foglie di insalata. Peccato che sia praticamente impossibile trovare un ristorante a Bologna che lo serva e, soprattutto, la vera ricetta parli di “Lasagne alla bolognese” e non di spaghetti! Se proprio si vuole gustare il piatto-simbolo per eccellenza della città, al ristorante occorrerà chiedere un piatto di spaghetti con il tonno alla bolognese. Pochi lo sanno, ma sono solo questi i veri, autentici spaghetti alla bolognese.
2 – PANE E OLIO. Bizzarra consuetudine di molti ristoranti all’estero, soprattutto nei locali italiani di basso cabotaggio negli USA e nel Regno Unito. Tralasciando la frequente, discutibile qualità e provenienza degli ingredienti, consiste nel portare in tavola del pane a fette accompagnato da un piattino d’olio d’oliva talvolta con l’aggiunta di qualche goccia di aceto balsamico. L’intento sarebbe di mescolare e intingervi il pane in una strana concezione di italianità. Ma perché?! Detto che questa pratica da noi è praticamente sconosciuta, non è meglio presentare dell’olio extravergine – italiano e di ottima qualità – in bottiglia etichettata provvista di tappo antirabbocco lasciando facoltà al cliente di provare l’abbinamento pane-olio in attesa delle pietanze?
3 – GARLIC BREAD (o PANE ALL’AGLIO). Variante “robusta” del PANE E OLIO descritto al punto precedente. Si tratta di fette di pane abbrustolito – del tipo baguette o filone – condite con burro fuso, aglio e prezzemolo freschi tritati e una dose abbondante di aglio in polvere. In altre parole: una robaccia untuosa dall’origine dubbia ma dagli esiti digestivi certissimi. Anche questo, manco a dirlo, spacciato per antipasto nazional-popolare.
4 – “SUGO ALLA PASTA”. È opinione diffusa fuori dai confini nazionali che un piatto di pasta per definirsi tale debba essere condito con una generosa quantità di sugo o condimento (ancora peggio se preventivamente “rinforzato” da massicce dosi di burro o panna) normalmente nella proporzione 40% – 60%. Niente di più sbagliato! Inutile scegliere una pasta di alta qualità per poi coprirne il gusto. Il segreto di un vero piatto di pasta “all’italiana” sta nel giusto equilibrio tra pasta e sugo: nessuno dei due deve prevaricare il sapore dell’altro.
5 – PESTO. Qualsiasi fluido verdognolo ottenuto con ingredienti sminuzzati legati da olio presente nelle pietanze più disparate, dal panino, all’antipasto, al riso, ai secondi di carne (pollo) o pesce, all’estero è rubricato come pesto, mentre pesto – quello vero, genovese, preparato con i sacri crismi – significa Liguria e condimento esclusivo di trenette o gnocchi.
6 – PARMESAN. Sulla pasta è lecito aggiungere al massimo due cucchiaini di formaggio. Oltre, infatti, sovrasterebbero il sapore del piatto, sminuendolo. L’uso degli stranieri di aggiungere “Parmesan” (generica traduzione all’estero riferita ai nostri Parmigiano Reggiano e Grana Padano, falsi nel 90% dei casi) spesso degenera in vizio finendo su pietanze come le “linguine ai frutti di mare” o il “risotto ai funghi” che notoriamente non si sposano con il formaggio. Succede quindi che, una volta arrivati in Italia da turisti, facciano inorridire camerieri e patron di ristoranti alla richiesta di formaggio grattugiato (…almeno questa volta Parmigiano autentico) sopra gli “spaghetti allo scoglio”, al “risotto alla pescatora” o ai funghi porcini.
7 – CAESAR SALAD. Molti ristoranti all’estero – soprattutto negli Stati Uniti – la considerano una pietra d’angolo della cucina italiana ma, anche in questo caso, di italiano c’è ben poco, a cominciare dal nome. La sua origine, ancora controversa, sembrerebbe essere avvenuta nel 1924 in California quando il cuoco di origine italiana Cesare Cardini, non avendo a disposizione molti ingredienti inventò in occasione dell’annuale festa del 4 luglio – l’Indipendence Day – questo piatto.
