L’annosa questione delle torte pasquali a Napoli si divide tra il tortano e il casatiello. Vediamo cosa li unisce e cosa li differenzia.
Alla seconda voce del vocabolario Treccani, ricercando la parola rustico, si legge “aggettivo col significato di rozzo, molto semplice, non elegante”, estensione del primo significato: di campagna.
Il tortano e il casatiello sono indubbiamente chiamati rustici ma, per la sublime sensazione che si prova al loro assaggio, non si può dire che siano rozzi. È vero, son carenti delle alveolature in voga negli ultimi anni, ma non per questo peccano in eleganza.
Chi vive a Napoli o in provincia sa benissimo che una delle due preparazioni sarà il centro fisico e gastronomico dei giorni prima di Pasqua e della tovaglia da pic-nic del Lunedì dell’Angelo. Li accomuna un impasto a base di farina, lievito, acqua e sale; l’abbondante presenza di uova, grasso animale e pepe; la forma di ciambella che richiama la corona di spine di Gesù.
A renderli gemelli diversi, però, c’è già il nome: il casatiello deriva dal latino caseus, che, declinato in napoletano come caso, significa formaggio. Si crede, infatti, che all’inizio fosse l’ingrediente principale della farcitura.
Il nome del tortano, invece, indica l’azione di torcere l’impasto, che viene ritorto su sé stesso quando arriva il momento di posizionarlo nell’apposito stampo. Una serie di differenze formali si susseguono. Andiamo per gradi.
Le caratteristiche del casatiello
Legato strettamente alla simbologia pasquale, le uova nel casatiello vengono poste crude sulla torta a simboleggiare la vita, la rinascita. Una croce fatta dallo stesso impasto del rustico viene posta sopra per fissarle. La cottura avviene totalmente in forno. In questo modo la principale caratteristica sensoriale che assumono le uova è un’unione tra il sapore di uovo sodo e quello dell’arrostito.
La ciambella rappresentata dal casatiello viene farcita stendendo l’impasto a mano. Si dà vita ad una sfoglia sottile sulla quale viene disteso uno strato di sugna, il grasso derivante dalla parte viscerale del maiale; abbondante pepe, formaggio e ciccioli: residui solidi della lavorazione del grasso del maiale. Si crea un lungo filone di impasto e salumi che si ripone nello stampo.
Il tortano
Viceversa, gli ingredienti presenti nel tortano vengono amalgamati all’impasto per poi esser arrotolato nello stampo. Il grasso utilizzato, stavolta, è lo strutto, che deriva dalla fusione del grasso della zona dorsale dell’animale. Le uova vengono cotte precedentemente fino a farle diventare sode. Una volta sbucciate e tagliate a spicchi, vengono unite al salame, al prosciutto crudo o cotto e al formaggio: la farcitura del tortano è spesso meno restrittiva, vengono utilizzate tante tipologie di salumi e formaggi, talvolta quelli che si hanno da consumare in casa.
Non ci sono limiti alle varianti di queste due preparazioni. Nel tempo si sono fuse, modificate, sempre sulla base delle tradizioni familiari, dei gusti e delle possibilità individuali. Ai ciccioli si sono spesso sostituiti salumi di ogni genere tagliati a cubetti e la quantità di formaggio nel casatiello si è ridimensionata. Entrambi spesso vengono utilizzati anche per denominare un dolce: un enorme ciambellone asciutto, preparato sempre più spesso anche in sostituzione del panettone natalizio, da cui si pensi che derivi il modo di dire “si proprij nu casatiello”, vale a dire “sei proprio un casatiello”: sei pesante, sei eccessivo.
È però solo un modo di scherzare perché del casatiello, così come del tortano, nessuno si stanca mai, anche se spesso si fa confusione a chiamarli.
L’abbondanza, a Napoli, che sia di cibo o condimento, è abbondanza di vita. La Pasqua è un inno alla vita anche grazie alla loro presenza, che trapela dalle finestre di ogni casa già al mattino presto.