Almatò. Tre amici e una grande passione che si concretizza in un progetto ristorativo. Sapori puliti, chiari e decisi, una cucina che ricerca la sua personalità e un’identità sempre più riconoscibile. Qui la tradizione è un valore che si eredita e si cerca di riscrivere. Ci siamo stati e vi raccontiamo com’è andata.
Alberto, Manfredi, Tommaso: Almatò. Tre amici e una grande passione che si concretizza in un progetto ristorativo nato nel 2020, qualche mese prima del lockdown e sopravvissuto alla bufera. In questi anni Almatò ha saputo tracciare la sua strada con la volontà di arrivare in alto ed essere sempre più riconoscibile.
Quelli appena passati sono stati anni di evoluzione gastronomica in cui creatività e tecnica sono andati di pari passo. La cucina che ne viene fuori è una cucina di ricerca nel rispetto dei sapori della tradizione. Nessuna sovrastruttura di gusto, al palato tutto risulta chiaro e lineare. La filosofia di Almatò si sintetizza attraverso sapori puliti e allo stesso decisi, c’è l’impegno cercato e mantenuto di una cucina che richiami con personalità all’essenza delle materie prime. Almatò possiamo dirlo si sta costruendo una sua identità che nel tempo si fa riconoscibile e si conferma piatto dopo piatto. In un altalenare di sensazioni e consistenze, con cui lo chef Tommaso Venuti ama giocare, si esprime tutto il potenziale di questo luogo, forse ancora non del tutto raggiunto, ma di grandi promesse.
E come conferma lo stesso Venuti: “La nostra cucina è cambiata molto nel tempo: puntiamo su idee caratterizzate dall’unione tra ricerca e tradizione, lavorando ora su piatti dal gusto intenso e al tempo stesso raffinato, ma senza dimenticare chi siamo, portandoci quindi dietro il valore della tradizione”.
Almatò, tre amici e tre soci
Tommaso Venuti (chef), Manfredi Custureri (restaurant manager) e Alberto Martelli (socio e ristoratore), sono i tre protagonisti di questa storia. La loro idea che prende forma sui campi da rugby si è sempre distinta per originalità: lo spazio industrial e minimal che tira le linee di un’eleganza moderna, un servizio accogliente e curato e una cucina che vuole farsi riconoscere, senza snaturare la tradizione, ma diventando forse essa stessa nuova tradizione.
Tommaso, classe 1992, ha ereditato l’amore per la cucina dai due rami della sua famiglia, quello italiano e quello brasiliano. Dopo aver frequentato l’ALMA, ha lavorato a Villa Crespi con Cannavacciuolo, a Londra presso il Marcus Wearing Restaurant, infine con Heinz Beck a La Pergola Rome Cavalieri. Manfredi, classe 1988, dopo gli studi in economia scopre la passione per la cucina e la ristorazione lavorando nello stabilimento balneare di proprietà dei suoceri all’Argentario e infine Alberto, cresciuto nel ristorante di famiglia, l’insegna storica di Campo de’ Fiori La Carbonara, ha affiancato alla gestione del ristorante corsi sul vino e sul restaurant management per definire al meglio il suo ruolo. Da queste tre veloci biografie si intuisce la sinergia perfetta tra i tre, ognuno con il suo background, tutti e tre legati alla romanità, tutti e tre con il desiderio di dare a questa romanità intrinseca una nuova forma espressiva, dove il gusto è al primo posto.
Come e cosa si mangia da Almatò
Scelta indipendente o piena fiducia nello chef con i tre percorsi di degustazione, questo è quello che presenta la carta di Almatò e per ogni tipologia di portata sono tre le proposte firmate da Tommaso Venuti e la sua brigata, che ci racconta: “qui vige la Regola del 3, un modo per incuriosire il commensale, senza stancarlo e riuscendo a cambiare i piatti in base alle stagioni e alla disponibilità degli ingredienti”.
Non c’è una impostazione ferrea, si spazia fluidamente tra mare e terra, riprendendo la tradizione nella sua essenza e tentando una sua trasformazione o trasposizione su livelli geograficamente diversi, tracciando nuove coordinate di gusto. L’esempio più calzante e il piatto aa nostro avviso più identitario di questo posto, emotivamente sorprendente e deciso è l’Animella Tonnata. Se già dal menu incuriosisce al palato si conferma nella sua originalità. Si tratta di una fusione tra l’animella tipica della cucina romana che sostituisce senza rimpianti il vitello nella classica ricetta piemontese. Ne viene fuori un piatto completamente nuovo, consistenza dell’animella, cremosità della salsa in una combinazione di sapori ancor più amplificata dal gel di sidro e dalle due consistenze di cappero. Gusto diretto, deciso, persistente. Un piatto di personalità.
Il legame tra gusto moderno e tradizione è rappresentato, tra i primi, dallo Spaghetto broccolo e alici, la cui accurata lavorazione ne esalta il valore degli ingredienti per richiamare un sapore caro alla memoria del palato. E sempre giocando con la memoria c’è anche il Tagliolino con ragù bianco di coniglio, dalla sfoglia sottile, che ti abbraccia con il suo gusto rotondo ed elegante e ti porta boccone dopo boccone in una dimensione familiare e confortevole, senza perdere di eleganza.
Altro elemento distintivo della cucina di Tommaso Venuti sono le consistenze, soprattutto quelle vegetali, che sanno accompagnare o essere protagoniste assolute, come nell’antipasto Tre consistenze di cavolfiore in cui lo stesso elemento viene lavorato con tecnica e precisione, portandolo dal croccante al cremoso per un piatto completo. Sulla stessa scia c’è un altro dei piatti signature che rappresentano bene Almatò nella sua filosofia, la Bavetta di manzo e zucca. Qui la carne alla brace porta con sé l’elemento succoso e quello della fiamma, la zucca servita al tavolo direttamente dallo chef, gioca con note di affumicature e tre diversi livelli consistenza materiale. In questo piatto c’è profumo e sapore, c’è dolcezza e corposità.
Si arriva ai dessert ed è il momento di Gianni, un dolce unico, presente in menu sin dall’apertura del ristorante e per questo definito dal trio di soci il manifesto gastronomico di Almatò: un dessert che cambia seguendo il corso delle stagioni, una proposta imperdibile per i più golosi grazie all’abbinamento delle varie creme, che in autunno sono realizzate con burro d’arachidi, passion fruit e gianduia. L’accoppiata frutta-cioccolato è una rincorsa tra dolcezza e acidità, rotondità del cacao e note fresche della frutta.
E il servizio?
Ovviamente Almatò non è solo cucina. Grande attenzione è dedicata al servizio di sala guidato da Riccardo Robbio, maître e sommelier, con trascorsi da Kai Mayfair a Londra, Imàgo all’Hassler, La Pergola Rome Cavalieri e Pipero a Roma. Il servizio è elegante e preciso nella sua voluta informalità, attento ma non pesante, professionale ed empatico. È sempre Robbio che ci aiuta nella scelta dei vini per ogni piatto, grazie a una Carta dei vini da oltre 100 etichette, dove troviamo sia vini italiani che esteri con etichette importanti e ben conosciute. A nostro avviso si potrebbe osare di più, puntando anche su scelte enologiche originali e di personalità, come la cucina di Almatò comanda.
Almatò – via Augusto Riboty 20/c – Roma. Sito