8 – PEPPERONI PIZZA. Un intramontabile classico della falsa cucina italiana, soprattutto in Nord America, è la “Pepperoni pizza”, la più famosa pizza all’estero capostipite di innumerevoli varianti (più o meno “eclettiche” per usare un eufemismo…) a cui, ingiustamente, gli stranieri associano a questo nome. Tralasciando le opinabili modalità di preparazione, gli ingredienti utilizzati (quasi mai vera mozzarella) e il metodo di cottura, teoricamente per gli italiani equivarrebbe a qualcosa di simile a una pizza con i peperoni, mentre per gli anglofoni è una pizza guarnita con un particolare salume di origine americana – detto appunto Pepperoni – preparato con carne di maiale e manzo leggermente affumicata. Questa presenza immancabile nelle pizzerie al taglio (basti pensare che un terzo delle pizze ordinate negli Stati Uniti sono “Pepperoni pizza”), ma anche in molti locali italiani di piccole dimensioni, altro non è che una “Diavola” poco o per nulla piccante.
Pepperoni Pizza Caesar Salade
9 – STROMBOLI. Sorta di rotolo di pasta per pizza, simile nell’aspetto a uno strudel salato, il cui ripieno è lo stesso del calzone con l’eccezione della mozzarella o della ricotta in questo caso non prevista. Considerato a torto dalla maggioranza degli Americani una delle tante specialità importate dall’Italia, stranamente la città di Philadelphia e lo stato di Washington se ne contendono la paternità. Contenti loro…
10 – PEPE OVUNQUE. L’abitudine del cameriere “armato” di macinapepe (considerate le dimensioni dell’attrezzo somigliante più a un oggetto contundente e inversamente proporzionale alla reputazione del locale) pronto ad offrire una macinata di pepe sopra qualsiasi pietanza. Guai osare chiedere il motivo di cotanta “cortesia”. Qualche zelante cameriere potrebbe rispondere (come capitò al sottoscritto in un ristorante di Londra): «In Italia si usa così!».
11 – CHICKEN CARBONARA. Di tradizione americana, questa inesistente pasta italiana viene spacciata nei locali italiani all’estero come specialità della cucina del nostro Paese. È solitamente condita con abbondante panna, altrettanto (finto) Parmigiano, pollo lessato o alla griglia, pepe e, per non farsi mancare nulla, piselli. La cosa sconcertante è il fatto che gli stranieri, se interpellati nei loro Paesi d’origine, è la pietanza che prediligono maggiormente della “nostra” cucina.
12 – PENNE ALLA VODKA. Si tratta di un piatto di pasta corta con sugo di pomodoro, bacon, cipolla, panna e, ovviamente, vodka inventato a metà degli anni ’70, la cui origine è ancora controversa. C’è chi sostiene che questa pietanza fu inventata in un ristorante di Bologna, mentre per altri – la maggioranza – pare sia stato Luigi Franzese nel ristorante Orsini di New York a prepararlo per primo usando un bicchiere di vodka per sfumare la salsa di pomodoro chiamandolo in origine “Penne alla russa”. Chiunque sia l’autore, oggi rappresenta un classico della cucina italo-americana. Anche in questo caso, poco “italo” e molto “americana”.
Fettuccine Alfredo Pennette alla vodka
13 – FETTUCCINE ALFREDO. In Italia nessuno le conosce, ad eccezione forse a Roma, eppure è un piatto molto famoso e richiesto all’estero, soprattutto negli Stati Uniti. Le fettuccine Alfredo non sono altro che fettuccine di pasta all’uovo condite con triplo burro e Parmigiano Reggiano (la versione preparata negli USA prevede anche l’aggiunta di heavy cream – una panna liquida con contenuto di grassi superiore a quella italiana – che conferisce al piatto una consistenza vellutata, grassa e coprente) inventate nel 1920 da un ristoratore capitolino – Alfredo Di Lelio – in onore di due famosi attori hollywoodiani dell’epoca. In teoria sarebbero effettivamente una vera ricetta italiana, ma il fraintendimento è di considerarle come un piatto diffuso della nostra cucina quando invece non lo è affatto.
14 – PASTA E RISOTTO rigorosamente scotti, proposti come contorno o serviti assieme al pollo. Quelli che da noi sono i primi piatti per definizione – pasta e riso appunto – fuori dai confini nazionali vengono spesso serviti come contorno associati ad altre pietanze.
15 – SPAGHETTI MEATBALLS (o SPAGHETTI CON LE POLPETTE). Il quarto e ultimo “impostore” della falsa cucina italiana assieme a Caesar Salad, Spaghetti Bolognaise e Fettuccine Alfredo. Ennesimo esempio di piatto-caricatura della nostra gastronomia all’estero. Andrebbe piuttosto classificato come piatto americano di lontana ispirazione italiana, napoletana per essere precisi. È vero che nel Sud Italia esistono molti sughi di pasta a base di polpette, ma sono preparati utilizzando pezzi molto piccoli e non polpette intere somiglianti a palline da golf sopra gli spaghetti!
