Come fare un buon brodo di carne, da cosa dipende la sua riuscita? E’ una questione di estrazione di succhi, temperature e tempi di cottura. Vediamo un po’ tra chimica e cucina cosa succede.
Il brodo di manzo è “l’anima della cucina di casa”. Scriveva così lo chef Jules Gouffè nel 1867: il riscaldamento progressivo del liquido è molto importante per la limpidezza ma anche per la sapidità del brodo. Nel 1817 Antonin Careme il “cuoco degli imperatori” affermò che per ottenere un buon brodo la carne doveva partire in ammollo da acqua fredda spiegando in questo modo il procedimento: il brodo deve arrivare a ebollizione molto lentamente, altrimenti l’albumina coagulando, diventerebbe dura, l’acqua, non avendo il tempo di penetrare la carne ostacolerebbe la liberazione della parte gelatinosa dell’osmazoma. Trent’anni prima un certo Brillat-Savarin aveva scritto che per fare un buon brodo, bisogna riscaldare l’acqua lentamente, in modo che l’albumina non coaguli all’interno della carne prima di essere estratta e l’ebollizione deve essere appena visibile, in modo che le diverse parti che vengono successivamente disciolte abbiano la possibilità di unirsi intimamente e senza intorbidire. Per la prima volta fuoriuscita dei succhi e limpidezza del brodo sono dunque associate.
Brodo, una questione di succhi
Possiamo ammettere che la quantità di succhi liberata sia diversa quando la carne è messa a cuocere in acqua inizialmente calda o fredda? Chiaramente, tutto dipende dal tempo di cottura, ma Jules Gouffè ci dice che la cottura dura diverse ore: “ad un certo punto la carne è cotta e non ha più niente da dare in fatto di succhi o di aromi, lasciarla nella marmitta dopo il totale esaurimento dovuto alla cottura è rischiare di rovinare il brodo, e non certo migliorarlo. Consiglio un massimo di 5 ore per la cottura di un grande bollito di manzo.”
Non si capisce bene perché dopo 5 ore di cottura, la migrazione dei composti aromatici o sapidi, dipenderebbe ancora dalla temperatura dell’acqua all’inizio della cottura. Invece è facile capire che l’agitazione meccanica del brodo rischierebbe di mettere in sospensione le particelle che si sono staccate dalla carne, intorbidendo il brodo che bisognerebbe poi chiarificare, rischiando di indebolirne il gusto.
Appurato che il brodo cotto in acqua bollente è più torbido, rimarrebbe solamente il dilemma sulla temperatura iniziale. Un chimico tedesco Justus von Liebig sosteneva che i nutrimenti essenziali della carne non si trovano nelle fibre muscolari ma nei fluidi, che fuoriescono durante l’arrostimento o la preparazione dei brodi: “quando immergiamo la carne nell’acqua bollente, l’albumina si coagula in superficie e forma un involucro che impedisce all’acqua di penetrare, senza però impedire al calore di propagarsi lentamente facendo passare l’albumina dallo stato crudo a quello cotto, per questo la maggior parte dei principi sapidi della carne restano all’interno” quindi, secondo Liebig, per fare un buon brodo, bisogna evitare di immergere la carne in acqua calda, per non correre il rischio di imprigionare i succhi all’interno della carne ed avere un brodo carente di gusto.
Questi precetti furono all’origine della sua avventura industriale, egli fece evaporare sottovuoto un brodo appena preparato con carne tritata cotta in acqua fredda, Liebig otteneva un “ estratto di carne” che vendeva in tutto il mondo, divulgando simultaneamente la teoria del brodo la cui cottura comincia da acqua fredda.
Brodo in cucina
Di certo la pratica della cucina conferma che la carne sbianca immediatamente quando la immergiamo nell’acqua bollente, ma l’estrazione dei succhi sarà per questo più difficile? Dividendo un pezzo di carne in due metà di uguali dimensioni e peso e mettendone una metà in acqua fredda e l’altra in acqua bollente, riscaldando e pesando le due metà a intervalli di tempo regolari possiamo notare che nell’acqua bollente la massa diminuisce rapidamente , mentre diminuisce più lentamente nell’acqua fredda, dopo circa un’ora di cottura, però, la perdita di peso dei due pezzi di carne è praticamente la stessa; in seguito la massa non varia più neanche se prolunghiamo la cottura di diverse ore.
In compenso l’esperienza ci suggerisce che la velocità con cui vengono estratti aromi e sapori dipende strettamente dalla temperatura: più è alta e più velocemente avviene il processo. A meno che cuciniate in alta montagna, la temperatura tipica in cottura di un brodo è tra i 90 °C e i 95 °C. È possibile velocizzarne la preparazione portandolo a temperature più alte utilizzando una pentola a pressione.
A coperchio chiuso il vapore che proviene dal brodo in cottura non sfugge e si accumula sopra il liquido, aumentando la pressione che può arrivare fino a 2 bar. In queste condizioni l’acqua bolle a temperature molto più alte di quello che farebbe senza coperchio a pressione ambiente, arrivando a circa 120 °C. A temperature così alte i processi di estrazione sono più veloci e serve non più di un’ora per preparare il brodo. Se tuttavia preparate i brodi con i due metodi, avendo cura per confrontarli correttamente di portarli allo stesso volume, per tener conto della diversa perdita di acqua, vi renderete conto che hanno un aroma e un gusto diverso.
Spesso la pentola a pressione è percepita solo come uno strumento per cucinare più in fretta. In realtà il prodotto finale è spesso anche diverso dal punto di vista gustativo. A 120 °C non solo l’estrazione procede più velocemente, ma le molecole estratte possono anche reagire in modo diverso. In alcuni casi sostanze aromatiche delicate possono venire distrutte, in altri casi possono trasformarsi in molecole che contribuiscono al gusto finale intensificandolo. In più gli aromi che vengono estratti non sfuggono nell’atmosfera come in una cottura tradizionale ma rimangono imprigionati nella pentola e in parte ridisciolti nel brodo.
Differenze e preferenze
Quale dei due è più buono? I gusti sono gusti, si dice, e quindi dovrete fare voi la prova. Alcuni cuochi preferiscono la versione con la pentola a pressione che trovano più intensa, con più corpo e più aromatica. Altri la versione classica, per il suo sapore un po’ diverso. Dipende tuttavia anche dal tipo di brodo e dall’utilizzo che se ne vuol fare. Negli ultimi anni sono comparsi sul mercato delle pentole simili a quelle a pressione ma che funzionano al contrario: abbassano la pressione grazie a una pompa invece di innalzarla. Dei ricercatori del centro ricerche della Nestlé di Losanna hanno confrontato un brodo vegetale preparato a 0.48 bar, come se fosse stato preparato a 6000 metri di altitudine, con uno convenzionale e uno preparato nella pentola a pressione. Anche in questo caso il brodo è risultato diverso: il brodo a bassa pressione è risultato più ricco di alcune molecole solforate tipiche delle cipolle e dei porri. Molecole che evidentemente a temperature più elevate vengono distrutte, e queste differenze sono state rilevate anche da un gruppo di assaggiatori. In attesa che questi apparecchi si diffondano provate a vedere se il brodo nella pentola a pressione vi piace di più o di meno di quello convenzionale.