Oggi 8 marzo si celebra la donna con tutto ciò che essa rappresenta, nella sua essenza e nella forza. Due elementi che a loro volta ne definiscono la bellezza. Simbolicamente celebriamo anche noi questa giornata scegliendo di dedicare quest’intervista a due donne del Sud, due imprenditrici che hanno fatto del vino e della loro terra un manifesto esistenziale. Stiamo parlando di Mariangela Parrilla e di Assunta dell’Aquila, le donne del Cirò!
Non c’è nessun tipo di retorica o di femminismo nell’aver voluto raccontare, proprio oggi 8 marzo, la storia di due donne del Sud, due imprenditrici che hanno fatto del vino e della loro terra un manifesto esistenziale, un’identità profonda e una missione da portare avanti. Non c’è nulla di eroico nella loro scelta o azione solo la decisione di realizzare in concreto qualcosa che sentivano proprio e che non doveva più avere intermediari o traduzioni di pensieri, ma doveva essere riflesso del loro sentimento.
Sto parlando di Mariangela Parrilla di Tenuta del Conte e di Assunta dell’Aquila della cantina F.lli Dell’Aquila, le signore del Cirò! Forse le uniche due che si sono sporcate le mani in vigna e che si sono messe a fare un “lavoro da maschio”, come diceva la gente di giù. Ma se le si ascolta parlare si intuisce subito che la loro “discesa in campo” non parte da un senso di rivalsa o in un’affermazione anticonvenzionale, ma da un senso profondo a quella terra che porta il nome di Cirò.
Un territorio di struggente bellezza, racchiuso tra il mar Ionio e le montagne della Sila, che lo abbracciano come quasi a proteggerlo. Una terra baciata dal sole dove l’uva ne è l’espressione più alta: il Gaglioppo che si alleva in questa zona è sovrano incontrastato e rappresenta la vera ricchezza.
Il legame con la terra e con il vino Cirò
Sia per Mariangela che per Assunta il legame a questa terra è profondo e di uguale intensità è il legame con il vino che è frutto di luoghi che amano in modo incondizionato. Quando le ascolti mentre ti raccontano questa loro simbiosi con Cirò senti scorrere una vera emozione nelle parole e tu stessa ti appassioni a questi posti e a questo vino unico nel suo genere.
“Cirò è casa mia!”- esordisce fiera Assunta Dell’Aquila – “sono cresciuta qui, in una famiglia di contadini come tante e tornare dopo gli studi e iniziare a lavorare in vigna per fare il nostro vino è stata una scelta spontanea, logica, che veniva da dentro. Cirò è una terra che ti dà tanto, ma lo capisci nel tempo e nel tempo te ne innamori. Così come succede per il vino, lo comprendi piano, lo scopri, lo studi, lo interpreti e poi diventa parte di te”.
Vibrano le parole di Mariangela Parrilla, che si traducono in una vera dichiarazione d’amore: “Il vino di Cirò per me è meraviglioso. Sono letteralmente innamorata di questo vino e del suo territorio. Il Cirò è un vino di carattere, riconoscibile e mai banale. Un vino per me che ha il sole dentro, superbo, un vino orgogliosamente calabrese. Quando mi sono avvicinata al vino ne sapevo ben poco e mi sentivo inadeguata, con mio fratello avevo deciso di prendere in mano il lavoro di nostro padre, quello con cui ci ha cresciuti, e all’inizio la mia mansione era diversa. Più passavano gli anni più sentivo la necessità di prendere in mano le redini della produzione, non ero soddisfatta totalmente del vino prodotto e di conseguenza lo sentivo lontano sia da me che da Cirò. Quando ho capito che dovevo realizzare il mio vino non ho avuto più dubbi e da allora è stato un continuo studiare, provare, aggiornarsi, viaggiare. Ho scoperto in questo mondo una nuova passione, ho trovato nel Cirò la mia grande passione”.
Entrambe fanno parte della “Cirò Revolution”, di quel gruppo di vignaioli che hanno rotto radicalmente con il passato produttivo, puntando su vini veri, artigianali, con lavorazioni pulite e soprattutto producendo un Cirò rosso o rosato con Gaglioppo al 100%. Un Cirò originale e dalla piena personalità. Fin da subito entrambe con le loro rispettive piccole aziende sposano questa filosofia e il gruppo le ha aiutate ad andare avanti e a concretizzare la loro personale visione del Cirò.
“Per me il Cirò con il suo colore caratteristico, il suo profumo, i tannini che sprigiona deve identificarsi totalmente con il territorio e deve saper tirare fuori tutta la ricchezza e la sua espressività piena. Se pensiamo il vino in quest’ottica ecco che il Cirò diventa un vero e proprio marchio, un brand (e in fondo lo è anche per tutta la regione). Da qui nasce la mia necessità di fare il vino della mia terra. Non mi sono mai posta il problema di piacere per forza, io volevo fare il mio Cirò che fosse degno del nome di Cirò”. Questa è la visione illuminata che Mariangela ha del Gaglioppo e del Cirò! Un’eredità importante che arriva dal padre, una vita passata nei 15 ettari di vigna a coltivare l’uva con il sole o con la pioggia, senza un giorno di festa o vacanza, un amore per la vite riconfermato e condiviso quando papà Parrilla propone di fare un vino proprio. Da qui parte la seconda vita di Mariangela.