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16 – SPAGHETTI CARBONARA. Rappresenta il più “falsificato” tra tutte le ricette italiane preparate all’estero, le cui “varianti” possono definirsi a dir poco eclettiche raggiungendo l’apice nell’utilizzare nessuno degli ingredienti canonici. Ecco allora “carbonare” con “Parmesan”, con finto Pecorino o altre – al peggio non c’è mai limite – dove si usano panna o besciamella rendendo il composto più denso e di conseguenza anche più pesante. Frequenti anche le aggiunte di aglio e di olio d’oliva, cipolla e funghi champignon. E pensare che da noi si dibatte vivacemente solo per l’uso della pancetta al posto del guanciale…
17 – CAPPUCCINO. Peccherò di sovranismo alimentare, ma il cappuccino a fine pranzo o, ancor peggio, dopo cena dovrebbe essere sanzionato come oltraggio alla pubblica decenza. Ciò che per noi è il rito della più classica colazione all’italiana – cornetto e cappuccino – per gli stranieri è una bevanda da gustare post refezione alla stregua di un caffè. Sarebbe come se negli Stati Uniti, a fine pasto, ordinassimo una tazza di latte freddo e cornflakes o una ciotola di porridge nel Regno Unito.
Chicken Parmigiana Spaghetti meatballs
18 – IN TUTTE LE SALSE… Le salse riunite sotto la dicitura “Italian Dressing”, declinate in decine di varianti, dai nomi più fantasiosi: Family Recipe Italian Dressing, Organic Tuscan Italian Dressing, Lite Italian Dressing, Homestyle Italian, Fra Diavolo, fino alle immancabili Creamy Caesar Dressing e Alfredo Sauce per citarne solo alcune. A seconda della composizione – un concentrato calorico di grassi, acidi, spezie, sale e additivi – sono usate non solo per condire (anche se sarebbe più corretto dire “annegare”, considerata la quantità utilizzata) insalate verdi, ma addirittura paste fredde, patate fritte e panini imbottiti. Inutile affermare che per noi l’unico condimento che si abbina perfettamente all’insalata è composto da olio extravergine d’oliva, aceto o succo di limone, sale e pepe nero. Nient’altro.
19 – FESTA DEI 7 PESCI. Nota anche come “The Vigil” (“La Vigilia”), celebrata la sera del 24 dicembre, prevede che si ceni con 7 portate di pesce. Curiosamente la “Festa dei Sette Pesci”, che negli Stati Uniti è ritenuta da molti la più importante festività italiana, è in realtà a noi sconosciuta, nonostante – soprattutto nel Sud Italia – esistano tradizioni simili e sia abitudine diffusa mangiare pietanze senza carne proprio la sera della vigilia di Natale.
20 – BUONSENSO. Mangiare gli spaghetti o più in generale, la pasta lunga, con forchetta e cucchiaio. Oltre il buonsenso, lo impone anche il galateo: spaghetti, bucatini, fettuccine, tagliatelle o tagliolini si mangiano esclusivamente con la forchetta! Non si tagliano con il coltello, tantomeno si usa il cucchiaio per aiutarsi.
21 – CHICKEN PARMIGIANA. Letteralmente “Pollo alla parmigiana”, un classico che ancora oggi resiste saldamente nei menu di tutti i ristoranti italo-americani. Si tratta di un petto di pollo impanato successivamente ricoperto da uno strato di salsa di pomodoro e un qualsiasi formaggio purché filante, quasi sempre servito su un letto di spaghetti al pomodoro. Nessuno sa spiegare l’uso del termine “parmigiana”: non vi è infatti alcun riscontro con il capoluogo emiliano, tantomeno l’impiego di Parmigiano Reggiano nella preparazione.
22 – AL FRESCO. È opinione diffusa tra gli stranieri che la quintessenza del desinare italico nella bella stagione sia pranzare o cenare “al fresco” su tavoli apparecchiati con l’immancabile tovaglia a quadrettoni bianchi e rossi, il fiasco impagliato di Chianti (come se il famoso vino rosso toscano – seppure pregiato – fosse l’unico vino presente in Italia) all’ombra di un pergolato di vigne. Pochi o forse nessun forestiero sa che per noi italiani “al fresco” equivale a “carcere, prigione, galera”. Un luogo, quindi, da evitare: forse per il servizio, probabilmente per la cucina, senza dubbio per la clientela.