“What would you like Mr. Mirandola? English or continental breakfast?”, “Cosa gradisce Signor Mirandola? Colazione inglese o continentale?”.
Questa è la domanda che mi viene formulata da quasi dieci anni dalla suadente hostess di turno sul primo volo British Airways del mattino in partenza da Londra per Venezia ogni qualvolta ritorno a casa nel fine settimana.
La colazione all’inglese
Sulla colazione all’inglese, chiamata a queste latitudini breakfast, il cinico ed amaro scrittore William Somerset Maugham elogiandone il valore a discapito del resto della cucina del Paese, sosteneva che: “Per mangiare bene in Inghilterra si dovrebbe fare colazione 3 volte al giorno”. Tuttavia la tipica colazione all’inglese vanta ormai estimatori in ogni angolo del mondo, merito indubbiamente di una sua storia culinaria e culturale alle spalle, imponendosi alla stregua del croissant francese o del nostro pane, burro e marmellata.
Non esiste infatti albergo di buon livello dove il buffet della colazione non preveda anche gli elementi tipici del modello di colazione anglosassone. In questo caso l’offerta rappresenta la variante “veloce” che fa risparmiare tempo e personale rispetto al classico cerimoniale delle case nobiliari inglesi, dove la colazione viene servita nella sua modalità più tradizionale, come un vero e proprio menu di 4 portate composto da:
- un bicchiere di succo d’arancia;
- una ciotola di porridge preparato con fiocchi d’avena cotti in acqua e sale serviti con una noce di burro, cosparsi di zucchero di canna e irrorati di latte caldo;
- uova al tegamino con pancetta croccante (bacon and eggs) o con prosciutto cotto (ham and eggs) oppure uova strapazzate (scambled eggs) accompagnate da un contorno composto da pomodori fritti o alla griglia, funghi champignon, fagioli cotti al forno (baked beans), salsiccette di maiale o di manzo fritte;
- pane integrale in cassetta tostato, burro e marmellate – solitamente confettura di fragole e/o marmellata di arance – e solo ora una tazza di caffè bollente o di tè nella varietà English Breakfast Tea da gustare con una nuvola di latte.
Per assaporare la quintessenza di un English breakfast, difficile ma non impossibile da realizzare (evito volutamente l’uso di termini come esclusivo o gourmand, logori ed inflazionati. Trovo, più adatto, semmai, “posh”, come si direbbe qui in Inghilterra), basta seguire i consigli di Ian Fleming, giornalista, ufficiale della Royal Navy ma soprattutto scrittore di successo. Era il pasto preferito della sua giornata fin dai tempi dell’università e non poteva non esserlo anche per il suo personaggio più famoso – James Bond – come si legge già nel primo romanzo Casino Royale: “Dopo avere fatto una doccia fredda, 007 si sedette ad un tavolino davanti alla finestra e, constatando che faceva bel tempo, bevve un bicchiere colmo di succo d’arancia freddo seguito da 3 uova al prosciutto e da 2 tazze di caffè nero senza zucchero (rigorosamente Jamaica Blue Mountain Coffee, notoriamente considerato uno dei migliori caffè del mondo, se non il migliore. Dalla totale assenza di amarezza, il suo aroma è molto delicato ma dalle note ricche e persistenti)”.
Live and let die (Vivi e lascia morire), seconda avventura della serie, ha il record per numero di colazioni di Bond: sul vassoio con argenteria in stile Queen Anne e servizio in porcellana decorato in azzurro e oro, arrivano pane in cassetta integrale tostato, miele di erica Fortnum & Mason, burro dell’isola di Jersey, confettura di fragoline Little Scarlet Tiptree di Wilkins & Sons, marmellata di arance di Siviglia Seville Vintage di Frank Cooper’s Oxford. Non mancano poi le uova (le favorite di Bond sono quelle di colore marrone scuro delle galline francesi Marans) bollite per 2 minuti e 20 secondi ed infine, il preziosissimo – in tutti i sensi – caffè sopra descritto.
Un’ultima considerazione: nonostante trascorra gran parte del tempo nel Regno Unito o quando mi trovo da qualche parte nel mondo a scrivere osservazioni su ristoranti, parodie gastronomiche, fantasie e dissennatezze varie, considero la cucina italiana ancora la migliore e non perdo occasione per pranzare o cenare in qualche buon locale quando sono in Italia. Gli unici “tradimenti gastronomici consapevoli” li consumo – paradossalmente – a casa: un English breakfast domenicale almeno una volta al mese preparato in piena regola da mia moglie. Ovviamente inglese.