Donne in vigna… al Sud
Ma cosa significa essere una donna e lavorare in vigna e farlo soprattutto al Sud? E’ questo il centro nevralgico della nostra intervista e se come dice Assunta “stare in vigna è la naturale conseguenza dell’educazione ricevuta, di una riscoperta forte che ha scavato dentro e mi ha portato ad affiancare mio fratello in questa meravigliosa avventura, di cui non posso fare più a meno e con cui sto contagiando mia figlia”- dall’altra parte Mariangela sottolinea come spesso le chiedono di come si fa a fare un lavoro così impegnativo e faticoso, o di quando si sentiva dire che la vigna e il vino sono un lavoro da uomini. “Non esistono secondo me – ci dice l’imprenditrice cirotana – lavori per uomo e donna, vigna compresa. Esiste il lavoro, senza distinzione di genere: è la persona che sceglie e lo fa suo. Invece esiste il lavoro fatto bene e quello fatto male. Ancora ricordo nei primi tempi le facce dei vari vignaioli di cirò quando la mattina all’alba andavo a pesare il trattore, ero molto criticata, mi vedevano come quella che invece di dedicarmi a casa e a famiglia si era messa a fare il vino. Io mi sono sempre fatta un sacco di risate, ho continuato imperterrita per la mia strada, non mi sono improvvisata, ho sempre cercato di migliorare laddove non sapevo e in cantina mi sono circondata di donne (a parte mio fratello)”.
Nella nostra chiacchierata vengono fuori le parole figli e famiglia, realtà vera che non si può tralasciare, ma che si coniuga a tutto il resto anche grazie a una condivisione importante. Questa passione infatti comincia a farsi strada tra nuove generazioni di ragazzi che al contrario dei loro genitori non voglion andar via, ma trovano motivo di orgoglio in ciò che hanno intorno.
I vini di Mariangela e Assunta
Parliamo ora di vini, dei loro vini. Scopriamo cosa delle loro “anime femminili” c’è nelle bottiglie prodotte, quale lato della loro personalità ha segnato la cifra stilistica di Dell’Aquila o di Tenuta del Conte.
Assunta ci racconta così il sul lavoro e quello del fratello: “In azienda ci siamo sempre sentiti vignaioli indipendenti: abbiamo scelto di coltivare in biologico i pochi ettari di terreno e solo uve autoctone del territorio: Gaglioppo per rossi e rosati e Greco bianco per i bianchi. Se dovessi definire I nostri vini artigianale è la prima parola e identitari la seconda. Sono vini dall’anima inconfondibile, perchè così è il Cirò. Il nostro vino ha sicuramente un’anima calabrese, parla di territorio e tradizione, ma anche di noi, delle nostre radici contadine, dell’amore e del rispetto per la terra! Sono vini che sintetizzano e mettono in equilibrio la mia personalità e quella di mio fratello, il nostro modo di guardare al vino e produrlo diversi e complementari. Del Gaglioppo adoro quell’eleganza sottile, anche un po’ selvaggia tipica dei nostri paesaggi, I profumi tipici del litorale Jonico e quel rosso dai toni ambrati che lo rende inconfondibile già alla vista. Del nostro gaglioppo ho una predilezione per I rossi, provo emozione e stupor ad ogni sorso”.
Mentre Mariangela ci dice: “Il mio stile negli anni è cambiato, così come sono cambiata io e la mia idea di vino. Amo del Cirò il suo colore e il tannino, sono queste le sue note fondamentali e in queste ricerco l’eleganza e la delicatezza. Non saprei come definirla, oggi li sento vini identitari, vini solari rispetto a quelli di qualche anno fa più marcati e decisi. Non cambia mai però la loro autenticità, il rispetto del teritorio e del frutto. E su questo concetto c’è Mani Contadine, uno dei nostri rosati, che ho dedicato a mio padre e dove sento la tradizione e il sentimento, forse l’unica etichetta che mi sento di nominare, per il resto amo tutti i miei vini senza preferenze, perché in ognuno c’è una parte di me e un lavoro ben preciso”.
Sono due pasionarie calabresi che hanno saputo rendere moderna la saggezza contadina, che non hanno – come tanti dei loro colleghi rivoluzionari – seguito le mode, che hanno perseguito con determinazione e il giusto romanticismo un’idea di vino che piace e che ha saputo conquistare anche l’estero. E parlando della loro Calabria ci dicono quasi con le stesse parole: “Tutti i calabresi, non solo i vignaioli, si sono resi finalmente conto di quanto vale la nostra bella terra, la nostra storia e le tradizioni che gelosamente custodiamo. Stiamo vivendo una fase di grande e bellissima consapevolezza del nostro territorio accompagnato anche dalla voglia di crescere e raccontarci altrove. C’è però tanto da fare ancora qui in Calabria, anche se negli ultimi anni abbiamo fato molte cose, la stessa Cirò Revolution avviato un percorso di valorizzazione del vino Cirò e di riflesso del vino della Calabria, che comincia a essere conosciuto e richiesto. Ma la strada è ancora lunga e noi abbiamo buone gambe per camminare”.